Nei 12 mesi trascorsi dall’inizio delle proteste di massa che hanno interessato tutto il paese, le autorità del Libano hanno fatto registrare un fallimento dopo l’altro: non hanno risposto alla richiesta di diritti economici e sociali della popolazione, non hanno tutelato il diritto di manifestazione pacifica e la libertà d’espressione, non hanno protetto i manifestanti dalla violenza di attori armati non statali e sono venute meno nel garantire il diritto alla vita.
Nulla di strano, allora, se la voce dei manifestanti è ancora piena di rabbia e proseguono le richieste ai leader politici, tuttora inascoltate, di ammettere le loro responsabilità.
Sin dalle prime proteste del 17 ottobre 2019 le forze di sicurezza libanesi hanno ripetutamente fatto ricorso alla forza eccessiva nei confronti di manifestazioni prevalentemente pacifiche, mediante pestaggi, impiego di gas lacrimogeni, proiettili di gomma e a volte anche veri.
Centinaia di manifestanti hanno riportato ferite agli occhi, al petto e al collo. Decine di persone sono state arrestate e molte di esse hanno denunciato di essere state sottoposte a brutali pestaggi, in alcuni casi equivalenti alla tortura.
Dopo le prime settimane di proteste, nel novembre 2019 le autorità libanesi hanno avviato una campagna di intimidazioni, attraverso convocazioni in tribunale e interrogatori, nei confronti di oltre 80 attivisti che avevano legittimamente espresso le loro opinioni online o erano scesi in strada per prendere parte alle proteste.
Ma il periodo più grave e vergognoso dell’ultimo anno libanese si colloca nei primi 10 giorni di agosto: il 4 c’è stata la tremenda esplosione al porto di Beirut; quattro giorni dopo, l’esercito e le forze di polizia si sono scagliate contro chi protestava pacificamente ferendo oltre 230 persone, molte delle quali agli occhi coi pallini da caccia o al volto e al capo coi candelotti lacrimogeni.
Sui fatti di agosto la società civile libanese, le famiglie delle vittime e varie organizzazioni internazionali continuano a chiedere un’indagine indipendente. Della giustizia libanese, come ha dimostrato l’ultimo anno, non c’è da fidarsi.