Attacco del presidente dei costruttori al reddito di cittadinanza che induce chi non ha un lavoro a "stare sul divano". Buia chiede poi ulteriori aiuti per le imprese, soldi dal Recovery fund e ulteriori agevolazioni ma denuncia un sentimento anti imprese. Dalla fine del lockdown i morti nei cantieri sono già 25
Di questi tempi il nervosismo è comprensibile. Ma il presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) Gabriele Buia scivola sulla stessa buccia di banana in cui sono incappati già in tanti. “Sporcarsi le mani e mettersi in gioco non può diventare un disvalore. Come se fosse meglio stare a casa e aspettare un’entrata fissa a fine mese. Come se il divano fosse meglio del cantiere“, afferma Buia durante l’assemblea dell’associazione. Il presidente chiede quindi di “rovesciare completamente la prospettiva e passare dal reddito da sussidio al reddito da lavoro”. L’idea insomma è la solita del disoccupato felice di stare a casa a far niente perché tanto è mantenuto dallo Stato o dalla famiglia, quando è giovane. Non si lavora semplicemente perché si sceglie di non farlo. Il concetto è declinato ai tempi del reddito di cittadinanza ma non è troppo diverso dai “bamboccioni” dell’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa o dagli schizzinosi, per l’esattezza “choosy”, della ministra Elsa Fornero. Esisterà forse anche del vero ma pronunciare queste battute in uno dei paesi con la disoccupazione giovanile più alta d’Europa e con i salari di ingresso (e di uscita) più bassi è, quanto meno, di pessimo gusto.
Delle diffuse pratiche selvagge per il reclutamento di manovalanza nel mondo dell’edilizia, nel discorso di Buia, non c’è invece traccia. Così come non ci sono accenni ai 400 mila lavoratori irregolari nelle costruzioni, stimati dal ministero del Lavoro. O ai 25 morti nei cantieri dalla ripresa dell’attività dopo il lockdown.
Il sentimento anti imprese e la richiesta di nuovi fondi – Buia si accoda però al tormentone confindustriale degli imprenditori vittime: “Siamo vittime di una lampante visione antimprenditoriale che serpeggia ancora in troppi uffici ministeriali e in alcuni ambienti politico-istituzionali che invece di semplificare la vita di chi da lavoro fanno di tutto per renderla impossibile”. Sinora gli aiuti alle imprese erogati dal governo dall’inizio della pandemia ammontano a 50 miliardi di euro. La legge di bilancio 2020 destina alle infrastruttre 20 miliardi di euro. Presente all’assemblea il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, rivendica quindi lo “sforzo di stare vicino alle imprese”. “Sentire che c’è una visione anti imprenditoria e non c’è fiducia nello Stato dell’impresa e dello stato nelle imprese è veramente un colpo al cuore”, ha affermato.
Previsioni nere per il settore – Buia chiede poi una fetta dei soldi che arriveranno da Bruxelles: “Le risorse del Recovery Fund devono andare a finanziare la rinascita di infrastrutture, città e territori in chiave di sviluppo sostenibile. Oppure avremo solo allungato di qualche mese la vita a un moribondo, senza essere riusciti in alcun modo a garantirgli una prospettiva futura”. Lamenta i tempi eccessivamente lunghi che servono alla politica per decidere sull’erogazione dei fondi e spende una parola di apprezzamento per il superbonus edilizio: “La misura del superbonus 110% inserita nel dl rilancio per favorire la messa in sicurezza e la riqualificazione energetica degli edifici è l’unico strumento di rilancio dell’economia messo in campo finora, in grado di produrre investimenti per 6 miliardi di euro, con un effetto complessivo di 21 miliardi sull’economia”. Il resto sono previsioni nere, come immaginabile. L’Ance si attende un calo del 13% della produzione delle costruzioni di quest’anno “che va a sommarsi al 33% in meno registrato negli ultimi 12 anni”.