“Nel febbraio, marzo 2014, Peppino Falvo venne da me e mi disse che i De Novara mi avrebbero appoggiato nella campagna elettorale. Franco De Novara in cambio voleva che la figlia Francesca venisse nominata assessore. Loro, nel frattempo, avrebbero provveduto a farmi prendere dei voti“. Gli ingredienti della classica storia di ‘ndrangheta ci sono tutti: il clan che vuole controllare il territorio, il politico che fa da intermediario e il candidato sindaco che si affida ai voti della mafia per farsi eleggere. Questa volta, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, è successo a Lonate Pozzolo, il paese di Malpensa nel Varesotto. A spiegare com’è andata è proprio il protagonista della vicenda: si tratta di Danilo Rivolta, primo cittadino di Lonate dal 2014 al 2017, quando fu arrestato su richiesta della procura di Busto Arsizio per varie condotte corruttive e concussive. “Francesca De Novara ha preso 300 voti“, spiega in un interrogatorio, affermando di averla “effettivamente nominata assessore alla cultura” dopo la vittoria alle urne. Parole che hanno spinto la Direzione distrettuale antimafia di Milano ad iscrivere nel registro degli indagati Rivolta, l’ex assessora De Novara, il padre Salvatore (detto Franco), il coordinatore regionale dei Cristiano democratici Peppino Falco e Cataldo Casoppero, già condannato lo scorso 25 settembre dal Tribunale di Busto Arsizio a 14 anni di reclusione perché ritenuto affiliato alla Locale dell’Ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo.

I provvedimenti scaturiscono dalla ormai nota indagine denominata ”kriMIsa” che i carabinieri di Milano, con il coordinamento della locale Dda, portano avanti ormai dal 2017 e che finora ha consentito l’esecuzione di 34 misure cautelari in carcere il 4 luglio 2019 e altre 11 il 3 settembre 2020. Gli indagati di oggi, a cui è stato notificato l’avviso di conclusione indagini, sono accusati a vario titolo di corruzione elettorale e scambio elettorale politico-mafioso. La vicenda riguarda le elezioni amministrative del Comune di Lonate Pozzolo del maggio 2014 quando, secondo gli inquirenti, Rivolta fu eletto grazie all’appoggio della locale ed in particolare di Casoppero, attraverso un pacchetto di 300 voti, in cambio della promessa di assegnare un assessorato a un candidato “gradito” alle famiglie cirotane mafiose. L’operazione di scambio fu, secondo l’accusa, organizzata e mediata da Peppino Falvo, considerato sul territorio il “re del Caf”.

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