Per il pm Gianfranco Gallo, stando a quanto ricostruito finora, fu Marco Venturi a uccidere la donna "per futili motivi" e con "dolo d'impeto": gli viene contestato l'omicidio volontario aggravato. Come si legge nell’atto di chiusura indagini, è anche accusato di episodi di stalking e lesioni contro la fidanzata, tra il 2014 e il 2016. Il giudice per le indagini preliminari ha negato l'arresto chiesto dal pubblico ministero
L’accusa è di averla uccisa “stringendole al collo una sciarpa oppure il proprio braccio” per strangolarla. A oltre quattro anni da quando Carlotta Benusiglio venne ritrovata ‘impiccata’ a un albero nei giardini di piazza Napoli, la procura di Milano ha chiuso le indagini. E contesta a Marco Venturi, all’epoca fidanzato della stilista 37enne, il reato di omicidio volontario. Per il pm Gianfranco Gallo, stando a quanto ricostruito finora, fu lui a uccidere la donna “per futili motivi” e con “dolo d’impeto”.
La ragazza, anche perché affetta dalla “sindrome di Eagle”, sarebbe “deceduta subito dopo per asfissia meccanica da strangolamento” e lui avrebbe simulato “una impiccagione sospendendo parzialmente” con la sciarpa il cadavere ad un albero di piazza Napoli, il 31 maggio di quattro anni fa, verso le 3.40 di notte. Venturi, come si legge nell’atto di chiusura indagini, è anche accusato di episodi di stalking e lesioni contro la fidanzata, tra il 2014 e il 2016.
Gli viene contestato di averla più volte presa a schiaffi, di averla minacciata, di averla colpita con calci, anche per “moti di gelosia”. I familiari della donna nel procedimento sono assistiti dai legali Gian Luigi Tizzoni e Pier Paolo Pieragostini. Venturi, difeso dal legale Andrea Belotti, ha vissuto una parabola giudiziaria nelle complesse indagini: da persona informata sui fatti, col fascicolo in via di archiviazione, a indagato per istigazione al suicidio fino ad accusato di omicidio volontario aggravato.
Il giudice per le indagini preliminari ha negato l’arresto chiesto dal pubblico ministero. Secondo una perizia disposta dal gip nel 2018, la donna è morta “con grande probabilità” a causa di una “asfissia prodotta da impiccamento” e sul cadavere riesumato non c’erano “lesioni scheletriche” riconducibili ad un “eventuale strangolamento, parziale o totale, con successiva sospensione del corpo”.