Uno degli artisti più quotati al mondo e al tempo stesso un’identità misteriosa, tenuta nascosta per evitare i processi di ‘starità’ e divizzazione del nostro tempo mettendo invece in primo piano l’opera e il suo messaggio. Un pensiero politico di condivisione e libertà che Banksy nelle sue opere ha incarnato negli anni tra le bizzarrie urbane dei primi animali sui muri di Bristol e Londra – topi, scimmie e mucche – fino alla grande bouffe della Ragazza con palloncino, quadro autodistrutto nel 2018 al momento della battuta all’asta per la cifretta di 860 mila sterline, passando per le scorribande autoespositive e ‘fuorilegge’ nei grandi musei della terra.
In Banksy – L’arte della ribellione, documentario con uscita evento in sala dal 26 al 28 ottobre, il regista Elio Espana raccoglie le testimonianze di writers divenuti street artist al seguito di Banksy. Oltre a Ben Eine anche le testimonianze di Will Ellsworth-Jones, suo biografo ufficiale, e l’amico fotografo Steve Lazarides.
Con un arco temporale pressoché completo che copre anche i lavori sul muro di Gaza e la mostra ormai must di arte contemporanea Santa Ghetto, dove tra i vip accorsi appaiono anche la fu coppia Brangelina e un deliziato Jude Law, questo doc mostra sottopelle una inscindibile fratellanza dell’entourage dell’artista nel celarne la vera identità. Non solo arte come manipolazione estetica di culturemi d’attualità, ma critica caustica al potere e ai lati oscuri della società in un turbinio d’immagini “stradali” pensate per le persone che passano: un’espansione massima del Pop sia in concettualità che spazio.