La procura ha chiesto il rinvio a giudizio dei sergenti del 70esimo Stormo che due anni e mezzo fa sottoposero la ventenne veneziana Giulia Jasmine Schiff - dopo il conseguimento del brevetto - a un rito fatto di sberle, colpi alla testa, spintoni contro l'ala di un aereo. La relazione delle gerarchie del corpo aveva derubricato tutto a "prassi consolidata" per "rafforzare lo spirito di corpo". Nell'istruttoria furono sentiti solo uomini. Lei? Mai
Il fatto era (quasi) sotto gli occhi di tutti. Una cerimonia di festeggiamento, quasi un’iniziazione alla vita militare. Ma per la Procura di Latina, e per la stessa vittima di un rito qualificato come violento, ciò che è accaduto il 4 aprile 2018, non è altro che un “reato continuato di lesione personale, pluriaggravato”, commesso da otto persone. Si tratta dei sergenti, in forza al 70° Stormo dell’Aeronautica di Latina, per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio nell’inchiesta nata dalla denuncia presentata dalla veneziana Giulia Jasmine Schiff, l’allieva ufficiale che ha dovuto fare i conti con il nonnismo in caserma. Ma le gerarchie militari, in via amministrativa, hanno già assolto i sergenti, classificando l’episodio tra le goliardate tipiche della tradizione militare.
E pensare che Giulia, ventunenne di Mira, aveva avuto fin da ragazza il sogno di volare. Per inseguirlo, si era iscritta all’Istituto tecnico aeronautico. Bravissima, perché al concorso per l’ammissione di dieci allievi ufficiali di complemento dell’Aeronautica era arrivata al quarto posto su duemila iscritti. Quando il sogno si è realizzato, al termine dell’esibizione solista che sanciva il conseguimento del brevetto di pilota, ecco il fattaccio. Era stata colpita a sberle, la testa spinta contro l’ala di un aereo. Poi era stata gettata in piscina, quindi colpita ancora in testa dai commilitoni. E’ un rito di iniziazione riservato a tutti i novellini quello che compare nel video diffuso da Giulia? Ecco cosa scrive il procuratore militare Antonio Sabino: “Tutti i sergenti, nel contesto di una celebrazione di tradizione goliardica denominata ‘tuffo nella piscina del pingue‘, sollevavano da terra e trasportavano in posizione orizzontale, la paricorso sergente allievo ufficiale Schiff e, tenendola ferma per le gambe e le braccia, con dei fustelli di legno le infliggevano violenti colpi sul fondoschiena e pugni; quindi, le facevano urtare la testa contro la semi-ala in mostra statica posta in prossimità di una piscina, dove, infine, la gettavano: con tale condotta usavano violenza nei confronti della predetta sergente Schiff, cagionandole plurime escoriazioni ed ecchimosi ai glutei”. Un capo d’accusa eloquente.
La prima segnalazione è partita nell’ottobre 2018 dal padre di Giulia (ex allievo dell’accademia), che aveva inviato messaggi, foto e un video al generale Vincenzo Nuzzo, comandante dell’Istituto di scienze militari aeronautiche di Firenze. C’erano le immagini delle tumefazioni sul corpo e il video che riprendeva la “celebrazione” che ha lo scopo “di rafforzare lo spirito di corpo”. Le frasi sono nelle conclusioni dell’inchiesta sommaria, la “relazione sull’evento” sottoscritta dal generale Riccardo Rinaldi dopo un accertamento per soli uomini. Infatti Giulia Schiff non è nemmeno stata sentita. Ci sono solo le testimonianze di ufficiali e degli otto colleghi che ora sono imputati. La relazione è una specie di assoluzione anticipata, in netto contrasto con la tesi della Procura militare che ora chiede i rinvii a giudizio. Le parole più ricorrenti nella relazione sono “tradizione”, “prassi consolidata” e “manifestazione goliardica”, per escludere che Giulia sia stata sottoposta a un rito violento, abbia subito lesioni o si fosse lamentata. Anzi, “era molto serena e felice, senza mostrare alcuna remora verso i colleghi”.
Testuale, il generale conclude: “L’indagine ha rappresentato una opportunità di approfondimento di alcune prassi consolidate su cui si impone la necessità di esercitare un maggiore controllo, al fine di non consentire attraverso comportamenti non previsti, la compromissione dell’incolumità personale”. E’ il massimo della concessione fatta alla pilota che ha presentato la denuncia. Il militare afferma “la necessità di mantenere vive le tradizioni e lo spirito di corpo” e suggerisce di regolare “ogni tipologia di attività che afferisca la sfera della goliardia collettiva”. L’obiettivo? “Non compromettere l’incolumità personale”. Ma anche “non esporre l’amministrazione a possibili strumentalizzazioni degli accadimenti che possano compromettere alla Forza Armata l’immagine dei valori di cui essa è custode”.
Dopo la decisione di rendere pubblico il fatto, nel novembre 2018, Giulia è stata espulsa dall’Accademia. Secondo i vertici militari aveva manifestato “insofferenza alla disciplina, all’obbedienza, alla subordinazione, al rigore, alla puntualità e allo spirito di sacrificio necessari per intraprendere una carriera militare”. Ovviamente la pensa in modo opposto l’avvocato romano Massimiliano Strampelli, che rincara: “C’erano stati uno o più briefing nei quali si minacciavano gli allievi dei vari corsi nel caso in cui avessero solidarizzato con lei. Giulia è stata espulsa per inattitudine militare e poi reintegrata in via cautelare dal Consiglio di Stato. Attendiamo a fine ottobre il giudizio nel merito del Tar del Lazio”.