La triste e infausta, per quanto fortunatamente breve, stagione del governo cosiddetto gialloverde, ha lasciato alcune pessime eredità. Tra di esse in prima linea i cosiddetti Decreti Salvini. Una parte degli stessi è stata recentemente emendata, recependo le indicazioni del Presidente della Repubblica, tornando a consentire all’Italia di ottemperare ai suoi obblighi internazionali in materia di salvataggio e soccorso ai profughi e ripristinando un certo livello di accoglienza. Si tratta, su questo fronte delicato e strategico, solo di un primo passo. La normativa, infatti, continua a presentare aspetti insoddisfacenti e a volte contraddittori e va adeguata tenendo conto del fatto che le migrazioni da Nord e Sud costituiscono oramai da anni un fatto strutturale a cui vanno date risposte non emergenziali ma continuative, combattendo colla necessaria durezza i tentativi demagogici dei soliti “sovranisti” o “populisti” (cricche politiche che non hanno nulla a che vedere colla sovranità e meno ancora col popolo) di strumentalizzare le paure ingiustificate per giustificare la propria esistenza del tutto inutile e anzi dannosa.
Tutta una parte dei Decreti Salvini è rimasta pienamente integra. Si tratta di un problema, se possibile, ancora più grave, perché riguarda tutti, e non solo i migranti. Sono le norme che, adottate secondo una logica che potremmo definire degna di Orban, punta a criminalizzare il conflitto sociale, spalancando le porte della galera non già, come sempre più necessario, a corrotti, speculatori ed evasori fiscali, ma a chi lotta degnamente per ottenere la sacrosanta realizzazione dei propri diritti economici, sociali e culturali, al cui rispetto l’Italia è fra l’altro vincolata da importanti convenzioni internazionali come il Patto internazionale su tale genere di diritti che risale oramai a cinquantaquattro anni fa.
Un recente appello lanciato dal Centro per la ricerca ed elaborazione per la democrazia e ripreso da Change.org, che vi invito a firmare, afferma al riguardo che “questa parte del decreto Salvini è diretta contro ogni tentativo di mobilitazione sociale. Essa tende infatti a criminalizzare i lavoratori in lotta per la difesa del posto di lavoro che scendono in piazza alla notizia della lettera di licenziamento, o che sono costretti ad occupare la propria fabbrica per impedire che siano asportati i macchinari e delocalizzata altrove la produzione, attraverso la minaccia di multe esose e anni di galera. Tende a creare di fatto il reato di occupazione di scuola e università, per stroncare sul nascere le mobilitazioni studentesche anche qui con anni di carcere e multe salatissime, significa porsi nei confronti delle nuove generazioni in modo autoritario e refrattario ad ogni dialogo. Prefigura una società autoritaria, di stampo orbaniano o peggio. Le norme che vanno prioritariamente abolite sono in particolar modo le seguenti: art. 21quater (Introduzione del delitto di esercizio molesto dell’accattonaggio), art. 23 (Disposizioni in materia di blocco stradale), tutto il Capo III (Disposizioni in materia di occupazioni arbitrarie di immobili)”.
Il nostro Paese attraversa, come del resto tutto il resto di Europa e del mondo, un momento estremamente difficile. La condotta tenuta al riguardo dal governo Conte è stata finora abbastanza adeguata per quanto riguarda le misure di contenimento della pandemia e i successi ottenuti sul campo europeo dove è stata ottenuta per la prima volta una concreta solidarietà, ma c’è il rischio che gli interessi corporativi di un padronato miope e attento solo ai suoi interessi non solo metta a repentaglio, come già accaduto, i risultati ottenuti sul piano della prevenzione del contagio, ma incida in modo insopportabile sulla distribuzione di sussidi oggi più che mai indispensabili, comprima ulteriormente il potere d’acquisto dei salari e ottenga un nefasto sblocco dei licenziamenti, gettando sul lastrico e nella povertà più nera fasce crescenti di popolazione. Occorre inoltre denunciare prontamente le carenze e gli inadempimenti delle autorità, siano esse centrali e locali, come suggerito dall’avvocato Robotti che propone giustamente di dar vita a una vera e propria resistenza civile.
L’ottica d’assumere deve essere quella della solidarietà sociale e nazionale, privilegiando gli interessi di chi sta peggio e colpendo senza pietà coloro che non si vergognano di continuare a profittare della situazione. Proprio per questo il conflitto sociale che dà espressione alla parte migliore dell’Italia deve potersi esprimere e sviluppare abolendo le norme autoritarie che vorrebbero criminalizzarlo.
Fabio Marcelli
Giurista internazionale
Lavoro & Precari - 21 Ottobre 2020
Decreti Sicurezza, c’è ancora una parte da abolire: quella contro la mobilitazione sociale
La triste e infausta, per quanto fortunatamente breve, stagione del governo cosiddetto gialloverde, ha lasciato alcune pessime eredità. Tra di esse in prima linea i cosiddetti Decreti Salvini. Una parte degli stessi è stata recentemente emendata, recependo le indicazioni del Presidente della Repubblica, tornando a consentire all’Italia di ottemperare ai suoi obblighi internazionali in materia di salvataggio e soccorso ai profughi e ripristinando un certo livello di accoglienza. Si tratta, su questo fronte delicato e strategico, solo di un primo passo. La normativa, infatti, continua a presentare aspetti insoddisfacenti e a volte contraddittori e va adeguata tenendo conto del fatto che le migrazioni da Nord e Sud costituiscono oramai da anni un fatto strutturale a cui vanno date risposte non emergenziali ma continuative, combattendo colla necessaria durezza i tentativi demagogici dei soliti “sovranisti” o “populisti” (cricche politiche che non hanno nulla a che vedere colla sovranità e meno ancora col popolo) di strumentalizzare le paure ingiustificate per giustificare la propria esistenza del tutto inutile e anzi dannosa.
Tutta una parte dei Decreti Salvini è rimasta pienamente integra. Si tratta di un problema, se possibile, ancora più grave, perché riguarda tutti, e non solo i migranti. Sono le norme che, adottate secondo una logica che potremmo definire degna di Orban, punta a criminalizzare il conflitto sociale, spalancando le porte della galera non già, come sempre più necessario, a corrotti, speculatori ed evasori fiscali, ma a chi lotta degnamente per ottenere la sacrosanta realizzazione dei propri diritti economici, sociali e culturali, al cui rispetto l’Italia è fra l’altro vincolata da importanti convenzioni internazionali come il Patto internazionale su tale genere di diritti che risale oramai a cinquantaquattro anni fa.
Un recente appello lanciato dal Centro per la ricerca ed elaborazione per la democrazia e ripreso da Change.org, che vi invito a firmare, afferma al riguardo che “questa parte del decreto Salvini è diretta contro ogni tentativo di mobilitazione sociale. Essa tende infatti a criminalizzare i lavoratori in lotta per la difesa del posto di lavoro che scendono in piazza alla notizia della lettera di licenziamento, o che sono costretti ad occupare la propria fabbrica per impedire che siano asportati i macchinari e delocalizzata altrove la produzione, attraverso la minaccia di multe esose e anni di galera. Tende a creare di fatto il reato di occupazione di scuola e università, per stroncare sul nascere le mobilitazioni studentesche anche qui con anni di carcere e multe salatissime, significa porsi nei confronti delle nuove generazioni in modo autoritario e refrattario ad ogni dialogo. Prefigura una società autoritaria, di stampo orbaniano o peggio. Le norme che vanno prioritariamente abolite sono in particolar modo le seguenti: art. 21quater (Introduzione del delitto di esercizio molesto dell’accattonaggio), art. 23 (Disposizioni in materia di blocco stradale), tutto il Capo III (Disposizioni in materia di occupazioni arbitrarie di immobili)”.
Il nostro Paese attraversa, come del resto tutto il resto di Europa e del mondo, un momento estremamente difficile. La condotta tenuta al riguardo dal governo Conte è stata finora abbastanza adeguata per quanto riguarda le misure di contenimento della pandemia e i successi ottenuti sul campo europeo dove è stata ottenuta per la prima volta una concreta solidarietà, ma c’è il rischio che gli interessi corporativi di un padronato miope e attento solo ai suoi interessi non solo metta a repentaglio, come già accaduto, i risultati ottenuti sul piano della prevenzione del contagio, ma incida in modo insopportabile sulla distribuzione di sussidi oggi più che mai indispensabili, comprima ulteriormente il potere d’acquisto dei salari e ottenga un nefasto sblocco dei licenziamenti, gettando sul lastrico e nella povertà più nera fasce crescenti di popolazione. Occorre inoltre denunciare prontamente le carenze e gli inadempimenti delle autorità, siano esse centrali e locali, come suggerito dall’avvocato Robotti che propone giustamente di dar vita a una vera e propria resistenza civile.
L’ottica d’assumere deve essere quella della solidarietà sociale e nazionale, privilegiando gli interessi di chi sta peggio e colpendo senza pietà coloro che non si vergognano di continuare a profittare della situazione. Proprio per questo il conflitto sociale che dà espressione alla parte migliore dell’Italia deve potersi esprimere e sviluppare abolendo le norme autoritarie che vorrebbero criminalizzarlo.
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Roma, 15 mar. (Adnkronos) - Al via oggi a Roma l’Acea Water Fun Run, la maratona dell’acqua per famiglie e bambini dedicata al risparmio idrico. La corsa non competitiva di cinque chilometri, che il Gruppo Acea sostiene insieme alla Acea Run Rome The Marathon di domenica 16 marzo, celebra così il profondo legame tra Roma e l’acqua attraverso lo sport. Ed è record di adesioni alla manifestazione di oggi con oltre 20mila iscritti, di cui più di 4mila stranieri provenienti da 97 nazioni. Per Acea ha partecipato la Presidente Barbara Marinali (VIDEO).
Lungo il percorso della Acea Water Fun Run, che si snoda attraverso uno dei luoghi al mondo più ricchi di storia e di arte, il gruppo Acea ha dislocato punti di ristoro dove l’organizzazione della maratona distribuirà 330mila brick d’acqua, tra oggi e domani. Al Circo Massimo è stato inaugurato l’Acea Water Village che ospiterà fino a domani iniziative dedicate all’educazione idrica, per sottolineare l’importanza dell’acqua nella pratica sportiva e nella tutela della salute e del pianeta: da una ruota per la produzione di energia ad uno spazio interattivo per l’utilizzo di visori di realtà virtuale, dal gaming Casa Net Zero Water Building al photo booth “Ogni goccia conta, ogni passo vale”.
All’Acea Water Village presenti i vertici Acea, l’ex nuotatore e campione olimpico Massimiliano Rosolino e i nuotatori della Rari Nantes di Firenze, una delle squadre che Acea sostiene all’interno di un progetto dedicato territorio che unisce “acqua e sport”, a favore dei giovani e della loro formazione. Oggi pomeriggio, invece, nello stand Acea allestito presso l’Expo Village Acea Run Rome The Marathon al Palazzo dei Congressi dell’Eur sono previste diverse attività di sensibilizzazione sul tema acqua: da T.E.D.D.I. il cane robot simbolo dell’innovazione tecnologica ad un’esperienza immersiva tramite visori di realtà virtuale, dal Marathon Water Wall fino ad un nasone con una postazione per scaricare l’App Acquea di Acea, pensata per atleti, cittadini e turisti, che permette di individuare, tra 3.500 punti idrici geolocalizzati a Roma, la fontana, il nasone o la Casa dell’acqua Acea più vicina per dissetarsi. Previsto anche il talk show “Il benessere di un atleta: un perfetto equilibrio tra acqua, sport e salute” presso lo stand Acea, alle ore 17, moderato dal Presidente della Commissione Federale Atleti Fidal Carlo Cantales a cui parteciperanno gli sportivi Manuela Di Centa, Angelika Savrayuk, Stefano Pantano, Silvia Di Pietro, Davide Passafaro, Daniele Del Signore, il presidente di Acea Acqua Enrico Resmini e il direttore della Comunicazione di Acea Virman Cusenza.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "La fine della tregua in Medio Oriente, e del percorso per il ritorno a casa di tutti gli ostaggi, è una notizia dolorosa. Fa male assistere ad altri morti e violenza. Mi auguro si possa tornare sulla strada della costruzione di un dialogo, pur difficile, ma necessario. Bisogna uscire dal baratro delle guerre". Lo dice il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana.
Gaza, 18 mar. (Adnkronos/Dpa/Europa Press) - Il governo palestinese chiede un "intervento internazionale urgente" di fronte al "brutale attacco" lanciato dall'esercito israeliano contro la Striscia di Gaza, in violazione del cessate il fuoco in vigore dal 19 gennaio, che ha causato finora più di 300 morti, secondo le autorità di Gaza, controllate Hamas. E' quanto sottolinea il ministero degli Esteri palestinese in un comunicato pubblicato sui social. "La continua aggressione contro il nostro popolo - aggiunge - e lo spargimento di sangue di bambini, donne e civili indifesi rappresenta un'evasione ufficiale da parte di Israele dai suoi obblighi quando si tratta di consolidare la cessazione della guerra genocida, lo sfollamento e il ritiro dell'esercito occupante dalla Striscia di Gaza".
Questa offensiva, afferma il ministero, "ostacola gli sforzi internazionali volti a sostenere il piano di ricostruzione, l'unificazione delle due parti della patria - con riferimento alla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e la Striscia di Gaza - e la creazione dello Stato palestinese. Le soluzioni politiche sono la chiave per fermare l'aggressione e ripristinare un orizzonte politico per risolvere il conflitto". La comunità internazionale lavori per "consolidare un'immediata cessazione dell'aggressione" e mettere in guardia contro i "piani di occupazione" per sfollare la popolazione palestinese.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Non esiste possibilità di un'Unione Europea che conti nel mondo se questa è priva di una difesa europea. Ogni entità politica deve avere tra i suoi principali scopi la conservazione di sé, la propria autodifesa. Altrimenti può essere un'organizzazione economica o commerciale o altro, ma non un'unione politica". Lo sostiene in un'intervista al Corriere della Sera l'ex presidente della Commissione europea José Manuel Durão Barroso, a Roma per un incontro in ricordo di Franco Frattini, ex vicepresidente della stessa commissione, aggiungendo di accogliere favorevolmente la risoluzione del Consiglio europeo di passare, in materia di difesa, dall'unanimità alla maggioranza qualificata, eccezion fatta per le operazioni militari con mandato esecutivo.
"Tutti i passi per assicurare all'Ue un processo decisionale più efficace vanno bene - aggiunge l'ex premier portoghese - Nella fattispecie però non credo che a frenarle sia il voto a maggioranza: spesso l'argomento viene usato come pretesto da quanti dichiarano di voler andare avanti, ma in realtà no. Nei trattati esiste già la possibilità di 'cooperazioni rafforzate' tra alcuni Paesi, basta rispettarne i principi. Sono previsti dall'articolo 20 del Trattato di Lisbona e la massa critica sufficiente per procedere oggi c'è".
"Intese specifiche quali sono le cooperazioni rafforzate vanno raggiunte da almeno nove Stati membri e, siamo onesti, su molte domande non possiamo ambire all'unanimità - spiega Barroso - Attualmente i nove ci sono. E c'è anche abbastanza massa critica per sostenere l'Ucraina". Quanto al programma Rearm Europe di difesa europea approvato dal Consiglio e nella sostanza dal Parlamento, dice ancora, "coloro che sono pronti dovrebbero andare avanti. Francia, Germania e altri lo sono. Allo stesso tempo devono rimanere aperti, come prevedono i trattati, a ulteriori Paesi che potrebbero aggiungersi. È una geometria variabile estensibile a Stati non dell'Ue, come è adesso la Gran Bretagna. Penso che questo dibattito istituzionale di frequente sia una scusa, perché le cose quando lo vogliamo davvero siamo capaci di farle. Importante è superare la frammentazione nell'industria della difesa. Se ogni Paese investe nella rispettiva difesa non aumenteremo quella europea".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Si tratta ancora sul testo della mozione del Pd in vista del voto in Parlamento sulle comunicazioni della premier Meloni in vista del Consiglio Ue. Un accordo sul testo, dopo la lunga riunione di ieri, ancora non è stato trovato. A quanto si apprende, al momento a tenere lontani maggioranza del partito e i riformisti dem è l'aggettivo "radicalmente" voluto dalla segretaria Elly Schlein a proposito dei cambiamenti da apportare a ReErm Eu.
Sulla necessità di invocare modifiche al progetto di difesa Ue di Ursula von del Leyen, invece, le diverse anime del partito si sono trovate d'accordo. "La Schlein vuole marcare la differenza dal Piano, i riformisti pensano invece che ci vogliano debito europeo e difesa comune", sottolinea chi segue le trattative da vicino.
Al testo della mozione lavora già da ieri un gruppo ristretto composto dai capigruppo Francesco Boccia e Chiara Braga, il responsabile Esteri Peppe Provenzano, i capigruppo di commissione Stefano Graziano, Enzo Amendola, Piero De Luca, Tatiana Rojc e Alessandro Alfieri. Una riunione del tavolo ristretto era prevista per stamattina, prima dell'Assemblea dei Gruppi delle 11,30, ma al momento ancora non è iniziata.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - "Spero ci sia la volontà politica per evitare di dividerci di nuovo. Questo è un passaggio storico. Non possiamo sbagliare, è troppo importante. La politica estera e i temi della difesa europea magari non sono decisivi per il consenso elettorale, ma sono fondamentali per la costruzione della credibilità di un soggetto politico e della costruzione di un’alternativa di governo". Lo dice al Foglio Alessandro Alfieri, senatore del Pd e coordinatore di Energia popolare, a proposito della mozione del Pd sulle comunicazioni di Giorgia Meloni in vista del Consiglio Ue.
"Lavoriamo a un documento che sottolinei le criticità del piano sulle quali il governo dovrebbe negoziare con la Commissione – dalla necessità di non sbilanciare il costo del riarmo troppo sui bilanci nazionali, alla necessità di investimenti che contribuiscano a far crescere la collaborazione industriale trai i paesi europei e gli acquisti e programmi comuni tra pesi – ma che confermi comunque che questo è oggi un passaggio necessario per garantire la sicurezza dell’Europa", sottolinea il senatore dem.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - La tregue in Ucraina "ci sarà, è inevitabile. Trump e Putin si sono spinti troppo avanti. Hanno tagliato fuori dal confronto l’Europa che rompe le scatole e ora, escludendo gli altri, hanno obbligato se stessi a portare a casa il risultato. Non possono fallire, non possono tornare alla casella di partenza". Lo dice Romano Prodi a 'Avvenire'.
Ma "la pace è un’altra cosa. È più complicata perché si tratta di definire aspetti complessi. A cominciare dai problemi territoriali. Certo di solito una tregua finisce con il rendere definitivi accordi provvisori", sottolinea l'ex presidente della commissione Ue. Sulla difesa europea, Prodi spiega: "Ora è il momento di farci il nostro ombrello. Penso a un lungo e indispensabile cammino verso la difesa comune. Penso a risorse aggiuntive che vengano progressivamente messe insieme da tutti i Paesi Ue. Penso a risorse spese in modo coordinato e unito. Se aumentiamo le spese militari senza organizzare una politica estera e una difesa comune, sono soldi buttati via".
Prodi, tra le altre cose, parla della situazione del Pd: "In Europa non esiste un Paese in cui un partito abbia la maggioranza. Ecco il tema: creare la compagnia di viaggio" e con il M5s "c’è tanta distanza. Troppa. Questo gioco della separazione quotidiana vuol dire condannarsi alla sconfitta. E invece la sfida è trovare una capacità di mediare avanzando. Servono proposte innovative. Servono proposte che emozionano. Che prendono il cuore. Perchè c’è metà del Paese che non va più a votare. E perchè i giovani non si convincono con proposte in contrasto tra loro".