Durante l’emergenza coronavirus, per due pazienti cronici su cinque (40%) visite, esami o interventi sono stati annullati. Mentre uno su tre (33%) ha avuto difficoltà a rimanere in contatto con lo specialista di riferimento o con i centri per la cura della propria patologia. E ancora più di un paziente su dieci (10%) non ha trovato i dispositivi di protezione o i propri farmaci, perché molto spesso erano utilizzati per pazienti affetti da Covid-19. A mettere nero su bianco questo “senso di abbandono e di incertezza”, che tanti malati cronici e rari hanno affrontato durante l’emergenza, è l’ultimo report (il 18esimo) di Cittadinanzattiva: “Isolati ma non soli: la risposta alla pandemia nel racconto delle associazioni“. Il rapporto, che nasce dal racconto di 34 associazioni aderenti a Cittadinanzattiva, sottolinea inoltre che “alle difficoltà pratiche si sono aggiunti i disagi psicologici, segnalati da quasi tre cittadini su cinque: incertezza, paura, ansia, tristezza, senso di solitudine, angoscia, fatica, confusione. Sono questi gli effetti che la pandemia ha scatenato sui pazienti con malattie croniche e rare, a partire dal lockdown e con conseguenze ben visibili ancora oggi”.
Il report di Cittadinanzattiva propone di spostare alcune prestazioni dall’ospedale al territorio o al domicilio, come “la somministrazione di farmaci per pazienti oncologici, al di fuori degli ospedali, utilizzando strutture territoriali o il domicilio del paziente; il passaggio a vie di somministrazione terapeutica più facilmente gestibili, rispetto all’infusione, per quei farmaci disponibili nella doppia tipologia di somministrazione e a parità di indicazione terapeutica autorizzata”. E ancora la consegna al domicilio, se il paziente avesse difficoltà a spostarsi, di terapie farmacologiche normalmente distribuite in modalità diretta; la somministrazione dei vaccini in luoghi alternativi ai centri vaccinali e più prossimi ai cittadini come presso i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta, i luoghi di lavoro, le farmacie, le scuole.
Alla luce del quadro tracciato dal Report, Cittadinanzattiva sottolinea infatti la necessità “ripartire da cose tanto scontate quanto trascurate: in primo luogo, il potenziamento del fascicolo sanitario elettronico e l’avvio di procedure di semplificazione per accedervi; in secondo luogo, l’incremento dei servizi di telemedicina per controlli e consulti, e per la gestione dei pazienti al domicilio; infine, la messa in rete delle farmacie con gli altri attori che tutelano la salute pubblica, per favorire sinergie e con particolare attenzione alle aree interne laddove i servizi sono rarefatti, la percentuale di persone con malattia cronica molto alta anche per questioni demografiche, il ricorso all’ospedalizzazione spesso improprio per la mancanza di alternative rassicuranti”. Serve poi “recuperare il tempo per l’ascolto e per la relazione, adottando modalità di presa in carico e di gestione dei pazienti cronici orientate alla semplificazione e al superamento delle difficoltà burocratiche, come richiesto dal 55,2% delle associazioni dei malati cronici. Per ridurre la burocrazia si devono portare a regime alcune importanti procedure sperimentate durante il periodo di emergenza, come la ricetta dematerializzata e il rinnovo automatico dei Piani terapeutici. Ma anche consentire un accesso più veloce ai farmaci contro il dolore, facilitare i percorsi di riconoscimento dell’invalidità, garantire un’assistenza farmaceutica e protesica non solo efficace, ma anche equa su tutto il territorio nazionale”.
Nel 2019, l’82% delle persone con malattia cronica o rara ha registrato un ritardo di diagnosi dovuto a vari fattori come la sottovalutazione dei sintomi, la mancanza di personale specializzato sul territorio, le liste d’attesa. È necessario che ora “Torniamo a curarci”, come dice la campagna di informazione appena lanciata da Cittadinanzattiva. Per far questo, “occorre pianificare percorsi e procedure ad hoc per tutte le persone fragili e per coloro, familiari o caregiver, che li sostengono; occorre offrire uniformità e pari opportunità di accesso ai servizi, a prescindere dal luogo di residenza; occorre investire sul ruolo del caregiver attraverso una sua adeguata formazione e soprattutto attraverso la semplificazione del suo percorso di riconoscimento della qualifica”, conclude Cittadinanzattiva.