È accusato di un crimine abnorme: consapevole di avere l’Hiv ha contagiato consapevolmente una trentina di ragazze attraverso rapporti sessuali non protetti. La Corte d’Assise d’Appello ha confermato la condanna a ventiquattro anni per Valentino Talluto. La condanna arriva nel processo bis dopo la decisione dei giudici della I sezione penale della Cassazione che il 30 ottobre di un anno fa aveva confermato la responsabilità di Talluto e disposto un nuovo processo, accogliendo i ricorsi della Procura Generale e delle parti civili di cui due rappresentate dall’avvocato Irma Conti, in relazione a quattro episodi che gli erano stati contestati e dai quali era stato assolto.
Talluto, per il quale non è stato riconosciuto il reato di epidemia dolosa, era stato condannato in primo grado il 27 ottobre del 2017 a 24 anni di carcere per lesioni gravissime. L’11 dicembre 2018 la pena era poi stata ridotta in Appello a 22 anni per lesioni gravissime con dolo eventuale e assolto per 4 casi di ragazze che secondo l’accusa erano state da lui contagiate. Oggi la conferma della condanna di primo grado a 24 anni con il riconoscimento della responsabilità anche per gli altri casi che si erano costituiti nel procedimento.
In Cassazione i giudici avevano accolto la richiesta del pg Pasquale Fimiani che aveva chiesto di riconsiderare nel nuovo processo le quattro assoluzioni. A presentare il ricorso oltre allo stesso Talluto erano state anche alcuni parti civili. Secondo l’accusa l’imputato, a partire dal 2006, avrebbe infettato le sue partner con rapporti sessuali non protetti. Complessivamente al giovane venivano attribuiti 57 episodi, 32 di contagio diretto o indiretto, e 25 scampati grazie alla presenza di anticorpi. Venticinque si erano costituite parte civile. Tra le vittime anche un bambino di 8 mesi nato da una delle donne contagiate.
Secondo l’accusa Talluto aveva scoperto la sua sieropositività nell’aprile del 2006. Da quel momento aveva avuto rapporti sessuali non protetti fino al giorno precedente al suo arresto. L’uomo avvicinava le sue vittime attraverso chat o nei social network, proponendo loro rapporti senza profilattico per provare maggior piacere, e ha sempre sostenuto di non essere a conoscenza delle conseguenze che poteva creare la sua sieropositività. È stato il primo processo in Italia di questo genere. L’indagine è iniziata nel 2015 grazie alla denuncia di una delle vittime e aveva portato Talluto in carcere a novembre dello stesso anno.