Tempo quasi scaduto. Mancano poco più di due settimane all’entrata in vigore del nuovo contratto per i rider sottoscritto tra Assodelivery, l’associazione che raggruppa le maggiori piattaforme del cibo a domicilio, e il solo sindacato Ugl, vicino alla destra, scavalcando la trattativa con le altre sigle che era in corso al ministero del Lavoro. Poco dopo la firma lo stesso Ministero aveva scritto alle piattaforme sollevando diversi dubbi di legittimità. Da quel momento però nulla si è mosso e le aziende hanno continuato per la loro strada, tanto che ai fattorini sono iniziate ad arrivare mail dal tono ricattatorio da parte delle piattaforme, “se non firmi questo accordo di collaborazione entro il 2 novembre non potrai più consegnare”.
Quel giorno terminano i 12 mesi che il decreto Imprese aveva concesso alle parti per trovare un accordo. I sindacati confederali e le sigle autorganizzate, messi fuori gioco dall’intesa trovata sottobanco con Ugl, stanno organizzando proteste e scioperi e pensano a una giornata di mobilitazione nazionale per alzare il livello dello scontro e costringere le piattaforme a una nuova trattativa. Ma ad oggi questo percorso è bloccato: il ministero del Lavoro si dice intenzionato ad accompagnare il processo per arrivare alla sottoscrizione di un contratto collettivo nazionale per i rider, ma nonostante le rassicurazioni non si va oltre il “prossimamente” per quanto riguarda la convocazione delle parti. I sindacati temono che la questione non sia più presidiata. Così ora stanno esplorando il terreno dei ricorsi per smontare un accordo considerato illegittimo: “È stato firmato con un sindacato di comodo e per niente rappresentativo della maggioranza dei lavoratori”, dice Gianluca Bianco, responsabile contrattazione della Cisl. Ma l’attacco è anche nel merito del contratto: “Il salario sbandierato come minimo è un cottimo mascherato, perché i 10 euro saranno ancora proporzionati al numero di consegne effettuate in un’ora”.
Queste cause si andranno ad aggiungere a quelle già in corso sui temi dell’algoritmo che valuta l'”affidabilità” e condiziona la possibilità di scegliersi i turni e della subordinazione: “Cerchiamo di aumentare la giurisprudenza e allo stesso tempo di far capire ai lavoratori che quell’accordo è un passo indietro perché ratifica un modello organizzativo su base autonoma”, dice Tania Scacchetti della Cgil. Il sindacato sta anche sostenendo delle vertenze per contestare l’azione delle aziende che di fatto impongono il contratto ai rider: “È una forma di ricatto, i lavoratori sono costretti ad accettare se quella è l’unica condizione”.
Un’opzione è quella di firmare con riserva: “Molti non possono permettersi di perdere il lavoro, ma in questo modo si può pensare di impugnare l’accordo in futuro”, spiega Angelo Avelli, di Deliverance Milano. La rete nazionale ‘Rider per i diritti’, nata lo scorso primo maggio per coordinare le organizzazioni di base presenti sui territori, sta pensando a una mobilitazione generale a fine ottobre: “Assodelivery e Ugl hanno stipulato questo accordo per mantenere il cottimo e non pagare la disponibilità di tempo e fisica dei lavoratori. Dobbiamo protestare contro questo falso contratto che non migliora in alcun modo la condizione dei rider”.