Quando ho letto l’intervento di Andrea Aparo von Flüe quasi non ci credevo: il Nobel per la Fisica a uno dei miei idoli, Roger Penrose! Ah, e per cosa? Per i buchi neri? Certo, ottimo! Visto che il Premio Nobel per la Matematica non esiste (ci sono premi prestigiosi, ma poco noti al grande pubblico) è raro che un nostro “confratello” vinca il premio dei premi; ricordo giusto John Nash (sì, A beautiful mind) per l’Economia. Perché sono sorpreso? Non ritengo Sir Roger degno di tanto onore? Al contrario! Però temevo che lui, come un altro mio idolo, John Conway, fosse troppo eclettico per i gusti dell’Accademia di Stoccolma.

Non ho mai conosciuto Penrose di persona, anche se corsi a Milano quando vi tenne una conferenza nell’ambito delle Lezioni Leonardesche. Avevo incontrato un suo articolo (Angular momentum: An approach to combinatorial space-time) quando ero ancora studente: metteva insieme della fisica tosta, che stavo studiando per un esame, e la combinatorica, che cominciava ad essere la mia passione. Lo stile di Penrose era affascinante, chiaramente teso a farsi capire a più livelli, compreso il mio. Fui sorpreso, anni dopo, da un suo articolo straordinario (Singularities and time-asymmetry) che faceva sognare i buchi bianchi come controparte dei buchi neri, stuzzicando in me il lettore di fantascienza e il topologo in erba; i suoi disegni, ovviamente fatti a mano, erano estremamente suggestivi (vedi la figura), il suo testo era sempre calibrato per permettere sia una lettura quasi da divulgazione sia uno studio tecnico approfondito.

I matematici, almeno del settore geometrico, amano le opere di Escher. Occupandomi anch’io di questo artista visionario e delle sue costruzioni impossibili in chi m’imbatto? In Penrose padre e figlio, che avevano pubblicato un articolo sulla loro celebre tribarra. Ma anche un’altra fissazione di Escher, la piastrellatura del piano con elementi ripetitivi, è imparentata con un risultato di Sir Roger: il primo esempio di piastrellatura aperiodica.

Quando ho saputo di idee ardite di Penrose sulla mente umana ho comprato il suo libro Road to reality, ma le oltre mille pagine mi hanno finora scoraggiato tranne che per qualche consultazione sporadica. Insomma, capite cosa intendo quando dico che è un matematico “eclettico”? Cosa devo dire, ammiro chi, come Andrew Wiles o Grigorij Perel’man ha dedicato con successo la sua vita a un unico, eccelso obiettivo, però sinceramente non farei mai a cambio con loro. Ma Roger Penrose, Premio Nobel o no, ha tutta la mia invidia.

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