Tassi bassi come oggi, qui da noi, non li ha mai visti davvero nessuno. Non li ha visti Giuseppe Garibaldi, non li ha visti Giacomo Leopardi, non li ha visti Galielo Galilei, non li hanno visti Leonardo Da Vinci, Michelangelo o Ludovico Ariosto e non li ha visti neppure Dante Alighieri. Gli analisti di Deutsche Bank si sono infatti “divertiti” a ricostruire l’andamento dei tassi sui titoli emessi da un soggetto pubblico presente sul territorio italiano risalendo fino al 1310. La conclusione è che negli ultimi 710 anni i tassi non sono mai stati bassi come oggi. Attualmente i titoli italiani hanno rendimenti negativi (alla scadenza si riceve meno di quanto investito) per una durata fino a 3 anni. Un Btp di durata decennale paga meno dello 0,7% l’anno. Eppure solo 40 anni fa i tassi italiani toccavano, viceversa, il valore più alto degli ultimi 7 secoli superando il 20%, culmine di una corsa iniziata nel 1968. Dal 1980 ad oggi però è successo di tutto e i mercati finanziari hanno dimensioni, velocità e pervasività impensabili in passato. Per intenderci quello che oggi succede in un giorno in passato accadeva in un anno o più.

La discesa dei tassi inizia con il processo di convergenza verso la moneta unica che culmina nel 2002 con l’introduzione fisica della valuta europea e tassi sul Btp decennale intorno al 2%. Il resto è storia relativamente recente, una fiammata nel 2008 in concomitanza con la crisi finanziaria globale e tassi che ritornano in zona 5%. Un nuovo balzo nel 2012 con l’incancrenirsi della crisi greca e le difficoltà dei paesi mediterranei e poi l’effetto “metadone”, legato alla pioggia di moneta che cade e continua a cadere dalle banche centrali. Sullo sfondo ci sono gli squilibri dei conti globali con un eccesso di risparmi rispetto ai consumi e a capacità e volontà di investire di molti paesi, Questo fa si che ci siano immense masse di denaro in cerca di prodotti finanziari da comprare. Questo ha depresso i rendimenti dei titoli di Giappone, Stati Uniti e di tutta l’area euro. In Germania ormai tutte le scadenze hanno rendimenti sotto lo zero. Il dato sulla storia dei rendimenti italiani è stato ripreso anche dal noto storico dell’economia della Columbia University Adam Tooze che lo ha rilanciato su twitter.

Abbandonando presente e passato recente, per trovare tassi su titoli decennali di emittenti pubblici italiani sopra al 10% bisogna risalire ai tempi dell’unificazione del paese, al 1860 oppure, ancora più indietro al 1820. Nei 300 anni precedenti i rendimenti sono sempre stati sotto questa soglia, mediamente intorno al 5%. Tassi alti invece intorno alla metà del ‘500 e per tutto il 15esimo secolo. egli anni in cui Cristoforo Colombo preparava il suo viaggio alla scoperta dell’America. Una fiammata, più modesta, si era registrata anche nel 1380 con rendimenti intorno al 13%.

Giova anche ricordare che lo Stato italiana, complice la sua storia relativamente giovane, non ha mai fatto default sul suo debito. Ha insomma sempre pienamente ripagato i suoi creditori. Non si può dire lo stesso di Germania (tre insolvenze tra il 1932 e il 1948) , Francia (l’ultima insolvenza nel 1812) e Inghilterra (ultimo default nel 1932).

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