La nuova giunta nasce all'insegna dei veleni. Toti che vuol fare il pieno di incarichi è accerchiato ma resiste, La Lega insiste, Fratelli d'Italia ci prova. Berlusconi manda Mulé a mediare, ma alla fine a restare fuori potrebbe essere proprio Forza Italia. Anche in vista della rottamazione del partito cui l'ex volto di Mediaset vuol dar corso insieme alla Carfagna
“Le poltrone? Sono l’ultimo dei miei problemi”, dice il rieletto governatore Giovanni Toti. Eppure, a sentire chi frequenta il centrodestra ligure, in queste ore sembra di gran lunga il primo. Venerdì è in programma un altro incontro sulla trattativa per la nuova giunta, uno psicodramma a puntate che vede Toti accerchiato ormai da tutti e tre i partner di coalizione: Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Con il partito di Giorgia Meloni a ventilare un clamoroso appoggio esterno che lascerebbe la maggioranza appesa a un filo: 15 seggi contro 14. E i berlusconiani, che cinque anni fa portarono l’ex volto Mediaset a piazza de Ferrari, avvelenati per la probabile esclusione in virtù del misero 5% ottenuto alle urne.
La partita si gioca sui 7 assessorati che Toti dovrà smistare senza scontentare (troppo) nessuno. Difficile, perché gli alleati hanno pretese alte e incompatibili tra loro. La Lega, per bocca del segretario ligure Edoardo Rixi, lo ha detto subito: “Ci aspettiamo tre assessori, il vicepresidente della giunta e il presidente del Consiglio regionale”, cioè lo stesso bottino della scorsa tornata. Di diverso, però, c’è che il Carroccio non è più il primo ma il secondo partito della coalizione, staccato di 5 punti dalla civica del presidente. Che punta a confermare anche i “suoi” assessori rieletti: l’ex giornalista Ilaria Cavo (Scuola e politiche giovanili), il “nipote d’arte” Marco Scajola (Urbanistica e demanio) e il fedelissimo Giacomo Giampedrone (Protezione civile). E dall’alto del 22% raccolto dalla lista non è disposto a fare concessioni. Tra Rixi e Toti si è sfiorata la crisi diplomatica nei giorni dopo il voto, quando il governatore accusava la Lega di “musi lunghi” e l’ex viceministro lo invitava a smaltire la “sbornia elettorale”. Tensioni rientrate, ma pronte a esplodere di nuovo se Rixi e Salvini non ottenessero le poltrone che cercano.
Poi c’è Fratelli d’Italia, che da giorni conduce una martellante campagna sulla stampa locale chiedendo il secondo assessorato, da affiancare a quello dell’uscente Gianni Berrino (Lavoro e trasporti). Obiettivo fissato da Giorgia Meloni in persona, decisa a far valere i voti quadruplicati rispetto al 2015. “Se col 3% Toti ci ha dato un assessore, con l’11 ce ne spettano almeno due, e con deleghe di peso”, è il ragionamento dei quadri di partito. E alla vigilia del vertice il commissario ligure di Fdi, il medico Matteo Rosso, mette sul piatto l’ultimatum: “Un vero leader è come l’allenatore di una squadra, per questo auspico che Toti possa convincere qualcuno dei suoi (a rinunciare al posto in giunta, ndr). In caso contrario sarebbe un atteggiamento grave nei nostri confronti, e se Toti vorrà avere buoni rapporti con la nostra leader nazionale un passo indietro dovrà farlo, altrimenti valutiamo l’appoggio esterno”, dichiara al sito SavonaNews. In quel caso la maggioranza di Toti potrebbe contare su un solo seggio di scarto in Consiglio, con i meloniani decisivi per far passare ogni provvedimento.
Ma nemmeno Forza Italia vuol rinunciare allo strapuntino, e a battere il ferro manda Giorgio Mulè, deputato e portavoce dei gruppi parlamentari eletto proprio in Liguria. L’esclusione degli azzurri dalla giunta “sarebbe una cosa ributtante”, ha detto in un’intervista al Secolo XIX. “Se non ci sarà un riconoscimento allora il problema è della coalizione, anche della Lega e di Fratelli d’Italia. L’alleanza c’è in tutta Italia, non ci si può comportare da padroni della Liguria”. Le tensioni tra Toti e il suo ex partito si intrecciano con gli equilibri nazionali: non è più un segreto che il governatore, insieme a Mara Carfagna, stia lavorando a un nuovo soggetto moderato in grado di rottamare il berlusconismo. “Bisogna pretendere chiarezza, dicano senza ricorrere a bizantinismi cosa vogliono fare”, attacca Mulè.
Lo scenario più probabile, però, è che sarà proprio il partito di Berlusconi a restare fuori dal nuovo esecutivo ligure. L’accordo nell’aria prevede 3 assessori “arancioni” (Cavo, Giampedrone e Scajola) e 3 leghisti: il manager Andrea Benveduti (assessore uscente allo Sviluppo economico, che otterrà la delega al Bilancio e la vicepresidenza), il presidente uscente del Consiglio regionale Alessandro Piana e una donna (in pole l’assessora comunale di Savona Maria Zunato). Fratelli d’Italia, accanto alla riconferma di Berrino, otterrà il presidente del Consiglio regionale (probabile Stefano Balleari, già vicesindaco di Genova). Per bocca di Mulè, Forza Italia minaccia l’uscita dalla coalizione (senza nemmeno la garanzia dell’appoggio esterno), ma quasi sicuramente non basterà. E la nuova giunta nasce all’insegna dei veleni.