“L’Italia ha chiuso le porte ad almeno un centinaio di cittadini stranieri regolarmente residenti sul territorio nazionale per il timore di contagio da Covid-19″. A denunciarlo è l’Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, dopo aver raccolto denunce dirette e svolto indagini specifiche. In 19, sbarcati il 20 luglio da un volo organizzato dalla Farnesina per far rientrare i concittadini bloccati all’estero a causa del caos provocato dal Coronavirus, secondo quanto riferito sempre dall’Asgi, sono stati “trattenuti dalle autorità doganali addirittura per 4 giorni in una saletta dell’area Transiti dell’aeroporto internazionale di Malpensa”.
“Dopo essere venuti a conoscenza delle misure di respingimento applicate a Malpensa quel giorno, abbiamo iniziato ad approfondire la vicenda e soprattutto contattato e registrato le testimonianze delle persone coinvolte”, ha detto a ilfattoquotidiano.it Anna Brambilla, una degli avvocati dell’Asgi che da mesi si sta occupando di questa vicenda. Oggi, due mesi e mezzo dopo, a loro si sono aggiunte diverse decine di uomini, donne e bambini per cui le porte dell’Italia si sono chiuse a data da destinarsi. E intanto partono i primi ricorsi al provvedimento: sette quelli già presentati, ma alla fine potrebbero essere decine. Difficile stilare un numero esatto di persone che si trovano nelle stesse condizioni. L’Asgi ha la certezza su 76 soggetti tra brasiliani (10), bengalesi (38) e dominicani (28) respinti alla frontiera. I dati sono aggiornati alla metà di agosto, quindi il numero potrebbe essere sensibilmente maggiore. Mancano, ad esempio, numerosi casi di cittadini di origine peruviana, anch’essi bloccati in Sudamerica. In una Pec dello scorso agosto il ministero dell’Interno conferma i respingimenti avvenuti a Malpensa, ma non quelli di cittadini del Bangladesh a Fiumicino.
Un atto che ora rischia di ritorcersi contro le autorità italiane. Il provvedimento è legato all’Ordinanza del 9 luglio scorso in cui il Ministro della Salute, Roberto Speranza (consigliato dal Comitato tecnico scientifico), ha posto il divieto d’ingresso e di transito in Italia per le persone che hanno soggiornato o transitato nei famosi 13 Paesi compresi nella black list Covid: Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù e Repubblica Dominicana. “Giustificati motivi di ordine e sicurezza pubblica”, si legge nel documento. Sospesi tutti i voli diretti ed indiretti da questi Paesi. Una questione di prudenza, si è affrettato a sottolineare Speranza ricevendo tuttavia l’avallo dei suoi colleghi di governo, compresa la capa del Viminale, Luciana Lamorgese. Il tutto, tra l’altro, deciso in un periodo in cui la curva dei contagi in Italia era ai minimi storici prima della recrudescenza di fine di luglio e tutt’ora in corso.
Ma la novità adesso è la raffica di ricorsi, successiva al provvedimento del governo, presentati da un gruppo di avvocati dell’Asgi nei confronti del ministero dell’Interno. Il casus belli è datato 20 luglio 2020, con il volo charter della compagnia Neos, atterrato a Malpensa dalla Repubblica Dominicana con a bordo 174 persone, di cui 112 italiani e 62 dominicani: “È stata fatta una vera e propria selezione quel giorno, altro che paura del virus. La dogana a Malpensa, prendendo ordini dall’alto, ha lasciato passare gli italiani, i cittadini dominicani con una parentela diretta in qualsiasi Paese dell’Unione Europea, bloccando gli ‘altri’ dominicani. Non stiamo parlando di gente venuta in vacanza in Italia, ma persone che qui vivono e lavorano regolarmente, con permessi di soggiorno solidi per motivi di lavoro, non umanitari, alcuni soggiornanti da molto tempo. Noi sulla base di quanto accaduto e dalle testimonianze raccolte abbiamo impugnato il respingimento in base al testo sull’immigrazione, con un’istanza di trattazione urgente. Per ora i ricorsi presentati davanti al Tribunale di Milano, in Corte d’Appello, riguardano 7 soggetti, ma il numero aumenterà”.
Con lei collaborano Giulia Crescini, Daniele Valeri, Gennaro Santoro, Dario Belluccio e Guido Savio: “Il coronavirus non sceglie chi contagiare in base al passaporto – aggiunge la Brambilla – Il governo ci faccia capire se si tratta di una misura di protezione legata alla pandemia oppure un modo per mettere alla porta migranti scomodi. Nel verbale di respingimento non c’è una riga spesa sulla questione epidemiologica specifica per quei Paesi. Tra decreti ministeriali e della Presidenza del Consiglio è stata fatta una gran confusione. Un balletto di date e decisioni, almeno sulla black list, la cui scadenza è fissata al 7 ottobre. Vediamo cosa accadrà dopo, se il governo deciderà di allungare i termini così come ha fatto per lo stato di emergenza pandemico, prorogato al 31 gennaio 2021. In mezzo ci sono la vita, il futuro e le speranze di queste persone, trattate come dei detenuti e poi rispedite al mittente, nei Paesi d’origine, come pacchi postali. Nel frattempo, da luglio a oggi, molti hanno visto scadere il permesso di soggiorno e noi ci siamo attivati per ottenere dal governo almeno una proroga oltre il 31 agosto. Ma poi c’è il problema dei visti. Anche quelli scadono e per il rinnovo i dominicani si devono rivolgere alla nostra ambasciata competente, a Panama e non a Santo Domingo. Insomma, un pasticcio colossale”.
Fino a qui le leggi, i regolamenti e le possibili conseguenze giudiziarie a colpi di carte bollate. Manca il rovescio umano e umanitario della vicenda, il racconto degli involontari protagonisti: “Le mie due figlie, Ana Dolores e Marianny, erano su quel volo a luglio. Le aspettavo dopo averle lasciate a Santo Domingo alcuni mesi prima dai nonni. La pandemia le aveva costrette a ritardare il rientro. Sbarcate a Malpensa a luglio non sono mai uscite dall’aeroporto. Quando ho chiamato per avere spiegazioni la polizia di frontiera mi ha risposto ‘se le vuoi vedere torna al tuo Paese con loro’. A quel punto ho capito che la situazione era seria e sono andata di persona a Malpensa”. Ana Mercedes De La Cruz, originaria di Santo Domingo, vive in Italia da anni e dal 2018 anche le figlie, di 16 e 20 anni, hanno preso la residenza nel nostro Paese, a Napoli. La donna racconta il suo incubo: “Ana e Marianny sono arrivate il lunedì pomeriggio e assieme agli altri respinti sono state lasciate dentro una stanzetta dell’aeroporto a dormire su delle poltrone, senza doccia e bidet per quasi quattro giorni, rifocillate solo con i panini. Così si trattano los perros de ruta, i cani di strada. Quando sono arrivata a Malpensa non me le hanno neppure fatte vedere, abbracciare. Io stessa ho passato la notte su una sedia dentro all’aeroporto. Poi la mattina del quarto giorno, verso le 11,45, sono state rimesse a bordo di un aereo in partenza per Santo Domingo. Con loro parlo e chatto solo via telefono”.
Lo stesso discorso vale per gli altri respinti alla frontiera di Malpensa il 20 luglio e le altre decine rimaste bloccate nei rispettivi Paesi d’origine: “Mio nipote di appena 2 anni era su quel volo arrivato a Milano assieme ai genitori, tutti residenti in Italia, a La Spezia – racconta Judith, la nonna del bambino, contattata in Repubblica Dominicana – Già in aeroporto è stato poco bene a causa di un’infezione probabilmente presa proprio a Malpensa e al padre non è stato consentito di uscire neppure per comprare del latte, se non scortato dalla polizia. Sono stati trattenuti per quattro giorni e nel frattempo il bambino è peggiorato, ma nonostante tutto sono stati rimessi su un volo di ritorno a Santo Domingo. Adesso mio nipote sta molto male, è ricoverato in ospedale, speriamo bene”.
L’Asgi, per questo caso specifico, ha presentato un ricorso d’urgenza. Tra i primi ad occuparsi della vicenda e a parlare di scandalo paradossale è stata Mercedes Frias, ex parlamentare nelle fila di Rifondazione Comunista durante la brevissima legislatura del governo Prodi tra il 2006 e il 2008. La Frias, origini dominicane, vive in Italia da trent’anni e sulla storia dei suoi connazionali e degli altri ‘dannati’ respinti ha il dente avvelenato: “È un salvinata fatta da un governo in cui ci sono pezzi importanti di sinistra. Da subito mi sono attivata a livello politico per segnalare quanto era accaduto a Malpensa, trovandomi davanti ad un muro di gomma. Una misura arbitraria decisa con la scusa del rischio pandemico, ingiustificabile per molti versi. Parlo del mio Paese, dove i contagi giornalieri sono circa 500 al giorno, 519 ieri per complessivi 22.400 da marzo scorso, con 2.100 vittime, appena tre ieri. Vogliamo parlare dei numeri di altri Paesi per cui non c’è alcuna preclusione all’ingresso in Italia? Oltre ai miei connazionali ci sono decine, se non centinaia di peruviani, di bengalesi bloccati da mesi”. Infine un paradosso nel paradosso. Almeno 3 dei 19 bloccati a luglio a Malpensa e rispediti in Repubblica Dominicana hanno riprovato ad entrare da Malpensa un paio di settimane dopo, facendo però prima scalo in un altro aeroporto europeo. Le autorità doganali italiane non hanno evidenziato alcuna anomalia, non essendo voli ‘schedati’, e i tre sono entrati in Italia senza problemi.