LE ESOTICHE SCORRIBANDE DEGLI STORICI CURIOSI - 3/4
Il primo volume della saga – La confraternita degli storici curiosi (Corbaccio) – era decisamente meglio. Più curato in linea generale, più ispirato, più denso di notazioni a margine della linea narrativa principale, più appassionante anche nella cavalcata avventurosa intrapresa non solo dalla protagonista Madeleine Maxwell, detta Max, ma da tutto il suo pool di colleghi dell’istituto di ricerche storiche Saint Mary. Grazie ad alcune capsule costruite tecnologicamente ad hoc nei sotterranei dell’istituto inglese i protagonisti vengono catapultati nel passato per rivivere avvenimenti degni di nota, grandi battaglie, discorsi memorabili, trattati cruciali, ghigliottine, matrimoni e massacri. Insomma, si studiano gli eventi storici nel momento in cui si svolgono per una sorta di testimonianza originale dell’epoca, di fonte primaria incontrovertibile (nel primo romanzo si fantasticava addirittura su una capanna a Betlemme…), rischiando il contagio di una malattia, il ferimento, addirittura la vita. Superato con curiosità il primo round, quello delle spiegazioni, della novità, del primo giro di ruota, la macchina letteraria di Jodi Taylor al rodaggio ne Le esotiche scorribande degli storici curiosi (Corbaccio) un po’ si inceppa. Le conseguenze ectoplasmiche del viaggio nella Londra di fine ottocento per vedere da vicino Jack Lo Squartatore agguantano sinistre l’ignaro lettore, ma dal ritorno delle due storiche, Max e l’amica Kal, nel presente la trama si sfilaccia nel tentativo di acciuffare nuovamente la ridda di personaggi che affolla il teatro storico dell’agire nel tempo. Così se nel primo volume (mettiamolo già ai voti: 7) il meccanismo pareva oliato e gustoso, nel secondo vale la massima del chi troppo vuole nulla stringe. Obiettivo leggerezza e commerciabilità sì, ma lo sbilanciamento di molte missioni nella seconda metà del racconto non fanno maturare l’avventura (di base una qualche manomissione di un romanzo shakespeariano con dirette conseguenze per il trono d’Inghilterra), allontanandosi mezza iarda da Jules Verne e avvicinandosi due iarde ad un comune racconto per ragazzi. Peccato perché ci aspettavamo qualcosa che pur nell’ironia deformante e caratterizzante della prima persona di Max potesse stuzzicare l’ingegno all’interno di quell’immenso tunnel della storia nel suo (ri)farsi. Voto (senza ritorno dal viaggio nel tempo): 6.