Credo di non essere mai stata tanto frustrata dalla sciatteria e approssimazione dell’informazione italiana che in questo weekend appena passato, dove ho cercato di capire di più, invano, circa il presunto “stop al calcetto” che campeggiava sulle aperture dei quotidiani di ieri. Con fatica sono riuscita a capire che con “calcetto” si intendevano tutte le forme di sport amatoriali, dalla pallavolo al basket, curiosamente ridotte a quella parola-slogan che nulla con esse c’entrava.
E per tutto ieri mi sono chiesta cosa implicasse questo blocco degli sport amatoriali: si intendevano le partite tra amici? Lo sport il pomeriggio dentro società non professionali o semiprofessionali che centinaia di migliaia di bambini e ragazzi svolgono? Perché questa ipotesi è quella che mi sembrava più temibile per gli effetti drammatici sui bambini e ragazzi. Bambini che oggi svolgono le ore di scuole seduti senza potersi muovere, senza ricreazione, senza cortile. Bambini e ragazzi sempre più obesi. Bambini e ragazzi i cui spazi di ricreazione fisica e psicologica si restringono in questa buia era sempre di più.
Il Messaggero di stamattina, insieme alla Gazzetta dello sport, danno un’indicazione in più: sullo sport c’è una spaccatura tra il ministro della salute Speranza, e soprattutto il Cts, ovvero il Comitato Tecnico Scientifico di cui Speranza si avvale come consulenza, e il ministro dello sport Spadafora. I primi vorrebbero chiudere tutti gli sport amatoriali. Si intende mettere in ginocchio le migliaia e migliaia di società che avevano appena riaperto i battenti e che rischiano di tornare sul lastrico. Si intende fermare la possibilità di movimento e divertimento a centinaia di migliaia di bambini, che lì trovavano un momento fondamentale di sfogo, nonché, mi sembra una aspetto non secondario, una pratica che contribuisce, tra l’altro, a rafforzare il sistema immunitario. Spadafora, invece, sta cercando di mediare vietare unicamente attività amatoriali cioè una tantum e partite sempre amatoriali, consentendo alle società iscritte al Coni di proseguire. La battaglia, dunque è aperta, anche se secondo alcune anticipazioni del Corriere della Sera uscite poco fa sembrerebbe che il governo sia destinato a far proseguire le società sportive che rispettano le norme anti-Covid.
A nessuno, tano meno a me, sfugge la fondamentale importanza di fermare il contagio in un momento in cui rischia di sfuggirci di mano. Ma nella decisione delle chiusure non si può non tener presente il diverso valore di ciò che si chiude. Le attività non sono tutte uguali, ovvero non producono lo stesso valore. La movida per un ventenne o un adulto non è importante come lo è per un bambino lo sport. Bar e ristoranti non sono fondamentali per la salute fisica e psichica come lo è per bambini e ragazzi lo sport. E allora, oltre alla contagiosità di un’attività, bisogna anche considera i benefici che comporta. E anche chi viene coinvolto nella chiusura, visto che i minori soffrono maggiormente delle restrizioni rispetto agli adulti (e infatti in alcuni paesi e città, ad esempio Parigi, lo sport dei piccoli è stato salvaguardato). Altrimenti, appunto, se non si ragionasse per valore, si chiuderebbero anche le scuole.
Ma scuola e sport, per bambini e ragazzi, sono davvero due basi esistenziali fondamentali. Come non si può non capirlo? Con quale cecità si dice (e parlo soprattutto di un comitato che comunque dovrebbe avere a cuore la salute dei bambini, se di salute si occupa): chiudiamo tutto senza rendersi conto degli effetti e sui ragazzi e sulle società fatte spesso da volontari che di fatto rendono i nostri figli più sani e quindi meno vulnerabili, oltre che meno infelici in questo momento doloroso?
Ma poi, soprattutto. Se gli sport di contatto sono pericolosi, che si chiudano a tutti i livelli. Se i bambini non possono giocare a calcio, allora che si chiuda la serie A e le altre e tutti i professionisti. E non mi si venga a dire che quelli sono controllatissimi, perché si potrebbero controllare i nostri, anche perché, tra l’altro, la maggioranza delle società rispettano le norme anti-covid che erano state messe come presupposto per ripartire dallo stesso governo. Sarebbe uno spettacolo indegno impedire il gioco a centinaia di migliaia di ragazzi e farlo proseguire a quelli che non si possono fermare perché si perderebbero miliardi di diritti tv (però le piccole società sul lastrico, quelle non importano a nessuno). Sarebbe veramente scandaloso che i nostri figli fossero costretti a stare immobili mentre gli altri possono giocare e perché? Per il giro di soldi intorno al calcio.
E allora se volete fermare gli sport di contatto, perché sono contagiosi, fatelo. Che sia davvero per tutti, però, perché noi genitori siamo stanchi, oltre della scarsa considerazione verso i nostri figli, anche di insostenibili, eccezioni.
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