Nelle piazze di Milano, Torino, Genova, Roma e Napoli gli attivisti chiedono la decarbonizzazione entro il 2030 e presentano le loro proposte nella campagna " Ritorno al Futuro"
Tutti seduti, distanziati, con i cartelli in braccio, ad ascoltare l’oratore di turno, in una piazza del Popolo, a Roma, inondata di sole, dove sui muri dietro l’obelisco campeggiano due grandi striscioni che chiedono “giustizia climatica” e “Recovery Planet”, cioè la richiesta di usare i fondi europei del cosiddetto Recovery fund soprattutto per decarbonizzare. Non solo Roma, però: i ragazzi dei Fridays for future si sono ritrovati oggi in tutta Italia per lo Sciopero Globale per il clima, che nel nostro Paese è stato spostato, rispetto a quello internazionale del 25 settembre, per non interferire con l’apertura delle scuole: anche se Greta, oggi al suo 112esimo venerdì di sciopero, ha retwittato la notizia della sciopero italiano, unendosi “virtualmente” ai ragazzi italiani. Gli attivisti hanno manifestato in 100 città italiane e in forme diverse: con bike strike, come a Roma e Carpi, con i cosiddetti “die in”, manifestazione dove tutti si stendono a terra morti, come a Bologna; con flash mob come a Milano, dove in piazza Duomo si è formata la scritta umana Climate Justice!; infine con performance vere e proprie, come a Sassari, dove è stato chiesto alle persone di portare delle scarpe che sono state messe di fronte a sagome cartonate dei potenti del mondo.
I numeri sono più piccoli rispetto alla grande manifestazione di marzo 2019, dove scesero in piazza oltre mezzo milione, i temi, invece, sono quelli di sempre: la critica alle aziende inquinanti, in primis Eni, le riflessioni sull’energia, i trasporti, gli allevamenti intensivi. Ma soprattutto l’attacco all’indifferenza della politica verso il destino delle generazioni presenti e future, visto che il pianeta che li aspetta sarà devastato da ondate di calore, alluvioni, scarsità idrica e siccità, raccontate con ironia nei loro manifesti, che pure sembrano farsi più seri di un tempo. Ci sono molti ragazzi giovani, dodici, tredici anni, arrivati con i compagni, ma anche studenti universitari e lavoratori. Per quanto riguardo il nesso tra pandemia e riscaldamento globale, molti criticano che i due temi, epidemia e ambiente, vengano trattati separatamente e che in “tv si parli solo di virus”, come dice una ragazza del liceo Virgilio di Roma. Tutti sono scettici sul fatto che il cambiamento verrà dall’alto, la fiducia verso i governi è zero. Credono solo nella protesta, nella loro protesta.
Dal Cameretta Tour agli ‘Stati Generali’ – In questi mesi di pandemia, in realtà, i Fridays for Future sono cresciuti, come racconta Lorenzo Tecleme, sardo, oggi in piazza a Bologna: “Durante il lockdown sono nate varie iniziative. Dalla ‘Quarantena for future’, dove abbiamo trattato libri, film e documentari a tema clima, al cosiddetto ‘Cameretta Tour’, uno spazio virtuale dove sono venuti a parlare non solo esperti ma tantissimi nomi dello spettacolo, come Elisa e Piero Pelù, ma anche ‘star’ del calibro di Saviano e Greta. E oggi molti di loro hanno dato sui loro social l’annuncio dello sciopero”. Non solo. Il 26 aprile lo sciopero globale non è saltato, è stato fatto virtualmente, “le persone potevano geolocalizzarsi davanti a Palazzo Chigi, sono state così tante che il sistema è andato in tilt”. E poi c’è stato l’importante documento “Ritorno al Futuro”. “È stato scritto con duecento esperti di vario tipo”, prosegue Lorenzo, “e condiviso da altre associazioni ambientaliste e dalla Cgil. Non solo: lo abbiamo consegnato al premier Conte quando ci ha invitato agli ‘Stati Generali’ di giugno”. Tra i sette punti della campagna, ci sono il rilancio dell’economia investendo nella riconversione ecologica, la riaffermazione del ruolo pubblico dell’economia, la giustizia climatica e sociale, la tutela della salute, del territorio e della comunità, la promozione della democrazia, dell’istruzione e della ricerca, il ripensamento del sistema agroalimentare, l’Europa.
Extinction Rebellion: presidio contro Eni e medici ribelli – Oggi, però, a a manifestare per il clima c’erano solo i Fridays for Future, ma anche il movimento Extinction Rebellion (XR), che oggi chiude la sua “Ribellione d’Autunno”, appuntamento annuale e nazionale. Le due realtà sono in verità legate, tanto che XR è intervenuto oggi a Piazza del Popolo e ha chiesto sostegno ai Fridays per il presidio non violento che sta conducendo da ieri mattina, con alcuni manifestanti incatenati davanti ai cancelli del palazzo dell’Eni a Roma e sessanta attivisti che hanno dormito lì davanti e ancora si trovano davanti alla sede dell’azienda (alcuni sono stati fermati dalle forze dell’ordine). XR ha inviato una lettera al ministro dello sviluppo economico Patuanelli ma, vista la mancata risposta, ha esteso l’invito a un confronto al ministero dell’Economia e delle Finanze e a Casse Depositi e Prestiti, “in quanto”, come si legge in un comunicato, “emanazioni del governo che hanno una quota di partecipazione complessiva del 30,33% in Eni”. Racconta l’attivista Alessia Ricci: “Purtroppo la polizia ha impedito la performance nella quale avremmo versato sangue simbolico nel laghetto dell’Eur. Una iniziativa simbolica per chiedere che lo Stato ponga fine agli incentivi alle aziende fossili e a Eni, colpevole di una narrazione di greenwashing che nasconde le sue responsabilità. Vogliamo che si dica la verità sulla gravità ecologica, che si riducano le emissioni a zero entro il 2025, che si ponga fine alla partecipazione di Eni ai programmi di educazione nelle nostre scuole”.
E sempre gli attivisti di Extinction Rebellion hanno dato vita, parallelamente, a un’altra manifestazione davanti al Ministero della salute, sempre a Roma, a cura del gruppo Medici per XR, professionisti e sanitari di tutta Italia coscienti che la crisi climatica avrà un impatto sempre maggiore sulla salute umana a livello globale e che il surriscaldamento globale favorisce l’insorgere delle epidemie. Un mappamondo gonfiabile è stato messo al centro della scena, mentre attivisti cadevano a terra morti e i medici li coprivano con un telo termico. “Mi sono avvicinato a Medici per XR perché sentivo una forte ansia, stavo male studiando i dati e pensando alle conseguenze: ho trovato una famiglia dove ci sono professionisti di tutte le età”, spiega Alberto Distefano. “Come medico credo che il covid-19 sia legato alla distruzione degli ecosistemi e per questo oggi ho manifestato davanti al ministero della Salute: per chiedere un’azione delle istituzioni affinché si preparino ai problemi che dovremo affrontare, alla carenze di cibo, alla siccità. La nostra performance però”, conclude, “non è finita con i cadaveri. Noi medici abbiamo gridato ‘Estinzione?’ e i caduti si sono rialzati rispondendo: ‘No, ribellione’!. Ecco,l’’attivismo è fondamentale, come è fondamentale unirsi in una comunità”.