Ha ucciso la figlia di due anni in un momento di follia a suo dire causato dalla stregoneria fatta dalla famiglia della madre della bambina. E’ questa la tesi difensiva di Kouao Jacob Danho, 38anni, ivoriano, che circa un anno fa ha ammazzato a coltellate la piccola Gloria a Cremona. Per questo delitto l’uomo (reo confesso) sta affrontando un processo in Corte d’Assise. Ed è proprio davanti ai giudici (Anna di Martino, Francesco Beraglia e sei popolari) che l’imputato ha raccontato la storia della magia nera, accusando la sua ex compagna Audrey e una santona che la donna frequentava in Costa d’Avorio e che con lei pregava. Un delitto, ha detto, commesso per vendicarsi di una more finito male.
“Abbattuto e disperato, mi è venuto l’impulso di uccidere me e mia figlia. Pensavo che sua madre non l’amasse”, ha spiegato il 38enne in aula. “Ho avuto una follia nella mia testa, sono come impazzito, ho perso la testa, mi ha preso la follia. Una follia non naturale, ero vittima di una stregoneria”, ha aggiunto Danho, secondo quanto riportato dal quotidiano online CremonaOggi. L’omicidio, che in un primo tempo l’uomo aveva attribuito ad un rapinatore (rivelatosi inesistente) e che successivamente ha invece confessato di aver commesso, è avvenuto nel giugno del 2019 in un appartamento, non lontano dal centro città, dove l’ivoriano viveva da pochi giorni. La figlia e sua madre erano invece ospiti in una casa protetta. Sull’imputato, ad oggi in carcere a Pavia e difeso dai legali Giuseppe Bodini e Michele Tolomini, sarà disposta una perizia psichiatrica.
Anche la madre di Gloria, parte civile nel procedimento, ha parlato al processo come testimone. In lacrime, ha ripercorso i primi momenti di vita insieme all’imputato. “All’inizio ero felice – le parole della donna riportate dal sito di informazione di Cremona – Abitavamo a San Daniele e avevamo in permesso di soggiorno per due anni”. Danho e Audrey si sono conosciuti 4 anni fa in Libia. Ma quando la donna scoprì che il compagno aveva un’altra famiglia in Costa d’Avorio la felicità di coppia svanì. “Sono rimasta delusa – ha raccontato ancora la donna – Con me era cattivo, aveva iniziato ad alzare le mani. Era lui a gestire tutto. Mentre io ero a casa come una schiava a fare quello che voleva, lui di soldi non me ne dava. L’ho lasciato perché non volevo vedere crescere la mia bambina nella violenza”.
La bimba, tra l’altro, poteva essere salvata. L’ha scritto nero su bianco a inizio ottobre il medico legale, secondo cui le ferite al polmone e all’addome inferte dal padre non erano mortali. “Se soccorsa in tempo – aveva detto la professionista Margherita Fornaciari, sentita come testimone – le probabilità di sopravvivenza sarebbero state elevatissime”. Dopo aver ucciso la figlia, Danho si era a sua volta accoltellato. I tagli autoinferti sono rimasti a livello superficiale. Solo a dicembre dello scorso anno, dal carcere pavese, il 38enne confessò di aver ucciso la figlia. Le tracce di sangue e le impronte sul coltello, tuttavia, conducevano fin da subito a lui.