Cronaca

L’allarme di Pregliasco: “La situazione in Lombardia è esplosiva, coprifuoco necessario. Ma l’ordinanza non è sufficiente per Milano”

Il virologo dell'Università degli Studi di Milano chiarisce di averne parlato "nel Comitato tecnico scientifico della Regione venerdì scorso. Avevamo già fatto presente al presidente Attilio Fontana questa esigenza". Poi aggiunge: al momento le terapie intensive "sono ancora abbastanza vuote, ma visto questo crescendo ormai esponenziale, bisogna prendere delle iniziative forti"

Per il virologo dell’Università degli Studi di Milano, Fabrizio Pregliasco, la situazione dei contagi in Lombardia è “esplosiva“. Talmente critica da rendere “necessario” il coprifuoco annunciato ieri dalla Regione e dai sindaci con il benestare del governo. “Ne abbiamo parlato nel Comitato tecnico scientifico della Regione venerdì scorso e avevamo già fatto presente al presidente Attilio Fontana questa esigenza”, spiega l’esperto a Cusano Italia Tv. Il motivo è che l’incremento dei casi registrato nei giorni scorsi, quando sono stati sfiorati i 3mila contagi quotidiani, rischia di avere a stretto giro un impatto sugli ospedali. Al momento le terapie intensive “sono ancora abbastanza vuote – chiarisce Pregliasco – ma visto questo crescendo ormai esponenziale, bisogna prendere delle iniziative forti”. Senza contare che “ormai il sistema del contact tracing in diversi contesti italiani, ma in particolare in Lombardia, nel Milanese e in altre province, è alla canna del gas, non si riesce più a gestirlo”, aggiunge il docente a Radio Popolare. Un allarme già lanciato nelle scorse ore dall’Ats milanese. Il motivo è “la diffusione naturale del virus che fa il suo sporco mestiere e cerca di replicarsi in tutte le occasioni dei contatti. E noi per una riduzione della percezione del rischio, per situazioni che non hanno immediatezza di gravità, si abbassa la guardia perché è vero, questo virus determina nella stragrandissima maggioranza dei casi malattie banali o infezioni di fatto inapparenti, questa è la sua forza“.

L’idea della Regione, concordata a tutti i livelli istituzionali, è quindi quella di imporre un coprifuoco dalle 23 alle 5 del mattino a partire da giovedì 22 ottobre, consentendo gli spostamenti nelle ore notturne solo in caso di “motivi di salute, lavoro o comprovate necessità”. Una misura che secondo Pregliasco, però, “non è del tutto sufficiente per Milano“. La città “per densità di popolazione, interscambi lavorativi, i contatti legati alla tipologia abitativa, sicuramente è un malato più grave“. Il virologo ha spiegato che si attenderanno gli effetti di questa ordinanza “ma siamo pronti velocemente a immaginare ulteriori provvedimenti“. In ogni caso si tratta di “una svolta” rispetto al dpcm approvato nel weekend dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il quale “ha tenuto conto delle doverose mediazioni“. Il giudizio di Pregliasco sulle misure varate dall’esecutivo a livello nazionale resta positivo: “Non c’è una soluzione scientifica che permetta di fare un equilibrio e quindi le scelte non sono facili – sottolinea il virologo – credo che gli ultimi dpcm siano un compromesso tra esigenze sanitarie ed economiche. Dire massimo 6 commensali a pranzo e cena è una cosa che non ha una scientificità oggettiva, è un’indicazione di massima perché più si è, più contatti ci sono e più aumentano i rischi“. Il coprifuoco dalle 23 alle 5 su cui ragiona la Lombardia, invece, unito alla chiusura dei centri commerciali il sabato e la domenica, è una “restrizione necessaria”, specifica Pregliasco, “per evitare che possa accadere in futuro qualcosa di ancora peggiore, anche se queste iniziative creeranno dei guai ad alcune tipologie di attività“.

A suo parere, infatti, bisognerà convivere con il Covid ancora per mesi, forse un anno. È possibile che il vaccino venga autorizzato alla vendita entro dicembre, spiega, “ma “al di là di alcuni lotti che sono già in produzione, la copertura vaccinale sarà enorme e necessiterà del tempo. La vaccinazione per tutti credo non ci sarà prima dell’autunno del 2021“, evidenzia. Tra l’altro ancora non si sa quante dosi serviranno, con quale frequenza andranno fatti i richiami, e quanto dura l’immunità in chi ha avuto il virus. “Ci sono 22 casi accertati di reinfezione – conclude Pregliasco – Su questi aspetti brancoliamo ancora abbastanza nel buio. È possibile, considerando le caratteristiche di questo virus, che bisognerà fare dei richiami, non sappiamo se ogni anno come avviene con l’influenza”.