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Vladimir Luxuria: “Il ‘sistema Garko’ esiste anche in politica e nel calcio”. E svela i retroscena

Avendo vissuto sulla propria pelle gli insulti, le ingiurie e le aggressioni, fisiche e verbali, da parte di gente omofoba, l'attivista ha spiegato in un'intervista a Today come tutt'oggi molti gay non fanno coming out per paura di non lavorare o di perdere il proprio lavoro, proprio come è successo a Garko

di F. Q.

La vicenda di Gabriel Garko e del suo coming out in diretta al Grande Fratello Vip dopo il cosiddetto “Ares gate” ha aperto il dibattito su quanto l’omossessualità sia ancora oggi causa di discriminazioni. Sulla questione è intervenuta anche Vladimir Luxuria che, avendo vissuto sulla propria pelle gli insulti, le ingiurie e le aggressioni, fisiche e verbali, da parte di gente omofoba, ha spiegato in un’intervista a Today come tutt’oggi molti gay non fanno coming out per paura di non lavorare o di perdere il proprio lavoro, proprio come è successo a Garko.

“Chi scoraggia di fare coming out agli attori? È un sistema. Parlando in generale, conosco le pressioni degli agenti di spettacolo, di chi pensa che se un attore si dichiara gay poi non viene chiamato a fare film e fiction. Resta ancora l’erronea convinzione che un attore gay, se dichiarato, non verrebbe ugualmente amato dalle donne nei panni di un sex symbol – ha detto Luxuria -. Lo stesso avviene nel calcio: presidenti e allenatori temono striscioni omofobi e cori dei tifosi avversari. Gli ultras se la prendono col colore della pelle, figuriamoci se non farebbero lo stesso per l’orientamento sessuale: insulterebbero in maniera vistosa. Ma se non si squarcia il velo dell’ipocrisia non andiamo avanti: ben venga un coming out di un calciatore e ben venga una ribellione davanti alle prime reazioni scomposte”.

Luxuria è poi entrata nel dettaglio: “Nel caso del calcio, è un sistema che comprende procacciatori, allenatori e presidenti, appunto. E poi c’è la preoccupazione degli sponsor. C’è l’idea che un calciatore gay potrebbe avere qualche sponsor in meno – ha spiegato l’attivista -. Alla gente dovrebbe interessare solo un piede che dà un calcio al pallone e fa gol, invece è tutto basato sul guadagno, sul bieco denaro. Ma nei fatti chi paga sono questi personaggi costretti a tenere una maschera”.

Lo stesso succede in politica: “Conosco personalmente tanti politici gay che non si dichiarano. Quando misi piede per la prima volta in parlamento non sa in quanti si venivano a raccomandare: ‘Non dire a nessuno che mi hai visto là‘. Io ho sempre lottato per il coming out, ma non ho mai usato l’outing come strumento di vendetta, anche se spesso costoro sono proprio quelli che fanno della famiglia la loro bandiera. C’è un’ipocrisia dilagante, soprattutto se fai parte di un partito più conservatore”, ha concluso.

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