Il quesito posto nel titolo è puramente teorico, dato che il governo americano ha già deliberato in primavera un primo giro di “Stimulus” di 2.200 miliardi di dollari, approvato all’unanimità da entrambe le Camere Usa, subito firmato in legge da Donald Trump il 27 marzo scorso e distribuito “a pioggia” (in gran parte) per un sostegno generalizzato dell’economia avendone ottenuto subito un risultato incoraggiante sul piano dell’efficacia (vedasi tabella allegata).
Ma già alla fine di aprile quel massiccio provvedimento, quasi triplo di quello concesso nel 2008 dopo il crollo di Borsa, appariva insufficiente e chiamava nuove risorse a sostegno di una economia improvvisamente bloccata dalla crescita “geometrica” dei contagi e dalla paura per la fila di bare che si accumulavano sui prati dei cimiteri nelle maggiori città statunitensi, in attesa di sepoltura.
E’ così cominciato il “tiramolla” politico tra i democratici, che approvavano subito alla Camera (in maggio) un nuovo provvedimento di 3,4 trilioni di dollari, più selettivo negli aiuti rispetto al primo, ma subito bloccato dal senatore Mitch McConnell, capo politico dei repubblicani al Senato, sostenuto anche da Trump, che preferiva rinviare quella scelta nella convinzione, più volte espressa, che la pandemia si sarebbe sgonfiata da sola.
La trattativa è comunque proseguita nelle Camere, con accuse reciproche e susseguenti riduzioni dell’importo fino ad arrivare all’attuale 2.400 miliardi dei democratici contro i 500 dei repubblicani di Mc Connell, che però trova stavolta anche la sollecitazione di Trump a trovare in fretta un punto d’incontro prima delle elezioni.
Nonostante queste liti politiche, tuttavia, appare evidente che lo sforzo perpetrato dagli americani nel cercare di riparare i danni procurati dal virus (e dalla superbia del suo attuale presidente) è stato davvero imponente, e con buoni risultati nella fase iniziale. Il punto critico è dovuto alla cronica crisi del welfare americano, sempre totalmente impreparato a sopportare crisi di questo spessore, il cui peso finisce per ricadere sempre sui livelli sociali più deboli.
Il piano di aiuti dell’Unione Europea, definito “Next Generation Eu”, che riguarda solo i 27 Stati ad essa aderenti, è descritto nell’European Recovery and Resilience Facility (disponibile anche in italiano). Un buon piano, con un volume di fondi lontano dalla dotazione su cui ha potuto contare la Federazione Statunitense, ma comunque interessante: 672 miliardi di euro, di cui 312 in forma di contributo a perdere, più altri 360 sotto forma di prestiti da restituire a bassissimo costo sono una dotazione per nulla disprezzabile. L’utilizzo di questi fondi è però regolato da norme severe (come sempre per strumenti finanziari di questo tipo) alle quali non è possibile derogare (come invece vorrebbero spesso molti nostri politici).
Il programma, meglio dettagliato nella procedura “Key Steps” elaborata in maggio dalla nuova Commissione Europea è un piano che scade nel 2026 e prevede una tempistica serrata per l’avanzamento delle richieste e la successiva erogazione dei prestiti o dei contributi.
Tuttavia, per bene che possa funzionare questa procedura, avrà comunque tempi troppo lunghi rispetto allo scopo per cui questi fondi sono stati pensati e sono destinati. L’unica forma di aiuto immediato ad una economia bloccata improvvisamente da catastrofi naturali come quella del Covid-19 è proprio quella dell’“Helicopter Money”, cioè soldi dati a “pioggia”, sostanzialmente a chiunque.
Essendo lo scopo quello di sostenere l’intera economia in tempi rapidissimi, non quello di sostenere particolari categorie di soggetti, gli unici limiti che si possono mettere per raggiungere questo scopo sono quelli del limite territoriale nazionale e, eventualmente, quello di un limite generico di reddito (come hanno fatto gli americani). Dopodiché i soldi quando sono spesi girano, e se girano in quantità sufficiente l’economia non si ferma.
La “Next Generation Eu” è un ottimo progetto, ma non è adatto alla prima fase di questa situazione che necessita assolutamente di sostegno immediato. La Commissione Europea dovrebbe pensare ed agire con la stessa prontezza con la quale è stato pensato ed erogato il primo “giro” di helicopter money dagli americani, che infatti hanno avuto una immediata risposta positiva, anche se di breve durata (ma forse sarebbe stato sufficiente il primo “giro” se il controllo sociale e medico del virus fosse stato fatto dagli americani con la stessa determinazione usata per il campo economico).
L’Helicopter Money è l’unico rimedio veramente efficace nelle fasi in cui per fermare la diffusione dei contagi occorre fermare tutto, persone ed economia, perché non solo le persone smettono di respirare ma anche l’economia. I soldi che cadono dall’elicottero non sono soldi buttati: sono ossigeno puro per l’economia che ha smesso improvvisamente di respirare.
Gli unici elementi di risparmio che si potrebbero legare a questa manovra, senza limitarne l’efficacia, sarebbero il limite territoriale (devono essere spesi all’interno della nazione che vara l’operazione) e un limite di reddito dei riceventi. Qualora si usassero titoli di spesa diversi da quelli del denaro contante si potrebbe anche aggiungere una selezione dei riceventi (per categorie, non nominativi), per limitare l’esborso alle categorie più penalizzate dalle serrate. Per esempio i ristoranti, i venditori ambulanti, i gestori di palestre, i piccoli esercenti commerciali, ecc.
La risposta al quesito iniziale è quindi nettamente a favore dello “Stimulus Package” americano, perché arriva subito e in modo diretto a sostegno dell’economia sofferente.
Aggiornamento del 21/10/2020: aggiungo il grafico che mostra la distribuzione dei “soldi a pioggia” dal governo americano da aprile fino ad agosto.