Mercoledì scorso è arrivata la notizia, terribile, del rinnovo della detenzione preventiva di Patrick Zaki per altri 45 giorni. Ma la sua persecuzione giudiziaria, attraverso quella modalità di prolungamento a oltranza della carcerazione senza processo che ha l’obiettivo di far calare l’oblio sui dissidenti egiziani, non è affatto unica.

Hoda Adbelmoniem, avvocata per i diritti umani, 61 anni, è detenuta da quasi due anni nella prigione femminile di al-Qanater per accuse di terrorismo. Da allora, non ha mai ricevuto una visita dei familiari, che hanno potuto vederla fugacemente durante un’udienza, il 18 luglio di quest’anno. Dalle poche parole scambiate col marito, non stava affatto bene. Anche dopo che il 22 agosto sono riprese le visite in carcere, i suoi parenti non sono stati ammessi.

Abdelmoniem è stata arrestata il 1° novembre 2018 nel corso di una retata di avvocati e difensori dei diritti umani. L’arresto è avvenuto all’1.30 di notte, nella sua abitazione al Cairo. Gli uomini dell’Agenzia per la sicurezza nazionale si sono presentati, come sempre, senza mandato di cattura e senza dare spiegazioni. Hanno bendato e caricato l’avvocata su un veicolo senza permetterle di portare con sé i suoi medicinali.

Dopo tre settimane di sparizione forzata, il 21 novembre Abdelmoniem è comparsa di fronte alla Procura suprema per la sicurezza dello stato, l’organo giudiziario competente sui casi di terrorismo. Indossava gli stessi abiti del giorno dell’arresto. È seguito un altro periodo di sparizione forzata, dal 2 dicembre 2018 al 14 gennaio 2019.

Il 15 gennaio è comparsa nuovamente di fronte alla procura speciale. Sua figlia l’ha vista fortemente dimagrita e terrorizzata. Dopo altre due settimane di sparizione forzata, il 31 gennaio è stata definitivamente trasferita ad al-Qanater.

Abdelmoniem è in pessime condizioni di salute. Il 26 gennaio di quest’anno ha avuto un attacco cardiaco che l’ha costretta a un ricovero in ospedale. Soffre di pressione alta e ha un coagulo di sangue alla gamba sinistra.

Già esponente del Consiglio nazionale per i diritti umani e iscritta all’Ordine degli avvocati, all’epoca dell’arresto Abdelmoniem era consulente volontaria del Coordinamento egiziano per i diritti e le libertà, un’organizzazione non governativa molto attiva nella denuncia delle sparizioni forzate e di altre violazioni dei diritti umani che, il giorno stesso della retata, ha annunciato la cessazione di ogni attività.

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