La sentenza emessa dopo una camera di consiglio di due ore e mezza. Il magistrato è accusato di aver "pilotato" per interessi personali la nomina del procuratore di Roma e gli è stata contestata una strategia di discredito a danno del procuratore aggiunto Paolo Ielo
La “pena” massima. Luca Palamara, ex presidente dell’Anm e pm di Roma coinvolto in un’inchiesta per corruzione che ha aperto un vaso di Pandora sulle manovre per pilotare le nomine del Csm, è stato radiato dalla magistratura. La Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha così accolto la richiesta della Procura generale della Cassazione. Palamara è il primo ex consigliere del Consiglio superiore della magistratura ed ex presidente dell’Associazione magistrati a essere rimosso dall’ordine giudiziario. “Sono consapevole di aver pagato io per tutti. Porto e porterò sempre la toga nel cuore” dice l’ex magistrato. “Non ho mai barattato la mia funzione per fare un favore al politico di turno . Non ho mai fatto accordi con nessun parlamentare perché un ipotetico procuratore della Repubblica potesse accomodare qualche processo” sostiene Palamara nella conferenza stampa al Partito radicale annunciando che contro la decisione del Csm ricorrerà alle Sezioni Unite della Cassazione e alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Palamara poi aggiunge di non aver incontrato solo Lotti: “I nomi dei politici che ho incontrato li farò, ma deve tutto essere documentato e circostanziato. Io sarò in grado di dire e documentare con chi mi sono trovato a parlare di nomine con politici diversi da Lotti. Di cene ne ho fatte tantissime“.
La sentenza è stata emessa dopo una camera di consiglio durata due ore e mezza. Solo ieri, 8 ottobre, i rappresentanti della procura generale della Cassazione avevano avanzato la richiesta di sanzione, impugnabile davanti alle Sezioni Unite della Cassazione, accusando l’ormai ex magistrato soprattutto di aver “pilotato” per interessi personali la nomina del procuratore di Roma e contestandogli una strategia di discredito a danno del procuratore aggiunto Paolo Ielo. La vicenda al centro del processo è la riunione notturna all’hotel Champagne del 9 maggio del 2019, nella quale secondo l’accusa Palamara, cinque consiglieri del Csm (tutti dimessi e ora a processo disciplinare) e i politici Luca Lotti e Cosimo Ferri – anche lui magistrato – discussero le strategie sulle future nomine ai vertici delle procure. Riunione intercettata con un trojan nel cellulare di Palamara, che era finito sotto inchiesta a Perugia e ora è imputato per corruzione. Il pm romano era già sospeso dalle funzioni e dallo stipendio. “Massimo rispetto per la decisione dei giudici”. È una sentenza politica? “Assolutamente no” ha risposto l’avvocato Stefano Giaime Guizzi, difensore di Luca Palamara subito dopo il verdetto.
L’accusa: “Comportamenti di elevatissima gravità” – Per l’accusa Lotti e Ferri ha “pilotato la nomina del procuratore di Roma” e ha messo in atto una strategia per arrivare a un procuratore di Perugia “addomesticato”, agendo come i suoi interlocutori per puri “interessi personali” e con ciò concretizzando “un indebito condizionamento” delle funzioni del Csm. Con l’aggravante di aver così permesso a Lotti, che era imputato nell’inchiesta Consip della procura di Roma, di interloquire e concorrere alla scelta del dirigente dell’ufficio giudiziario che lo aveva messo sotto accusa. Comportamenti di “elevatissima gravità” che per l’accusa non consentivano più a Luca Palamara di continuare a indossare la toga. La riunione all’hotel Champagne, per l’accusa, costituisce un “unicum” nella storia della magistratura proprio per la presenza di soggetti completamente “estranei” al Csm e portatori di interessi “personali”(quello di Palamara rispetto alla procura di Roma era essere nominato aggiunto) e insieme di un “disegno occulto”, a partire dalla scelta di un procuratore che segnasse una “discontinuità” con la gestione dell’ex procuratore Giuseppe Pignatone. Non fu una “fisiologica interlocuzione istituzionale” tra rappresentanti il Csm e politici, hanno sostenuto i rappresentanti dellìaccusa, ma una riunione “fuori da ogni schema legale”.Tant’è che si pianificò anche la nomina del procuratore di Perugia: Palamara sapeva di essere indagato da quell’ufficio e cercava un procuratore “che doveva assecondare il sentimento di rivalsa suo e di Lotti nei confronti di Paolo Ielo”, procuratore aggiunto a Roma.
La difesa pensa di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo – Stefano Guizzi, difensore di Palamara, aveva chiesto l’assoluzione perché, stando alla sua ricostruzione, può avere avuto condotte inopportune ma mai illecite come le strategie di discredito nei confronti di colleghi che gli vengono contestate. Quanto alla riunione all’hotel Champagne se è vero che la presenza di Lotti fu “gravemente inopportuna”, l’uomo politico “non fornì alcun contributo decisorio, perché non vi era alcun accordo blindato sulla procura di Roma”. Furono invece pienamente legittime le interlocuzioni con i consiglieri del Csm di Palamara e Cosimo Ferri, in quanto entrambi riconosciuti leader delle correnti. Anche perché la scelta del capo di una procura “dipende anche da valutazioni politiche”.È per questo che Guizzi ritiene un “grave vulnus” per i diritti di difesa il taglio drastico deciso dai giudici della lista di 133 testimoni, che serviva non a dire ‘tutti colpevoli, nessun colpevole’ ma a dimostrare che queste sono le prassi in tema di nomine. Il prossimo passo sarà quindi la Corte europea dei diritti dell’uomo, la battaglia a Strasburgo sarà comunque sulle intercettazioni che non potevano essere utilizzate visto che hanno coinvolto un parlamentare.