I morti sul lavoro? Sono una “ferita sociale che lacera il Paese“. Una ferita ancora più profonda ai tempi del coronavirus, visto che “quest’anno, a causa della pandemia si sono avute ripercussioni drammatiche sulla salute dei lavoratori“. Sono le parole usate dal presidente Sergio Mattarella nel messaggio inviato al presidente dell’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro, Zoello Forn, in occasione della settantesima edizione della Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro. “Rivolgo un cordiale saluto agli organizzatori e a tutti i partecipanti a questo appuntamento, che ci deve far riflettere sull’importanza della sicurezza sui luoghi di lavoro, per trovare soluzioni condivise ed efficaci in termini di prevenzione degli infortuni”, è l’incipit scelto dal capo dello Stato. Che poi ha spiegato: “In molti sono stati particolarmente esposti al rischio, come nel caso del personale sanitario e socio-assistenziale. Dobbiamo ringraziare medici, tecnici della salute e tutto il personale dei servizi sanitari per aver fronteggiato inedite situazioni di emergenza: è questo l’ambito in cui si collocano un terzo degli infortuni con esiti mortali denunciati all’Inail nel primo semestre di quest’anno”.

Il presidente della Repubblica, dunque, ricorda come durante l’epidemia di coronavirus i lavori più rischiosi siano quelli più esposti alla malattia. “Allo stesso modo, i lavoratori dei servizi essenziali, che hanno consentito la prosecuzione delle tante attività economiche ritenute indispensabili alla nostra vita quotidiana, hanno svolto la propria prestazione in condizioni di preoccupazione per la propria salute, permettendo a tutti noi di fronteggiare un momento drammatico”, aggiunge il capo dello Stato. “L’impegno per garantire la massima sicurezza sul lavoro – aggiunge Mattarella nel messaggio – non deve arretrare di fronte a nessun evento emergenziale, perché la tutela della salute di chi lavora costituisce un bene primario su cui si misura la civiltà delle economie avanzate. L’auspicio è che, nonostante le condizioni difficili create dalla pandemia, si tragga la spinta per aumentare gli investimenti sulla sicurezza, avvalendosi dei progressi offerti dalle nuove tecnologie e degli avanzamenti compiuti in questi anni dalla ricerca scientifica”, è l’auspicio dell’inquilino del Quirinale. Che fa notare come a differenza degli altri anni la Giornata nazionale delle vittime degli incidenti sul lavoro “si svolgerà in modo diverso a causa della pandemia, ma forte è l’impegno e la volontà di superare questa ferita sociale che lacera il nostro Paese. Desidero augurare il miglior successo alla celebrazione odierna che deve essere un’esortazione ad orientare l’azione comune delle Istituzioni verso la salvaguardia della salute e della sicurezza per il futuro lavorativo dei nostri concittadini”.

Nella stessa giornata dal Colle è partita un’altra missiva, questa volta inviata al coordinatore della Marcia per la Pace Flavio Lotti, che quest’anno ha un motto legato alla lotta alla pandemia: “Time for Peace – Time to Care”, è tempo di costruire la pace ed è tempo di una cura. “La stessa azione di contrasto alla pandemia può diventare una modalità di costruzione della pace”, scrive Mattarella. Il diritto alla cura, continua Mattarella, “è un caposaldo della piena cittadinanza, ma la cultura della cura va oltre le capacità del sistema di welfare di rispondere ai bisogni con qualità ed efficienza”. La cultura della cura “è una dimensione della fraternità tra gli uomini – scrive il presidente – è un fattore di coesione sociale e può diventare vettore di un’economia orientata a un più equilibrato e duraturo sviluppo”, continua il capo dello Stato. La costruzione della pace è strettamente legata agli altri temi globali: dalla lotta alla povertà e alle disuguaglianze, dal contrasto al cambiamento climatico, dalla cooperazione necessaria per assicurare ai popoli quel diritto a uno sviluppo sostenibile, “che è parte del diritto stesso alla vita e al futuro”, sottolinea Mattarella. La marcia per la pace ogni anno esprime un “messaggio popolare molto forte”, che nasce dalla consapevolezza del “carattere integrale della pace”. Per questo, “è importante che anche quest’anno la marcia sia stata confermata, nel rispetto delle condizioni di sicurezza imposte dalla pandemia – raccomanda il presidente – e che possa dare a tante persone e a tanti giovani la possibilità di esprimere la volontà di un domani migliore e l’impegno a farsi generatori di pace, a partire dalla realtà quotidiana”, conclude.

In tanti sono arrivati da tutta Italia già di prima mattina, tutti distanziati e ognuno ordinato al proprio posto per una Perugia – Assisi senza precedenti, trasformata da marcia in una ‘Catena umana della pace e della fraternità’. Perché “è tempo di fare pace ed è tempo di prendersi cura”, come recita il motto dell’appuntamento al tempo della pandemia e del distanziamento. Una Catena che “ricuce” ma anche un modo per rimanere distanziati e avere cura per l’altro, ha ricordato alla partenza Lotti, del comitato promotore. “Siamo qui – ha aggiunto – anche per fare società, nonostante il momento difficile che stiamo vivendo, e smettere di essere gli uni contro gli altri come in una giungla”. Dal 1961 la Marcia Perugi – Assisi è una chiamata all’impegno per la pace e anche quest’anno, nonostante le forti restrizioni imposte dalle norme sanitarie, è rimasta in programma.

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