Nel giugno scorso la commissione Contenziosa aveva accolto i ricorsi sul taglio dei vitalizi presentato dagli ex parlamentari. Ora che sono state depositate le motivazioni, la segretaria generale del Senato Elisabetta Serafin ha deciso di presentare appello, congelando la restituzione degli arretrati. La palla passa al Consiglio di garanzia
Niente da fare per i circa 700 ex senatori in pensione che nel giugno scorso hanno esultato dopo che la commissione Contenziosa di Palazzo Madama ha accolto i ricorsi sull’abolizione dei vitalizi. La sentenza imponeva agli uffici del Senato di restituire gli arretrati milionari che hanno accumulato dal 2018 a oggi, cioè da quando il loro assegno pensionistico è stato ricalcolato sulla base del sistema contributivo a cui sono sottoposti tutti i cittadini. Ma dovranno ancora aspettare. Come anticipato da Il Fatto Quotidiano nei giorni scorsi, ora che le motivazioni della sentenza sono state depositate la segretaria generale del Senato Elisabetta Serafin ha fatto appello contro la decisione della commissione Contenziosa, congelando di fatto la restituzione di interessi ed arretrati. La palla passa ora al Consiglio di garanzia.
Il taglio era stato introdotto da un’apposita delibera dell’Ufficio di presidenza del Senato approvata (in tandem con la Camera) nell’ottobre 2018. Garantiva un risparmio annuo per le finanze pubbliche di 22 milioni di euro, ma sin da subito gli ex parlamentari che fino a quel momento avevano goduto di assegni d’oro hanno annunciato di voler fare ricorso. Il dossier è quindi approdato sul tavolo della commissione, fino alla bocciatura deliberata nel giugno scorso. 3 membri su 5 hanno votato per reintrodurre il privilegio, spiegando che si tratta di un diritto acquisito e che come tale non può essere cancellato. Una decisione che aveva suscitato l’immediata reazione della maggioranza: “Ci provavano da mesi: lo hanno fatto di notte, di nascosto. È uno schiaffo a un Paese che soffre. La casta si tiene il malloppo, noi non molleremo mai per ripristinare lo stato di diritto e il principio di uguaglianza”, aveva dichiarato il capo politico M5s Vito Crimi, mentre fonti del Pd avevano fatto trapelare “sconcerto” per la retromarcia del Senato.
Tutto l’iter del lavoro della commissione è stato inquinato da ombre, accuse di conflitto d’interessi e dimissioni. Il momento più alto dello scontro era arrivato con lo scoop del Fatto Quotidiano, che il 30 gennaio aveva pubblicato la bozza di delibera con il quale si accoglieva il ricorso degli ex parlamentari, preparata molto prima che si concludesse la camera di consiglio. Due mesi prima, inoltre, la senatrice M5s Elvira Evangelista aveva lasciato la commissione perché, a suo dire, “tra i membri c’è un intreccio di relazioni amichevoli e professionali“. Il riferimento era ai componenti nominati dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Come presidente era stato scelto Caliendo, senatore di lungo corso di Forza Italia, storicamente molto vicino alla seconda carica dello Stato e al suo capo di gabinetto. In quei giorni il senatore del M5s, Primo Di Nicola, aveva fatto notare come Caliendo avrebbe dovuto decidere su un trattamento vantaggioso di cui beneficerà direttamente, in quanto percettore di vitalizio.