Nel corso delle indagini, sono emerse alcune situazioni paradossali. Ad esempio, i militari hanno scoperto che in una struttura alberghiera tra i beneficiari del servizio di assistenza figurava un uomo che da diverso tempo è detenuto in carcere in un'altra regione
Finti terremotati, ma soldi pubblici veri e destinati a chi la casa l’aveva persa. Nel corso delle indagini, condotte dalla Guardia di finanza di Teramo che ha denunciato 81 persone per truffa aggravata, sono emerse alcune situazioni a dir poco paradossali. I militari hanno scoperto che in una struttura alberghiera tra i beneficiari del servizio di assistenza figurava un uomo che da diverso tempo è detenuto in carcere in un’altra regione. In un altro caso, uno dei “finti” terremotati ha ottenuto il contributo dichiarando di abitare, ai tempi del sisma del 2016, in una struttura che si è scoperta essere una stalla per animali non adibita a uso domestico. Altri, per giustificare l’assenza di consumi invernali nelle nuove – inesistenti – abitazioni, hanno addotto motivazioni fantasiose, come il lavarsi con l’acqua piovana e riscaldarsi con la stufa a legna.
Loro e tutti gli altri hanno approfittato dello stato di emergenza dichiarato dopo il terremoto che colpì il Centro Italia nel 2016, affermando che risiedevano nei paesi colpiti dalla distruzione del sisma. In questo modo, sono riusciti ad accedere al contributo mensile riservato ai terremotati che avevano perso la propria casa e che stavano provvedendo a trovare un nuovo alloggio autonomamente. Nella vicenda sono risultati coinvolti anche due pubblici ufficiali, amministratori locali, segnalati per abuso d’ufficio.
I finanzieri hanno individuato “l’indebita percezione di fondi pubblici” dopo le indagini che la polizia giudiziaria ha condotto nel settore della spesa pubblica, riguardanti l’erogazione del Contributo di Autonoma Sistemazione (Cas) alle popolazioni colpite dal terremoto. Le somme di cui i “finti terremotati” si sono appropriati ammontano a 1,5 milioni di euro, di cui 884mila sequestrati preventivamente. Fino ad ora, soltanto quattro dei soggetti coinvolti hanno provveduto alla restituzione del contributo percepito indebitamente, per una somma complessiva di 57mila euro.