Da una parte Walter Ricciardi, consigliere del ministro Roberto Speranza, che accusa “molte regioni” di “aver dormito”, dall’altra Andrea Crisanti che punta il dito contro il governo, lamentando di aver presentato un piano “a fine agosto” ma di non essere stato ascoltato. Dopo l’aumento dei nuovi casi, sono molti gli esperti che hanno detto la loro, lasciando intendere da una parte un’ipotetica nuova stretta se i numeri continueranno a crescere, dall’altra un ritardo di cui ora “paghiamo le conseguenze”.

“Siamo sulla lama di un rasoio, se non interveniamo subito tra due o tre settimane rischiamo di ritrovarci come in Francia, Spagna e Gran Bretagna”, sottolinea in due interviste, a La Stampa e a Il Messaggero, Ricciardi, professore di Igiene all’Università Cattolica. Fondamentale, ricorda il consigliere di Speranza, “rafforzare l’attività di testing con uomini e tamponi e attrezzare i servizi sanitari in vista dell’influenza”. “Le persone contagiate devono essere indirizzate esclusivamente nei Covid hospital, ma bisognava aver già allestito Pronto soccorso dedicati ai sospetti Covid e prevedere percorsi separati dentro gli ospedali per evitare pericolose commistioni – attacca Ricciardi – Molte regioni però si sono addormentate e si è fatto poco o nulla”. Ora? Secondo l’esperto “si rischia il caos”. I fondi, dice, sono stati stanziati e quindi “è una questione di incapacità” delle Regioni che non hanno saputo organizzarsi. “Tanto è vero che alcune regioni, come Emilia Romagna e Veneto, si sono attrezzate”, insiste. Un affondo contro i governatori subito messo a tacere, velatamente, sia dal ministro Roberto Speranza, sia dal premier Giuseppe Conte. Il primo parlando a margine della firma del contratto sulla sanità privata, ricorda l’importanza del “lavoro con le Regioni” sul quale, sottolinea “c’è massima collaborazione”. Mentre il presidente del Consiglio, dal palco del festival dello Sviluppo sostenibile promosso da Asvis, sottolinea il punto di forza nella gestione della pandemia, dato anche dalla “capacità di dialogare e coordinare l’azione tra governo centrale e governi territoriali”.

L’errore maggiore, però, secondo Ricciardi, è stato fatto “da illustri personalità della politica e della scienza che hanno alimentato l’illusione che tutto fosse finito e che il virus si fosse attenuato. Ma se i contagi non si azzerano la curva epidemica inevitabilmente riprende a salire. Tanto più quando si inducono le persone ad abbassare la guardia“. Gli esempi di Ricciardi sono molti, dai viaggi all’estero agli assembramenti estivi dovuti a discoteche o feste. Oggi, ricorda, bisogna “invertire il trend“, rispettando le regole. Altrimenti? Si corre il rischio di nuove chiusure localizzate, dice a La Stampa. “Ma dobbiamo assolutamente evitarlo”, prosegue, prendendo come esempio i numeri elevati soprattutto in Campania a Lombardia, regioni, insieme al Lazio “che destano preoccupazione”. Dagli studi di Agorà, poi, Ricciardi, è ancora più chiaro: “Quel che preoccupa è il rapido aumento dei casi. Via via il governo introdurrà inasprimenti che impatteranno sulla qualità della vita – spiega – Ma queste misure devono essere accompagnate da un investimento in sanità: non si può scaricare tutto sulle spalle degli italiani. I fondi del Mes sono disponibili da ora: li usassero. Il virus si batte solo così, sul campo, con lo screening sui territori e la ricerca”. E, sul tema vaccino antinfluenzale, l’esperto torna a criticare le regioni: “Rispetto alle 12 milioni di dosi dello scorso anno quest’anno ne abbiamo quasi 18 milioni, ma – dice – una volta pesa il discorso della differenza tra regioni. Alcune hanno fatto un approvvigionamento non tempestivo ma adeguato, come il Lazio, l’Emilia Romagna, la Toscana e il Veneto. La Lombardia da questo punto di vista è un caso a parte”.

Anche il direttore del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova, Andrea Crisanti, è critico, non tanto contro le regioni ma contro il governo stesso. “Venticinquemila tamponi in più? Sono acqua fresca, o una pezza calda – dice dalle pagine di RepubblicaIo ne suggerivo 3-400mila al giorno“. L’accusa verso l’esecutivo è soprattutto quella di non aver ascoltato il suo piano, presentato ad agosto: ” L’ho consegnato al ministro Federico D’Incà e al viceministro Pierpaolo Sileri che lo hanno sottoposto al Cts. Poi non ne ho saputo più nulla…”. “Avevo semplicemente previsto – spiega – che la ripresa delle scuole e delle attività produttive avrebbe generato un notevole aumento delle richieste di tamponi. Suggerivo quindi la necessità di un investimento logistico importante che avremmo potuto realizzare in 2-3 mesi, la creazione di aree mobili di supporto sul territorio e tamponi low cost da 2 euro come quelli usati a Padova. Lo dico contro me stesso: forse ad agosto eravamo già in ritardo e ora ne paghiamo le conseguenze”. E osserva: “Abbiamo perso 4 mesi preziosi. L’aver pensato che era tutto finito perché avevamo 100 casi al giorno è stata un’illusione e nel frattempo non s’è fatto nulla”. “Abbiamo speso miliardi per il bonus bici e i banchi – conclude – invece di investirli per creare un sistema sanitario di sorveglianza che ci avrebbe messo in sicurezza”.

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