Calcio

Tra via libera nel Dpcm e stop della Regione Lombardia: il paradosso Casalese, squadra costretta a giocare solo le partite in trasferta

Il club di prima categoria lombardo partecipa al campionato regionale, ma fa parte del comitato calcistico dell'Emilia-Romagna, visto che si trova in un territorio di confine. Se da disposizioni governative è autorizzato a svolgere allenamenti e partite, lo stop arriva dall'ordinanza del governatore Fontana che, invece, ha imposto lo stop a tutte le squadre non professionistiche della regione

Una squadra di calcio costretta a disputare solo le partite in trasferta, senza la possibilità di allenarsi nei propri impianti. Almeno per le prossime cinque settimane. Per ogni appassionato, una possibilità del genere va oltre qualsiasi regola o prassi. Ma in tempi di Covid, provvedimenti governativi e ordinanze locali è successo anche questo. È il caso della Casalese, squadra di prima categoria lombarda in provincia di Cremona che gioca e si allena a Casalmaggiore, in una zona di confine con l’Emilia-Romagna.

Quello che a uno sguardo iniziale può apparire come un errore non è altro che il frutto di un cortocircuito generato dall’ultimo Dpcm firmato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dall’ordinanza restrittiva del governatore lombardo, Attilio Fontana. Se nell’ultimo testo siglato dal premier anche gli sport di contatto, sia a livello professionistico che dilettantistico, con l’esclusione dei campionati provinciali, possono continuare a svolgere la loro attività rispettando i protocolli di sicurezza imposti dal governo, da Palazzo Lombardia è arrivato lo stop per “tutte le gare, le competizioni e le altre attività, anche di allenamento, degli sport di contatto, svolti a livello regionale o locale, sia agonistico che di base, dalle associazioni e società dilettantistiche”.

Per tutti i club che disputano le gare all’interno della Lombardia questo si traduce in uno stop al campionato, ma per la Casalese, che calcisticamente parlando afferisce al comitato dell’Emilia Romagna, non è così: lì i match e gli allenamenti vanno avanti regolarmente, ma basta percorrere qualche chilometro più a nord, nel Casalasco, dove si trovano gli impianti del club, per in contrare le restrizioni della giunta leghista di Milano in vigore almeno fino al 6 novembre. “Il calcio dilettantistico sta diventando peggio del Comma 22”, dice a Ilfattoquotidiano.it Stefano Brambati, vicepresidente della squadra, citando il celebre romanzo di Joseph Heller.

Unica concessione per la Casalese: il nullaosta da parte del Comitato per giocare sempre in trasferta le prossime cinque giornate, con la possibilità di chiedere agli avversari l’inversione del terreno di gioco. Ma qualora l’altra squadra dicesse no, il Comitato non potrebbe mettere becco sulla questione. E comunque resta il problema degli allenamenti: “Per le sedute infrasettimanale – osserva Brambati – potremmo dover andare in provincia di Parma”.

Di “danno economico e sportivo” per il movimento dilettantistico lombardo parla Paolo Loschi, consigliere regionale del Comitato lombardo. “Ci sono persone all’assessorato allo Sport della Regione Lombardia che prendono decisioni senza interpellare il Comitato”, dice prima di snocciolare alcuni dati: “Il numero dei contagiati è minimo perché le squadre seguono scrupolosamente i protocolli anti-Covid. E le partite rinviate, a fronte di decine e decine disputate ogni settimana, è risibile. Si parla di una ventina di match non giocati su centinaia regolarmente andati in scena”.

C’è poi un altro aspetto del Casalasco che Brambati vuol sottolineare: mentre la Casalese potrebbe scendere in campo, la Martelli di Piadena, il Psg di San Giovanni in Croce e il Gussola, paesi che distano pochissimi chilometri da Casalmaggiore, non potranno disputare la gare di campionato in quanto tutte da giocare in Lombardia. Per dare l’idea del paradosso, il vicepresidente fa un esempio: “Quattro amici al bar, della stessa compagnia, che frequentano la stessa scuola, che usano lo stesso mezzo di trasporto pubblico per raggiungere l’istituto. Due sono meno bravi, calcisticamente parlando, e giocano nei campionati provinciali lombardi (ma adesso non possono giocare) e due sono talentuosi e militano invece nei Regionali della confinante Emilia-Romagna (e possono prendere parte ai match). Il problema della diffusione del contagio non esiste in questo caso? Che senso ha il limite alla sola attività calcistica se poi il resto delle giornate i ragazzi lo passano insieme?”.