“Abbiamo visto leader e presidenti di regioni governate dal centrodestra remare sistematicamente contro, facendo di Immuni uno strumento di battaglia politica e non un servizio di prevenzione che è poi una prestazione sanitaria. Sulla pelle della gente capisce? Questo è lo scandalo!”. Dalla sua postazione al Ministero guarda i numeri di Immuni con un mix di preoccupazione, rabbia e speranza. Bastano due domande, e il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa è un fiume in piena. Ha vissuto dall’interno la gestazione dell’App e le resistenze che ne sono seguite. Parla apertamente di un “delitto politico”, chiama in causa leader del centrodestra, governatori anche di sinistra e pure la Rai. “E’ stato un parto difficilissimo, ci hanno fatto la guerra da subito. Ma possiamo ancora vincerla”, dice dopo aver appena spento la tv.
Nel salotto di La7 il deputato Fausto Rampelli (Fdi) spiegava di non aver scaricato Immuni perché “dicono che non funziona e crea problemi”. E il sottosegretario parte in quarta: “Si rende conto? E’ il vicepresidente della Camera e sta mentendo spudoratamente. Immuni funziona benissimo e se ha dei limiti oggettivi funzionale rispetto al suo scopo, come non indicare l’ora e il luogo o le identità dei soggetti, è proprio perché si è scelto di tutelare al massimo l’anonimato di chi la usa”. Riavvolgiamo il nastro. “Immuni è stato un parto difficile. Se viene scaricata poco non è colpa degli italiani. Che venga ora scaricata questa patente di irresponsabilità sui cittadini è ingiusto”, è la premessa.
Per il sottosegretario i livelli di responsabilità sono molto diversi da come viene raccontato. “Sono le regioni che ci hanno fatto la guerra, da subito. Hanno fatto ben poco per incentivare l’uso dell’applicazione. Stento a trovare anche in quelle governate dalla sinistra qualcuno che abbia promosso pubblicamente Immuni dicendo “Io l’ho scaricata, fatelo anche voi”. Salvo Bonacini, forse. Ma l’Emilia è anche la regione che ha il più alto senso civico”. E andiamo al cuore del problema: “Qui c’è qualcuno che ha deciso di trattare Immuni come una cosa politica mentre è una prestazione sanitaria nazionale a tutti gli effetti e come tale andava supportata, non osteggiata. Salvini e la Meloni hanno intravisto subito la possibilità di contestare l’iniziativa del governo. Ma quando dico che sono irresponsabili mi riferisco al fatto che quell’applicazione è un servizio pubblico, non del governo”.
Per il sottosegretario il boicottaggio di Immuni rientra in una più ampia e deliberata campagna di attacco alle scelte del governo. “Guardi che non è diverso da quel che si è visto con la diffusione dei dati per i bollettini Covid. Anche nell’emergenza è mancato e sta mancando il principio di leale collaborazione tra istituzioni e livello di governo. Quando chiedi un dato alle regioni hai sempre dei buchi che impediscono allo Stato nella sua emanazione centrale, in questo caso l’esecutivo, di programmare interventi adeguati e tempestivi. E’una cosa sconvolgente e il destino di Immuni passa per questo fronte”.
Il sottosegretario ricorda che l’analoga app in Germania è stata scaricata da 20 milioni di persone. “Noi sapevamo che il livello per cui inizia ad essere efficiente è superati i 14 milioni. E’ stato fatto di tutto perché non ci arrivasse. Forse ce la possiamo ancora fare, se tutti fanno la loro parte”.
Dove tutti sta anche per il servizio pubblico radiotelevisivo. “Se la politica ha potuto fare di Immuni uno strumento di lotta è anche perché l’informazione non ha fatto pienamente il suo dovere. Credo che la Rai avrebbe potuto fare molto di più, ma ha scelto di trattare l’argomento tra le beghe dei partiti, infilandolo nei panini d’opinione tra contrari e favorevoli. Un minuto a Fratelli d’Italia, uno al Pd etc. Non come una risposta sanitaria. Se c’è uno stato di emergenza par condicio ed equilibrismi editoriali devono farsi da parte”.
Qualche ripensamento? “Anche il governo poteva comunicare meglio l’operazione. Poteva pretendere di più dalla Rai ma anche trovare il modo di spiegare bene come funziona, perché è utile, la mancanza di rischi per la privacy. Su questo anche noi dovremmo fare ammenda. Ora siamo sopra gli otto e grazie alla campagna di sensibilizzazione voluta dal governo abbiamo recuperato 1,5 milioni di download in due settimane. Io ci credo ancora”.