Nonostante siano passati ormai molti mesi dalla comparsa del virus Sars-Cov2, medici e scienziati continuano a documentare nuovi effetti dell’infezione che causa, la Covid-19. Un nuovo report su Morbilità e Mortalità (MMWR) pubblicato dai Centri di Prevenzione delle Malattie (Cdc) negli Stati Uniti ha ora riportato alcuni casi di sindrome “simil-Kawasaki” negli adulti. Si tratta di quella grave forma di infiammazione sistemica che era stata documentata solo sui bambini colpiti da Covid-19 e che può essere fatale tanto nei piccoli quanto nei grandi.
I pazienti che ne sono affetti manifestano vasculite (infiammazione dei vasi sanguigni), problemi cardiaci, intestinali e un aumento sistemico dello stato infiammatorio. Si tratta di caratteristiche in parte in comune con un’altra vasculite – appunto la malattia di Kawasaki – che avevano fatto pensare in un primo momento a un nesso di causalità proprio tra la Kawasaki e l’infezione da Sars-Cov2. Ad aprile, i medici hanno lanciato un avvertimento ai giovani con Covid-19 in Europa e negli Usa di fare attenzione a sintomi come febbre, eruzioni cutanee e gonfiore delle ghiandole. I primi casi sono stati segnalati in Gran Bretagna, Italia e Spagna nell’aprile 2020 e poi sono stati registrati negli Stati Uniti a maggio. In totale sono stati confermati più di 1.000 casi in tutto il paese e almeno 20 bambini sono morti. Non tutti i bambini che hanno sviluppato la condizione sono risultati positivi al coronavirus, ma il 98% sì, abbastanza perché i medici credano che le condizioni siano collegate.
Secondo il nuovo rapporto dei Cdc, una sindrome simile negli adulti è comparsa nel giugno 2020. Almeno 27 persone di età superiore ai 18 anni negli Stati Uniti e nel Regno Unito hanno avuto la condizione che può portare a ricovero, intubazione e persino alla morte. I 16 pazienti per i quali erano disponibili i dati avevano un’età compresa tra 21 e 50 anni e tutti appartenevano a minoranze razziali o etniche. Nove dei pazienti non avevano problemi di salute pregressi. Tuttavia, tra coloro che avevano condizioni preesistenti si segnala obesità, diabete di tipo 2, ipertensione e apnea notturna. I sintomi più comunemente riportati sono stati febbre, tosse, nausea, vomito e diarrea. Tutti i pazienti hanno riportato problemi al cuore, come aritmie, livelli elevati di troponina o disfunzione di uno dei ventricoli. Dieci pazienti sono risultati positivi al nuovo coronavirus subito, sei sono stati sottoposti a test anticorpali per confermare la diagnosi. Dei dieci pazienti che sono stati ricoverati in terapia intensiva, tre sono stati intubati e due sono morti.
Gli esperti dei del Cdc affermano che i piccoli pazienti con MIS-C (la sindrome che colpisce i bambini) tendono ad avere gravi problemi respiratori rispetto ai pazienti con MIS-A (la sindrome che colpisce gli adulti). Infatti, la metà dei 16 pazienti adulti non presentava sintomi respiratori e il restante riportava solo problemi lievi. “Questi 27 pazienti presentavano sintomi cardiovascolari, gastrointestinali, dermatologici e neurologici senza gravi malattie respiratorie e contemporaneamente sono risultati positivi ai test per Sars-Cov2, il virus che causa il Covid-19”, hanno scritto gli autori del report. Tuttavia, i medici e gli scienziati non sono stati in grado di comprendere se la MIS-A rappresenta un’infezione acuta o se invece è un fenomeno solamente post- acuto. “Nei pazienti che hanno riportato i sintomi di Covid-19 prima dell’insorgenza di MIS-A, l’infiammazione multisistemica è stato riscontrata circa 2-5 settimane dopo”, si legge nel report. La maggior parte dei bambini e degli adolescenti sviluppa MIS-C tra due e quattro settimane dopo essere stati infettati dal coronavirus. “Otto pazienti con MIS-A non hanno riportato sintomi respiratori precedenti, rendendo difficile stimare quando si fosse verificata l’infezione iniziale e il tempo intercorso tra il contagio e la comparsa di MIS-A”, aggiungono i ricercatori. Il report può essere d’aiuto nella fase diagnostica. “I medici dovrebbero considerare l’infiammazione multisistemica MIS-A all’interno di una diagnosi differenziale più ampia quando si prendono cura di pazienti. Come nei casi di MIS-C, la maggior parte sopravvive (24 su 27 pazienti) ma è associata a cure in contesti sanitari acuti e spesso intensivi”, concludono i Cdc.