“Milano, fra le città lombarde, oggi ha i guai maggiori. Sei mesi fa la metropoli è stata risparmiata da quello che è accaduto a Bergamo. Ma ora rischia un gravissimo problema sanitario perché allora per curare i malati gravi Covid (a Bergamo, Brescia e Lodi) abbiamo usato tutte le terapie intensive regionali”. Così Antonio Pesenti, direttore del dipartimento di Rianimazione del Policlinico e coordinatore delle terapie intensive nell’Unità di crisi della Regione Lombardia per l’emergenza Coronavirus, mette in guardia, in un’intervista al ‘Corriere della Sera‘, sulle conseguenze dell’aumento dei contagi che si sta registrando nel capoluogo lombardo. “Parlo da cittadino: i giovani dovrebbero rinunciare subito, per due o tre settimane, all’happy hour. Adesso si chiederebbe loro un sacrificio modesto. Se Milano dovesse vivere la situazione di marzo ed aprile la gestione sanitaria sarebbe molto complessa”.
“Al momento non conosciamo il reale numero degli infetti, e questi dati – sottolinea Pesenti – non ce li può dare nessuno, nonostante tracciamenti e tamponi. Si tratta di stime; le uniche armi efficaci sono preventive: distanziamento sociale e mascherina. Se verranno prese le decisioni giuste siamo ancora in grado di contenere la curva dei contagi”, ha aggiunto. “La priorità del Comitato scientifico lombardo ora dovrebbe essere di sicuro individuare e trattare il maggior numero possibile di focolai che si concentrano ora nelle famiglie; in più dobbiamo evitare in ogni modo di sovraccaricare gli ospedali. Già oggi i pronto soccorso del Milanese sono in affanno: non appena arriva un malato Covid i protocolli bloccano di fatto la normale attività. Sono necessarie scelte tempestive per non ritrovarci in difficoltà molto peggiori nel pieno dell’inverno”, risponde il direttore della Rianimazione del Policlinico. “Ieri in Lombardia avevamo 53 pazienti in rianimazione, tutti con polmonite da Covid, di cui il 70% intubati; a marzo-aprile la percentuale era del 95%. La situazione è ancora gestibile. Al contrario sono in affanno i reparti a media-bassa intensità”, conclude Pesenti.