Già in 105 hanno sottoscritto la riforma che disciplina la possibilità di partecipare a distanza ai lavori di Montecitorio e Palazzo Madama: eviterebbe il rischio di compromettere il funzionamento del Parlamento. Ancora oggi 28 deputati sono in quarantena. Il dem insiste sulla necessità di "accelerare il confronto" per evitare "un grave squilibrio istituzionale". Il ministro 5stelle D’Incà: "Sono contrario, ma credo vada fatta una riflessione per evitare la paralisi"
Ancora 28 deputati in quarantena, dopo che nei giorni scorsi la quota era arrivata oltre soglia 40. Le assenze causa contagi rischiano di impedire il raggiungimento del numero legale e quindi compromettere il normale funzionamento del Parlamento. Per evitare la paralisi dei lavoratori già 105 deputati, principalmente del Partito democratico e del Movimento 5 stelle, hanno firmato la proposta di riforma regolamentare che disciplina la possibilità di partecipare a distanza ai lavori delle due Camere in caso di impedimento per via dell’emergenza. Il promotore è il dem Stefano Ceccanti: “La proposta che abbiamo sottoscritto serve a velocizzare un dibattito e una decisione responsabile”. Il parlamentare Pd insiste sulla necessità di “accelerare il confronto” per evitare “un grave squilibrio istituzionale”. Infatti, spiega, “il governo, a causa della maggiore informalità delle sue procedure, è comunque in grado di operare, mentre il Parlamento no“. Sulla questione interviene anche il ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D’Incà: “Io sono contrario al voto a distanza perché le deliberazioni in Parlamento sono anche frutto di confronti e scambi d’opinione in presenza”, spiega il Cinquestelle. Che però non nega come ci sia un problema da risolvere: “Credo però vada fatta una riflessione per evitare di paralizzare il Parlamento”, spiega a Studio24 su Rainews.
Mercoledì è stato lo stesso premier Giuseppe Conte a sottolineare che “se la situazione del contagio dovesse peggiorare è chiaro che ci sarà un problema oggettivo in Parlamento di approvazione di documenti contabili e di bilancio”. Le assenze causa-Covid mettono a rischio l’approvazione della nota di aggiornamento al Def e minano anche il percorso della manovra, oltre che delle riforme costituzionali in cantiere. Di tempo non ce n’è molto: entro il 15 ottobre va approvata la Nadef garantendo sia al Senato che alla Camera il raggiungimento della maggioranza assoluta, perché entro il 15 ottobre va inviato a Bruxelles il documento programmatico di bilancio, che disegna le linee guida della manovra. Martedì la votazione sulla risoluzione della maggioranza sul Covid è stata rinviata due volte per mancanza del numero legale. Oltre quaranta deputati della maggioranza erano infatti in quarantena fiduciaria. Il problema è stato risolto mercoledì considerando i parlamentari costretti all’auto-isolamento come “in missione“, in modo da comparire come assenti e quindi non pesare sul conteggio del numero legale (che si calcola con la presenza della metà più uno dei componenti dell’assemblea). Oggi i deputati in quarantena fiduciaria sono scesi a 28: il dato emerge al termine della conferenza dei capigruppo di Montecitorio.
Il computo dei parlamentari in auto-isolamento tra gli assenti giustificati, sottolinea ancora Ceccanti, “ha per il momento risolto il problema del numero legale, ma non siamo purtroppo sicuri che questo rimedio possa essere sufficiente nelle prossime settimane, col rischio di determinare un grave squilibrio istituzionale“. Inoltre, prosegue il deputato Pd, “anche se non ci fosse un problema generale di numero legale, resta quello dei quorum previsti dalla Costituzione, a cominciare da quelli sull’autorizzazione al debito (articolo 81) e da quelli sulla revisione costituzionale (articolo 138) che potrebbero essere non raggiunti a causa degli impedimenti. C’è poi anche il problema di maggioranze casuali che potrebbero essere determinate a causa di impedimenti maggiori o minori nei vari gruppi, di maggioranza o di opposizione”. Per tutte queste ragioni, Ceccanti ritiene “più che opportuna una discussione pragmatica sul come i parlamentari possano lavorare a distanza (per quali votazioni, in quali condizioni, su decisioni di quali organi)”, mentre “è un errore continuare a porre pregiudiziali sul se introdurre questa innovazione perché ciò significa prescindere dal principio di realtà“.
CHI HA FIRMATO – La proposta di modificazione al regolamento è stata firmata per il momento da 105 deputati, soprattutto delle due principali forze di maggioranza. Tra i democratici spiccano i nomi della vicepresidente del Partito, Debora Serracchiani, del tesoriere Walter Verini, così come di altri deputati di peso tra cui Emanuele Fiano, Stefania Pezzopane, Matteo Orfini, Fausto Raciti, Alessandro Zan. Tra i Cinquestelle ha firmato Giuseppe Brescia, presidente della della commissione Affari Costituzionali. Non è l’unico pentastellato e ci sono diversi volti noti: Elisa Tripodi, Patrizia Terzoni, Niccolò Invidia. Inoltre è d’accordo con la proposta del voto da remoto l’ex ministro dell’Istruzione ed ex M5s Lorenzo Fioramonti. Tra le firme, anche quella del deputato di LeU Erasmo Palazzotto.