Il medico era stata la sorpresa del primo turno nella città dei Templi. Ha raccolto l'appoggio di Forza Italia e Diventerà Bellissima, il movimento del governatore, e ha sconfitto l'uscente Firetto (di cui è stato assessore). A Carini si riconferma primo cittadino Monteleone, candidato del centrosinistra, che vince col 51%. A Floridia e Augusta, invece, sfida senza simboli
Alla fine ha vinto quello che un mese fa non era dato neanche tra i papabili per il ballottaggio. E ha vinto nettamente, alla fine di una campagna elettorale dove le alchimie politiche l’hanno fatta, ancora una volta, da padrone. Come previsto il nuovo sindaco di Agrigento è Franco Micciché, che con il 60% sconfigge l’uscente Calogero Firetto, di cui è stato pure assessore. Nella città dei Templi, d’altra parte, l’effetto sorpresa era stato consumato ampiamente al primo turno, quando a conquistare la prima posizione tra i candidati era stato il medico, sostenuto da qualche ras della politica locale e da una serie di liste civile, compresa quella di Diego Fusaro, in un primo momento designato assessore e ora scaricato per assegnare posti in giunta agli alleati dell’ultima ora. Al secondo turno la vittoria di Micciché è stata agevolta dal sostegno di un centrodestra ricompattato, ricambiato con tre seggi da assessore: uno a Forza Italia, uno a Fratelli d’Italia e uno a Diventerà Bellissima, il movimento di Nello Musumeci. “È stato di certo importante avere il centrodestra accanto a me ma lo stesso non mi aspettavo addirittura questi numeri”, dice il primo cittadino appena eletto.
Ad Agrigento, infatti, al primo turno si era consumata la più vistosa spaccatura del centrodestra siciliano, diviso sin dalle prime battute, soprattutto all’interno di Forza Italia. I berlusconiani di Riccardo Gallo hanno finito per schierare come candidato Marco Zambuto, l’ex sindaco ed ex presidente dell’assemblea regionale del Pd che ha clamorosamente raggiunto soltanto il 17 per cento, restando fuori dal ballottaggio. Ma una parte di Forza Italia era a sostegno anche del candidato di centrosinistra: nelle liste legate al sindaco uscente, Lillo Firetto, sfilava, infatti, anche Giorgia Iacolino, il cui padre è l’ex eurodeputato Salvatore Iacolino. Una frattura all’interno del partito di Arcore che aveva favorito la fuga – in prima battuta – di Lega e FdI.
A sorpresa, però, era arrivato primo con una corsa quasi in solitaria, Franco Micciché: il medico “vecchio stampo”, conosciuto da tutti in città, ex assessore nella giunta del sindaco uscente, aveva sbaragliato tutti. Appoggiato in prima battuta soltanto da Vox di Diego Fusaro, designato in un primo momento come assessore alla Cultura. Designazione poi ritirata. “Diego Fusaro – dice il neo sindaco – purtroppo non sarà mio assessore. Non è stato per lasciare spazio ad altri partiti, tant’è vero che è stato fatto prima dell’apparentamento con i partiti e al posto di Fusaro ho indicato Roberta Lala, esponente locale di Vox”. Già candidata al consiglio comunale, Lala, responsabile provinciale del movimento di Fusaro, aveva annunciato la sua candidatura sottolineando di essere “contro l’euro che non è solo una moneta ma un metodo di governo”.
Tra i primi ringraziamenti Micciché cita anche Roberto Di Mauro, suo primo sponsor e vicepresidente vicario dell’Assemblea siciliana uno dei politici di più lungo corso di Agrigento, esponente da ultimo dell’Mpa, il Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo. E di Mauro adesso esulta: “Ha vinto una storia vera, quella di Micciché, sulla quale alla fine si è riunito tutto il centrodestra, che solo così può vincere”. Sull’outsider, al secondo turno, sono apparsi anche i simboli di Forza Italia e di Diventerà bellissima, il movimento del governatore, Nello Musumeci, che al primo turno avevano puntato il simbolo su Zambuto, mettendo così il vessillo sul nuovo sindaco e piazzando due assessori. A perdere, dall’altro lato, il Pd che senza mettere il simbolo appoggiava il sindaco uscente, assieme ad Italia viva e a pezzi del centrodestra. E all’ombra dei Templi, anche il centrosinistra correva in ordine sparso al primo turno, con una candidatura singola per Cento Passi per la Sicilia, il movimento che fa capo a Claudio Fava, e per il M5s.
Più travagliato il ballottaggio a Carini, l’altro centro più popoloso chiamato al ballottaggio. Nel comune in provincia di Palermo i due schieramenti erano compatti da un lato e dall’altro, ma con dei malumori sotterranei che hanno finito per favorire al fotofinish, la riconferma di Giovì Monteleone, il candidato sostenuto dal Pd e da Cento Passi, che conquista una vittoria al cardiopalma per un soffio col 51 per cento dei voti. E il Pd esulta: “Un sindaco targato Pd – lo definisce subito il segretario regionale Anthony Barbagallo – storico iscritto, che ottiene il secondo mandato dopo il buon lavoro svolto nei primi cinque anni. Ripartire dai territori, dalle esigenze dei cittadini per riaffermare la buona politica. Buon lavoro Giovì”. Non diventerà quindi assessore alla cultura, Ambrogio Conigliaro, ambientalista, consiglieri comunale, attivista della prima ora e candidato sindaco del M5s che aveva accettando l’investitura nella giunta di Totò Sgroi, il candidato che al primo turno aveva ottenuto il 33,5 e sul quale ora puntava ricompattato il centrodestra. Una mossa che ha spiazzato i grillini siciliani: Conigliaro è stato segnalato al collegio dei probiviri.
I 5 stelle, infatti, avevano lasciato gli elettori liberi di decidere, senza dare indicazioni di voto al ballottaggio, dopo la vittoria al primo a Termini Imerese, sempre nel Palermitano, di Maria Terranova, la consigliera sostenuta in tandem con il Pd. Una convergenza vittoriosa che aveva spinto il Movimento siciliano a guardare l’orizzonte elettorale con ottimismo: “Un risultato che lancia l’alleanza per le Regionali”, aveva detto Giancarlo Cancelleri, viceministro alle Infrastrutture e candidato alla presidenza della Sicilia per il M5s nelle due ultime tornate elettorali. Un orizzonte che pareva più lontano dopo la giravolta di Conigliaro: “Se dovessimo parlare di tradimenti, allora bisognerebbe ricordarsi di tutti i tradimenti consumati negli ultimi 3-4 anni”, aveva risposto con un’alzata di spalle lui. Poi aggiungendo: “Mi riconosco nel M5s esattamente come all’inizio ma in comuni come il mio gli schieramenti non contano, contano le persone e io avrei così la possibilità da assessore di fare qualcosa di buono per la mia città”. Una scommessa, però, non vincente quella del candidato sindaco di Carini, che al primo turno non aveva raggiunto il 5 per cento e in questo secondo turno perde l’occasione di entrare in giunta. Mentre è ancora al vaglio del collegio dei probiviri la sua scelta. Sfida, infine, senza simboli nel Siracusano, dove a Floridia vince Marco Carianni, civico ma sostenuto dal consigliere regionale renziano Giovanni Cafeo. Mentre ad Augusta vince sostenuto dal centrodestra, il civico, Giuseppe Di Mare. Col 17%, infatti, la sindaca uscente, la 5 stelle Cettina Di Pietro, aveva fallito l’approdo al secondo turno.