Dopo l'operazione di quest'estate, che aveva portato all'arresto di Francesco Antonio Stillitani e suo fratello Emanuele, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dal sostituto della Dda Antonio De Bernardo hanno emesso un nuovo provvedimento di sequestro preventivo
I tentacoli della ‘ndrangheta sul turismo di lusso in Calabria. I villaggi Napitia a Pizzo Calabro e Garden Resort Calabria a Curinga erano stati già sequestrati a luglio nell’ambito dell’inchiesta Imponimento contro le cosche Anello e Fruci di Filadelfia in provincia di Vibo Valentia. Quest’estate, nel blitz sono stati arrestati l’ex assessore regionale Francesco Antonio Stillitani e suo fratello Emanuele. Accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione e danneggiamento aggravato, i due imprenditori finiti prima in carcere e poi ai domiciliari stamattina sono stati raggiunti da un provvedimento di sequestro preventivo emesso d’urgenza dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dal sostituto della Dda Antonio De Bernardo.
La guardia di finanza, con la collaborazione dello Scico, ha sequestrato altre due società, 16 terreni, 8 fabbricati e 5 automezzi. Complessivamente ammontano a 17 milioni di euro i beni a cui sono stati applicati i sigilli. Dopo il primo sequestro dei due villaggi turistici, convalidato dal giudice per le indagini preliminari, gli approfondimenti investigativi effettuati dal Nucleo di polizia economico-finanziaria e dal Gico hanno consentito ai pm di risalire alle due società con sede a Pizzo Calabro sequestrate oggi e riconducibili ai fratelli Stillitani: la Golfo del Sole s.r.l. e la “Garden sud s.r.l.”.
Stando all’attività dei finanzieri guidati dal colonnello Virno, in sostanza le imprese erano lo strumento attraverso il quale i villaggi turistici venivano formalmente gestiti dai due imprenditori arrestati. Con l’inchiesta “Imponimento”, la Dda è riuscita a scoprire come la famiglia mafiosa Anello, oltre allo sfruttamento boschivo e del movimento terra, puntava al settore turistico. Era quello, infatti, il core business della cosca di Filadelfia che, secondo gli inquirenti, poteva contare sull’ex assessore regionale Francesco Stillitani e su suo fratello Emanuele, accusati di aver rafforzato la sfera di influenza del clan, rendendosi parte attiva in condotte estorsive e favorendo la gestione dei servizi e delle forniture dei villaggi turistici.
Considerato “l’uomo politico di riferimento del sodalizio”, Stillitani è stato assessore regionale con le giunte di centrodestra, guidate prima da Giuseppe Chiaravalloti e poi da Giuseppe Scopelliti. Erano gli anni in cui, secondo i magistrati, la ‘ndrangheta avrebbe sostenuto l’ex assessore Stillitani. Il politico otteneva “appoggio in occasione delle competizioni elettorali che lo vedevano candidato attraverso plurimi accordi politico-mafiosi”. Per i pm era un do ut des in quanto “gli Stillitani consentivano all’organizzazione di infiltrarsi e di avere voce in capitolo negli affari relativi alla gestione di strutture turistiche, concorrendo nelle condotte estorsive, favorendo l’affidamento di opere, forniture e servizi ad imprese contigue alla cosca, garantendo l’assunzione di sodali o di soggetti comunque indicati” dalla cosca a cui riconoscevano “un contributo in denaro in ragione delle attività imprenditoriali oggetto di tutela mafiosa”.