“Il mondo non ci permette di vivere una vita senza ambizioni e noi ne dobbiamo avere più degli altri”. Enrico Dell’Aquila ha 30 anni, è napoletano e da quando ne ha 24 è sulla sedia a rotelle per la distrofia muscolare. Dopo la laurea in giurisprudenza si è trasferito a Tenerife, dove sogna di aprire uno studio da avvocato e intanto collabora con l’Università Suor Orsola Benincasa per coordinare gli studenti Erasmus che arrivano sull’isola. “No, non mi sento un cervello in fuga – racconta –. Sono uno dei tanti figli di questo Paese costretti ad andare via”.
In realtà tutto è nato da una vacanza lampo organizzata per caso per visitare una località che potesse dare, in un periodo freddo e piovoso per l’Italia, un po’ di sole e tepore a Enrico: “Così ho scoperto Tenerife”, sorride. L’accoglienza è stata decisamente positiva e “deriva da tante cose: dai modi di fare, dalla gentilezza, dalla facilità della vita, dalla mancanza di barriere architettoniche”. La difficoltà? La lingua. “L’isola è cresciuta grazie ai turisti e ai pensionati con disabilità – spiega –. E consapevole del loro potenziale economico offre una buona gamma di servizi, e cerca sempre di migliorare”. Enrico spiega che le amministrazioni locali hanno messo in atto, già da anni, numerosi progetti per le persone con disabilità, tenendo come principio base quello dell’accessibilità. Uno su tutti è quello “della Fondazione Once, rivolto a non vedenti e sordomuti finalizzato all’inclusione lavorativa”.
Una situazione opposta rispetto a quella vissuta a Napoli, dove “la maggior parte delle cose sono difficili ed è facile avere più brutte storie da raccontare che belle”. Qualche esempio? L’ufficio di collocamento mirato per disabili inaccessibile o il Comune che realizza nuove strisce pedonali ma si dimentica della rampa. L’Università Suor Orsola Benincasa ha premiato Enrico con l’Aslob, il riconoscimento destinato ai dottori eccellenti. Dopo la laurea lui si è iscritto a un master di secondo livello, in Direzione delle risorse umane. “In realtà mi piacerebbe essere il più itinerante possibile, a dimostrazione che anche se si sta in sedia a rotelle si può lavorare in ambiti internazionali che richiedono di viaggiare”, racconta. Delle esperienze vissute a Napoli Enrico non rinnega niente, perché “sono parte della mia crescita e del mio bagaglio culturale”. Quando può, per motivi di lavoro torna nella sua città: “Vorrei che le cose fossero diverse – aggiunge –, ma al momento sono molto sfiduciato”.
Enrico non sa esattamente dove sarà tra dieci anni, ma si augura di aver superato molte “sfide professionali”. L’avvocato con cui collabora a Napoli vorrebbe aprire una sede anche a Tenerife, gestita proprio da Enrico. Di sicuro, comunque, guardando al futuro spera di essere in una realtà che sappia integrare lavoratori con disabilità nel proprio organico, valorizzandoli e considerandoli come parte decisiva. Per ora ha inviato il curriculum a diverse aziende, sia in Italia che all’estero. “Punto a diventare direttore delle risorse umane – sorride –. Ho diretto gruppi di lavoro da 10 a 50 persone. Le esperienze degli anni passati mi hanno formato molto, messo alla prova e permesso di capire che è questa la strada che voglio seguire”.
Durante il lockdown è rimasto a Tenerife, continuando a lavorare in smart-working. “Il coronavirus – spiega -potrebbe dare una spinta all’accesso da parte delle persone diversamente abili al nuovo mondo del lavoro che conosceremo dopo la pandemia”. Ai giovani con disabilità Enrico consiglia di “studiare, formarsi e migliorare il più possibile le proprie capacità”. E ancora, “di non smettere mai di puntare in alto e di essere ambiziosi”.
Enrico non si sente speciale, anzi, non vuole proprio essere considerato così. “Lo Stato – dice – non dovrebbe vedere le persone come me come una categoria particolare, cui dedicare progetti che alla fine vengono dimenticati su qualche scrivania. Le persone con disabilità non vogliono trattamenti privilegiati, vogliono solo vivere la normalità, fare tutto quello che passa loro per la testa nella città in cui vivono, muoversi in libertà senza dover dipendere da nessun altro”. Anche perché nelle aziende italiane, conclude Enrico, “deve cambiare il principio che da anni guida il lavoro delle persone con disabilità, con assunzioni fatte solo per ottenere sgravi fiscali o per obblighi di legge. Mai per capacità. Chi dice che una persona con disabilità non sia capace di far nulla? Ci siamo, valiamo e possiamo fare quanto gli altri, se non di più”.