“Il coprifuoco è una scusa, il vero problema non è la vita notturna, ma quella diurna come sugli autobus. Hanno avuto otto mesi per prepararsi, ma non sono stati capaci”. Alfi gestisce un’osteria genovese ai Navigli. Lunedì sera ha incassato 28 euro e non sa ancora cosa farà giovedì sera: “Non si è capito se dovrò mandare via i clienti alle 23 o prima per consentirgli di arrivare a casa”. Una mancanza di chiarezza denunciata anche da Roberto Calderone della Filetteria Italiana: “Sappiamo le cose all’ultimo e ci ritroviamo a dover improvvisare”. Da giovedì, quando in Lombardia scatterà il coprifuoco alle 23, anticiperà il primo turno della cena alle 18 sperando che anche i clienti di adeguino ai nuovi ritmi della città. Ma c’è chi non sa se riaprirà: “Riuscire a stare aperti sarebbe già un successo” racconta Giuseppe, titolare di un ristorante. Prima del lockdown aveva sei dipendenti, adesso è rimasto da solo a fare contemporaneamente da cuoco e barman. Così come i gestori dell’osteria accanto che da 32 anni servono i piatti della tradizione. “È il momento più duro per noi, speriamo di riuscire a sopravvivere”.
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