“Lo dico con un numero: la fiducia nel ministro Speranza è al 49 per cento ed è in salita di 3 punti, una roba mai vista in Italia. È la paura”. Roberto Weber ha curato un sondaggio Ixé secondo cui gli italiani oggi hanno raggiunto un livello di paura prossimo a quello del lockdown. Un dato destinato a impattare sulle dinamiche e gli equilibri della politica nei prossimi mesi e forse anni. In pratica l’85 per cento degli italiani vive nella paura, un dato che era sceso al 63% a giugno, intorno al 65% a luglio, “per trovare un 85% dobbiamo tornare a maggio”. Il dato di Speranza trova riscontro a livello governativo, nel senso che la fiducia nella gestione dell’emergenza sanitaria da parte del governo sale ancora: “A giugno il gradimento era del 65% , a luglio 68%, adesso del 74%”. Dunque, governo promosso a pieni voti. Non perché i cittadini pensano che l’esecutivo si muova sempre in modo perfetto, “ma proprio perché la paura è forte e perché gli italiani sono sempre più sensibili a quel che accade fuori, in Europa: quando scoprono che abbiamo fatto meglio degli altri il meccanismo di legittimazione diventa potente”.
I benefici sono per il governo e i partiti che ne fanno parte, per gli altri no. “È la prima volta che vedo un tale scarto di sintonia col pensiero dominante e gli umori popolari da parte del centrodestra, mai così prima”. Il riferimento è alla competizione che si aperta da quando Salvini non è più il golden boy della coalizione. A togliergli il consenso da sotto i piedi, paradossalmente, è proprio il suo asso nella manica: la paura. “Il nostro cervello derubrica le emergenze che non sono davvero tali, come quella sulla sicurezza che oggi è un’arma di propaganda a dir poco spuntata. Le preoccupazioni per i migranti sono scivolate indietro, hanno perso 25 punti. A salire sono le chiavi che garantiscono sicurezza e protezione”. Non fa presa neppure il tema dell’emergenza democratica, agitato in ultimo dalla presidente del Senato Casellati. “Il tema non è sentito, si avverte semmai la farraginosità degli apparati e delle strutture burocratiche chiamati alla gestione dell’emergenza. Gli italiani accettano di buon grado le limitazioni perché la paura fa agio su tutto il resto. Le do un altro dato che mi ha impressionato: dal 1997 facciamo la stessa domanda agli italiani, se vogliono più soldi in tasca o più servizi. La gente che diceva più soldi, in sostanza dal cuneo fiscale alla flat tax – era arrivata al 50 per cento. Oggi è scesa al 20 per cento, cioè l’idea di toccare gli strumenti di protezione e di welfare, per il poco o tanto che danno, piace sempre meno mentre la gente oggi vuole più Stato”.
Il quadro è confermato da Antonio Noto, altro sondaggista che scruta gli umori del Paese e le dinamiche politiche. “In piena pandemia sono cambiate le priorità degli italiani, ma mentre continua a calare la credibilità della classe politica, chi governa a livello nazionale e locale sale nei sondaggi e nel gradimento della gente, come abbiamo visto con le regionali. È un po’ come se gli italiani preferissero lo status quo, quasi a prescindere dai colori politici. Nelle nostre rilevazioni salute e lavoro erano sempre al primo posto, ora si nota un distacco siderale rispetto a quelli della sicurezza e dell’immigrazione”. Per chi ne ha fatto un cavallo di battaglia storico e personale non è facile “riposizionarsi”. “Lo si vede nelle manovre a destra, dove la Meloni ha agio di trovare consensi perché è un politico di sintesi, e nell’era della grande paura è più funzionale mentre Salvini è un leader dei distinguo. La cena organizzata dai “totiani” con Carfagna ed altri può essere letta non come prova di compattezza ma come tentativo di arginare Salvini, che certo raccoglie consensi ma non è un leader di sintesi”. E a sinistra che succede? “La flessione del M5s alimenta i partiti della sinistra. In un primo tempo riguardava un elettorato di destra che è tornato a destra, e alle Europee ha votato Lega, adesso ai Cinque Stelle sono rimasti lo zoccolo duro dei non politicizzati e della sinistra delusa in modo definitivo; ma una parte degli elettori è tornata a casa. Sono vasi comunicanti. Se perde il M5s indirettamente guadagna il Pd. Non per diverso posizionamento politico del Partito democratico che non è diverso da quello di un anno fa, quanto perché parte dell’alleanza che compone il governo”.
La paura come dominante del quadro politico. “Si è vista con le Regionali, dove quattro uscenti hanno avuto una conferma al di là dello schieramento”, sottolinea Maurizio Pessato di Swg. Gli italiani ricercano stabilità. “Il Covid sembra aver chiuso un ciclo iniziato dieci anni fa del cambiamento a tutti i costi, interpretato dai Cinque Stelle, da Renzi e da Salvini. Oggi la questione è più raffinata: gli italiani chiedono cambiamenti ma solo a fronte di garanzie”. La società della paura restringe i suoi orizzonti. “Prima del Covid gli italiani si interrogavano su bisogni diversi che andavano dalla corruzione alla casta, dai migranti e alla democrazia. Oggi questi temi sono scesi nella gerarchia delle priorità e tutto si gioca sulla capacità di trasmettere fiducia”. Conte, Zingaretti ma anche Toti e Zaia funzionano. Salvini rompe lo schema. “La Meloni per contro sta tentando di scalare un centrodestra che può far valere una sola garanzia rispetto alla compagine avversa che è quella dell’unità. Per questo ha anche abbandonato presto i panni lepenisti e sta cercando di compattare attorno a sé la destra d’ordine che in Italia è presente da sempre e aveva concentrato parte dei voti su Salvini, rimanendone delusa. In ogni caso, nel futuro dell’Italia che convive con la paura vince chi meglio la placa. Non a caso nei sondaggi nazionali i partiti di maggioranza stanno salendo e ‘pesano’ quasi come il centrodestra”.