di Monica Valendino

Uno dei problemi di questa pandemia è forse la troppa libertà che si è concessa ai cittadini, specie in Europa e nelle Americhe, guarda caso dove i morti oramai si faticano a conteggiare. Diversa la situazione in Cina, Oceania, Corea del Nord e Giappone – paesi che seppur con sistemi politici completamente diversi tra loro hanno un concetto di “libertà” che è evidentemente diverso da quello che abbiamo imparato a difendere. E oggi ne traggono evidente vantaggio.

Etimologicamente parlando il termine deriva dal latino “liber“, cioè il contrario del “servus“, lo schiavo. Nell’antichità, quello che per noi occidentali è il diritto per antonomasia, non era affatto scontato: si poteva nascere sia liber o diventare liberti, conquistando la possibilità di decidere a piacere della propria persona, potendo godere della propria autodeterminazione. Per questo i latini inventarono il loro diritto, quello romano che ancora oggi regola la vita tra persone, per evitare che la propria visione di libertà possa essere in contraddizione con quella di un altro. Ma il diritto in tempi di pandemia è inesistente, e questo fa sì che ognuno applichi le leggi ordinarie quando di ordinario non c’è nulla. Ognuno pretende i propri diritti dimenticandosi che quando scatta un’emergenza sono i doveri a venire prima.

Nell’antica Grecia quando c’era da contrastare un’epidemia (ἐπιδημία da ἐπί, epì, sopra e δῆμος dèmos, popolo, cioè “che incombe sopra il popolo”), ci si rifaceva a un principio che poi è stato preso ad uso e consumo da tutte le culture e religioni: “Non fare al tuo vicino quello che ti offenderebbe se fatto da lui” (Pittaco, 650-570 a.C.). Questo evitava comportamenti che potevano mettere a rischio gli altri.

Oggi tutto questo sembra dimenticato. La parola “libertà” ha preso il sopravvento anche sulla tutela del popolo. E col Covid che riprende piede, in nome di un liberismo sfrenato, certi politici che per mesi hanno detto tutto e il contrario di tutto (qualcuno ricorderà a fine luglio quell’ignobile convegno al Senato con negazionismi e scettici) oggi vogliono contrapporre economia e salute, senza prendere in considerazione che la seconda è un bene supremo faticosamente conquistato nei secoli che può migliorare anche la prima. Per cui la libertà di far conciliare entrambe le cose è un cane che si morde la coda.

Serve qualcuno decisionista che sappia limitare le libertà che non si sanno gestire in nome in un bene collettivo più importante. E in Italia questo qualcuno non può essere il governatore di turno che spesso dipende da varie confederazioni che vedono nella libertà solo quella del guadagno. Perché come ha detto il dottor Galli, “di morti di Covid se ne vedono ogni giorno, di morti di fame per fortuna in Italia no”. E far credere che questo Stato (ad esempio con le riserve auree che ha) non possa decidere di preservare prima di tutto la salute, costi quel che costi, è solo demagogico.

La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.
G. Gaber

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