Le cause che hanno portato alla morte di massa di organismi acquatici nel Golfo di Avacha nel sud-est della Kamchatka sarebbero da ricercarsi non nell’attività dell’uomo, bensì in un fenomeno naturale. Secondo le conclusioni ufficiali dell’Accademia russa delle scienze (Ras) rese note il 12 ottobre, è stato un fenomeno delle cosiddette “maree rosse”, ossia fioritura di microalghe tossiche, ad aver ucciso il 90 per cento degli abitanti del fondale di quella zona del Pacifico, come hanno potuto constatare i sommozzatori durante la spedizione organizzata dalla riserva naturale di Kronotskij lo scorso 5 ottobre.

“Se davvero sono state le maree rosse ad aver causato tale mortalità sulle coste dell’oceano – ha detto al Ilfattoquotidiano.it lo studioso di mammiferi marini Vladimir Burkanov che lavora sulla penisola nell’estremo oriente della Russia da più di trent’anni – è molto più grave di un inquinamento industriale circoscritto. Vuol dire che i sistemi dell’oceano non funzionano più normalmente, è un campanello d’allarme del cambiamento climatico”, ha messo in guardia il ricercatore presso la filiale di Kamchatka dell’Istituto di geografia del Pacifico.

La situazione nella regione di Kamchatka, definita da Greenpeace Russia un “disastro ambientale”, è finita sotto i riflettori a fine settembre dopo le segnalazioni di diversi surfisti che hanno riportato ustioni oculari e altri gravi problemi di salute dopo essere entrati in contatto con l’acqua della spiaggia di Khalaktyrskij, nel Golfo di Avacha. Stiamo parlando di zone non solo vicine al sito patrimonio naturalistico dell’Unesco dei vulcani di Kamchatka, ma che riforniscono del suo pesce e frutti di mare tutto il mondo. Nel 2019 la Kamchatka ha esportato 318,2 mila tonnellate di questi prodotti per un totale di circa 716,5 milioni di euro, secondo i dati ufficiali della regione.

Dopo l’accaduto il Comitato investigativo della Federazione russa ha aperto un’inchiesta e il presidente Vladimir Putin sta monitorando personalmente la situazione, ha detto il suo portavoce Dmitrij Peskov sottolineando che “l’ecologia è una delle priorità” del Cremlino.

Infatti le battaglie ambientaliste in Russia diventano sempre di più un fattore esplosivo che alimenta le proteste locali. Nei mesi scorsi Putin è intervenuto per mettersi dalla parte dei manifestanti nella Baschiria, come aveva fatto nel 2019 nell’oblast di Arcangelo, dopo che alcune decisioni dei governi locali erano state contestate con veemenza dagli ambientalisti.

Per ora gli unici risultati disponibili dalle analisi dei campioni d’acqua dal Golfo di Avacha e dalla spiaggia di Khalaktyrskij sono quelli degli esami condotti dagli enti statali e, secondo il vice presidente del Ras, Andrej Adrianov, non è stato individuato il superamento del limite “per nessuna sostanza chimica potenzialmente pericolosa”. In particolare, secondo i risultati diffusi l’8 ottobre dal Rosprirodnadzor, l’ente preposto alle questioni ambientali, nei campioni erano presenti concentrazioni elevate di ione fosfato (10,8 volte oltre il limite consentito), ferro (6,7 più alto del limite), fenoli (2,9 oltre il limite). Questi superamenti del limite “non potevano causare la morte di massa” degli organismi acquatici verificatasi in Kamchatka, ha detto Adrianov. Invece nell’acqua sono state trovate in alta concentrazione le tossine prodotte dalle microalghe Gymnodinium, le quali, secondo la conclusione del Ras, sono responsabili dell’accaduto.

Per Greenpeace Russia “i risultati ottenuti non sono sufficienti a determinare il quadro completo di quanto accaduto”, l’organizzazione segnala che nei campioni raccolti non sono stati analizzati, ad esempio, i pesticidi e attende di avere i risultati dei campioni prelevati dal proprio team. Proprio il vicino poligono di Kazelskij, dove sono interrati veleni agricoli, è stato indicato come possibile causa dell’inquinamento. Ma i risultati delle analisi resi noti dal governo della regione il 12 ottobre non confermano questa versione.

Secondo lo studioso Vladimir Burkanov, la teoria delle maree rosse presenta delle “incongruenze”. Come ha spiegato al Fatto.it lo scienziato, si tratta di un fenomeno frequente in Kamchatka, che si verifica però soprattutto nella baia di Avacha, la piccola insenatura sulle rive della quale sorge il capoluogo Petropavlovsk-Kamchatskij, e dove l’acqua si scalda e ristagna, creando condizioni ideali per la proliferazione delle dinoflagellate, il nome scientifico delle microalghe. La baia di Avacha non va confusa col golfo omonimo dove appunto sono stati rinvenuti animali morti in queste settimane. Nel golfo, spiega Burkanov, non ci sono condizioni adatte per uno sviluppo così importante di queste alghe unicellulari, visto che si tratta di oceano aperto, dove si mescolano grandi masse d’acqua e dove non c’è abbastanza cibo da causare la proliferazione di una grande quantità di dinoflagellate.

“Credo che si tratti di un fenomeno più complesso – dice Burkanov – Credo che ci sia stato un inquinamento antropogenico nella zona della spiaggia di Khalaktyrskij. La sua origine va chiarita da persone competenti. E inoltre assistiamo ai processi naturali quando gli animali muoiono a causa delle maree rosse”. Qualche ipotesi sulle cause di inquinamento industriale lo studioso però ce l’ha. Nonostante le autorità locali abbiano smentito in questi giorni la presenza del carburante per i razzi in disuso sul poligono di Radygino vicino alle zone colpite, Burkanov è convinto che è ancora lì e che bisogna cercare meglio.

Se invece le maree rosse anomale fossero l’unica causa del disastro in corso, per Burkanov sarebbe molto peggio, visto che i danni dell’inquinamento si possono ripulire, mentre per porre rimedio alle disfunzioni del sistema oceanico bisogna prepararsi ad un lavoro di lungo corso.

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