I presunti mandanti, Rosaria Mancuso e Vito Barbara, erano già stati arrestati. Ora è toccato ad Antonio Criniti e Filippo De Marco, accusati dalla Dda di Catanzaro di aver materialmente costruito l’ordigno, piazzato al di sotto della Ford Fiesta e premuto il pulsante che lo ha fatto esplodere. Gratteri: Vinci era “un giovane professionista appartenente a una famiglia perbene che non si è voluta piegare al gioco della ‘ndrangheta”. Sgominato anche un traffico di droga
Con l’operazione “Demetra 2” eseguita stamattina dai carabinieri, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha chiuso il cerchio sull’autobomba che il 9 aprile 2018 a Limbadi ha ucciso Matteo Vinci. In manette sono finite sette persone e tra queste anche gli esecutori materiali dell’attentato in cui ha perso la vita il giovane biologo di 42 anni ed è stato ferito suo padre, Francesco Vinci. Insieme alla madre, Rosaria Scarpulla, non avevano piegato la testa davanti ai Mancuso, una delle cosche più feroci della Calabria che voleva la loro terra. Nei mesi successivi all’omicidio e al tentato omicidio, erano stai arrestati i presunti mandanti Rosaria Mancuso e Vito Barbara. All’appello, però, mancavano Antonio Criniti e Filippo De Marco che stamattina sono finiti in carcere.
Stando all’inchiesta, coordinata dal procuratore Nicola Gratteri e dal sostituto procuratore Andrea Mancuso, sono loro due che hanno materialmente costruito l’ordigno, lo hanno piazzato al di sotto della Ford Fiesta e hanno premuto il pulsante che lo ha fatto esplodere. L’esplosivo sarebbe stato rubato a Soriano Calabro, paese di origine di Criniti e De Marco, in un deposito di fuochi pirotecnici che erano già stati sequestrati e custoditi in località “Rizzarello”. La Dda sostiene di avere materiale investigativo che “‘inchioda’ pesantemente alle loro responsabilità di autori materiali due altri soggetti, identificati in Criniti Antonio e De Marco Filippo”. Elementi che, secondo il gip Giulio De Gregorio che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare “potranno definirsi gravi, precisi e concordanti”.
Stando all’inchiesta, Criniti e De Marco avevano un debito di droga con la famiglia Mancuso. Debito che gli sarebbe stato abbonato grazie alla “radio-bomba” fabbricata e posizionata a Limbadi. “Il ruolo del Criniti e del De Marco – si legge nell’ordinanza – è quello di esecutori materiali, perché i dati gps (sull’auto di uno dei due, ndr) li collocano sulla scena del crimine”. L’incrocio tra i dati rilevabili dai tabulati del traffico telefonico, quelli della localizzazione gps e i contenuti delle numerose intercettazioni, disposte subito dopo l’esplosione dell’autobomba, hanno fatto il resto, consentendo ai carabinieri di cristallizzare anche la sete di vendetta che Vito Barbara nutriva nei confronti della famiglia Vinci.
Emblematica, a proposito, una conversazione intrattenuta tra il mandante e l’esecutore materiale Filippo De Marte. Quest’ultimo, infatti, il 25 maggio 2018 consolava Barbara che si stava lamentando del fatto che la signora Scarpulla continuava a recarsi nel terreno di cui i Mancuso si volevano impossessare. “Con i carabinieri vengono”. “E ma con loro possono andare! Basta! Che te ne fotte?” è stato il commento del bombarolo il quale, però, non avrebbe escluso l’ipotesi di un altro attentato contro la madre di Matteo Vinci e contro il marito superstite: “Se poi…vuoi che vediamo…vediamo! che vuoi che ti dico a Vito! vuoi che gli incendiamo la macchina? cosa ti devo dire? eh!… dimmi tu..che vuoi che ti dico? ehhh… secondo me…a mio avviso non hanno nemmeno il consenso… poi… se tu mi dici…falli morire tutti!… te li uccido io! Tra tre mesi!”. L’inchiesta “Demetra 2” ha fatto luce anche su un vasto traffico di droga. Oltre all’accusa di essere gli esecutori materiali dell’attentato, Antonio Criniti e Filippo De Marco rispondono di diversi episodi di cessione di stupefacenti. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa, infatti, anche che nei confronti di Vito Barbara, Pantaleone Mancuso e Domenico Bertucci. Sono finiti ai domiciliari, infine, Giuseppe Consiglio e Salvatore Paladino.
“È stato un lavoro continuo. – ha spiegato il procuratore Gratteri – Non solo siamo riusciti a dimostrare la responsabilità degli esecutori materiali dell’attentato, ma anche un traffico di droga non di poco conto: centinaia di chili di marijuana e svariati chili di cocaina. I due reati si intrecciano tra di loro, sono interconnessi e sono la causale dell’esecuzione materiale. Chi ha eseguito l’attentato era coinvolto nel traffico di droga”. Durante la conferenza stampa, Gratteri ha confermato che si è trattato di un omicidio e un tentato omicidio spettacolari, un attentato “fatto per terrorizzare tutti gli abitanti del vibonese e non solo”. Il procuratore di Catanzaro, infine, si è soffermato pure sulla figura di Matteo Vinci definendolo “un giovane professionista appartenente a una famiglia perbene che non si è voluta piegare al gioco della ‘ndrangheta”. Una famiglia che “ha difeso con le unghie e con i denti quel pezzo di terra e ha voluto reagire alla violenza e alla sopraffazione mafiosa che da decenni i Mancuso hanno amministrato ed elargito nella provincia di Vibo Valentia. In questi 4 anni abbiamo dato delle risposte assieme a tutte le forze dell’ordine in un territorio che si aveva una ‘ndrangheta di serie A”.