Vittorio Raso, 41 anni, condannato in primo grado a 20 anni per associazione mafiosa e traffico di droga, è ritenuto dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino uno degli uomini del gruppo guidato dai boss Adolfo e Aldo Cosimo Crea. L'Italia aveva 40 giorni per chiederne l'estradizione, ma la decisione del giudice ha fatto partire di nuovo la caccia all'uomo
Ricercato per quasi due anni, arrestato a Barcellona e poi scarcerato dopo pochissimi giorni, prima che l’Italia potesse ottenere la sua estradizione. Vittorio Raso, 41 anni, condannato in primo grado a 20 anni per associazione mafiosa e traffico di droga, ritenuto dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino uno degli uomini del gruppo di ‘ndrangheta guidato dai boss Adolfo e Aldo Cosimo Crea, è riuscito a sfuggire ancora alla giustizia. Secondo quanto riporta La Stampa di Torino, un giudice di Barcellona che avrebbe dovuto convalidare l’arresto lo ha liberato per un cavillo. Uscito di cella, Raso ha fatto perdere ancora una volta le sue tracce.
Ancora una volta perché il 41enne era latitante da due anni. Nel 2018 era stato condannato in primo grado a 20 anni di reclusione per i reati di associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, detenzione e cessioni di stupefacenti. Era un primo risultato di un’inchiesta della Dda di Genova chiamata “Pret à porter”: importava marijuana e hashish dalla Spagna attraverso la Francia a bordo di camion carichi di frutta. Dopo la condanna, Raso si era dato alla macchia e si era nascosto all’estero.
Poi, l’8 ottobre 2019 la squadra mobile della Questura di Torino avrebbe dovuto mettergli le manette ai polsi nell’ambito dell’inchiesta “Pugno di ferro” che, insieme a un’indagine parallela chiamata “Criminal consulting”, aveva portato all’arresto di alcuni presunti ‘ndranghetisti dediti all’usura. Lui è accusato di aver commesso due episodi, uno dei quali in concorso con le mogli dei due fratelli Crea, tra i boss più potenti della ‘ndrangheta a Torino. Mentre molti suoi conoscenti finivano in cella, Raso ha coltivato una seconda vita in Spagna sotto falso nome. La sua cattura, sabato scorso, era l’esito di un lavoro investigativo lungo, pedinamenti, intercettazioni e accertamenti. Prima era stato localizzato nei dintorni di Malaga, poi nella capitale catalana, dove arrivavano alcuni complici da Torino per portare soldi e documenti falsi. Raso stava in un lussuoso appartamento in un grattacielo nella Diagonal Marc della città catalana, riportano i quotidiani spagnoli, e quando è stato preso aveva con sé dei documenti falsi.
Sempre dai quotidiani spagnoli si apprende che Raso, a giugno, aveva organizzato la sua partenza verso il Brasile via mare: gli investigatori avevano individuato l’imbarcazione, sulla quale il ricercato non è mai salito. Hanno dovuto aspettare ancora alcuni mesi prima di prenderlo. Uno sforzo vanificato dal juez de guardia della Audencia nacional. L’Italia, dopo la convalida dell’arresto, avrebbe avuto quaranta giorni di tempo a disposizione per chiedere l’estradizione. Ora è tutto da rifare, anche se un’inchiesta sui complici che ne hanno facilitato la latitanza è già in corso.