Secondo i giudici l’acquisto da parte di Lombardia Film Commission del capannone a Cormano, in provincia di Milano, per un prezzo per la Procura 'gonfiato', è stata una "messinscena" che porta a ritenere "sussistente" la "preesistenza di un accordo collusivo" in quanto appare "indubbio che le due parti contrattuali, la fondazione acquirente e la società Immobiliare Andromeda alienante sono da ricondurre invece a un centro di interessi unitario"
I due commercialisti arrestati per l’affare del capannone venduto alla Lombardia film commission sono “uomini di partito“. E per partito s’intende la Lega di Matteo Salvini. Lo scrive il Tribunale del Riesame di Milano nelle motivazioni dell’ordinanza, appena depositate, con cui il 2 ottobre ha confermato per Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni la misura degli arresti domiciliari nell’inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza, coordinata dall’aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Stefano Civardi.
Manzoni, già revisore contabile per la Lega alla Camera, per i giudici “può certamente essere definito un uomo di partito come il suo socio” Di Rubba, che invece era il direttore amministrativo per il Carroccio al Senato. Sempre Manzoni, si legge, “è socio di studio e di affari di Di Rubba nonché l’allievo di Scillieri”, altro commercialista arrestato, “che ha fatto carriera in politica”. Secondo i giudici l’acquisto da parte di Lombardia Film Commission del capannone a Cormano, in provincia di Milano, per un prezzo per la Procura ‘gonfiato’, è stata una “messinscena” che porta a ritenere “sussistente” la “preesistenza di un accordo collusivo” in quanto appare “indubbio che le due parti contrattuali, la fondazione acquirente e la società Immobiliare Andromeda alienante sono da ricondurre invece a un centro di interessi unitario“.
Dalle motivazioni del Riesame emerge che nell’interrogatorio davanti ai pm del 18 settembre Scillieri ha illustrato “gli accordi” tra lui Manzoni e Di Rubba “per ‘spartirsì i soldi” nell’affare della vendita del capannone. I giudici mettono in luce che l’interrogatorio di Scillieri, che ha fatto ammissioni, smonta le ricostruzioni difensive dei due contabili riportate nel provvedimento. Scillieri, infatti, ha spiegato che “sia Di Rubba che Manzoni erano coinvolti nell’affare della fondazione, che entrambi avevano visionato l’immobile di Cormano fin dal 2016, ossia prima ancora che venisse acquistato dalla “sua” Andromeda srl”. E ha parlato dei “problemi sorti per il pagamento dei lavori di ristrutturazione che alla fine esorbitavano dagli accordi già presi da tutti loro con la ditta Barachetti (imprenditore indagato anche lui per peculato, ndr), problemi che andavano ad incidere sulla già preventiva spartizione dei ricavi dell’intera operazione”.
Viene riportato il passaggio del verbale in cui Scillieri ha confermato che una “scrittura privata tra Andromeda e Sdc”, società riferibile a Di Rubba e Manzoni, era fittizia e si trattava di un contratto ‘inesistentè su un terreno in Val Seriana. E sarebbe servito solo a giustificare un passaggio di oltre 178mila euro, parte dei “famosi” 800mila euro della vendita del capannone. “La pezza e la giustificazione di quella pezza – ha messo a verbale Scillieri – sono frutto loro, non so dirle se di Di Rubba o di Manzoni (…) è una fattura per un’operazione inesistente (…) fanno parte degli 800”. Le intercettazioni e le dichiarazioni rese da Luca Sostegni, presunto prestanome in carcere, e “da Scillieri”, scrive il Riesame, “mostrano chiaro come la stessa iniziale ideazione della ‘operazionè e il primo contatto con Scillieri risalgono proprio all’operato del ‘praticantè di Scillieri, ossia di Manzoni”.
Proprio oggi, tra l’altro, l’attuale presidente della Lombardia film commission, Alberto Dell’Acqua, è stato audito in commissione Cultura al Consiglio regionale della Lombardia. Dell’Acqua ha sostenuto che sul capannone di Cormano “oggetto delle vicende giudiziarie ormai note era già stata fatta una mia prima verifica sulla base delle informazioni che avevo raccolto in Fondazione. Ho reiterato questa verifica sulla base delle richieste che mi sono arrivate dai soci acquisendo poi una perizia, che ha confermato congruità del valore economico dell’immobile”. Il presidente ha spiegato che è stata già svolta “una verifica tecnica sulle funzionalità operative è già stata svolta: l’immobile è attualmente utilizzato dalla Fondazione, ci sono gli uffici dei dipendenti e il cineporto è funzionante compatibilmente con i vincoli imposti dal Covid” . Il presidente ha poi annunciato querele per i giornali che hanno raccontato l’indagine di Milano: “E’ chiaro che le note vicende giudiziarie recenti abbiano compromesso la reputazione della Fondazione, quindi dovremo fare una serie di azioni per il recupero del valore dell’immagine. Abbiamo anche rilevato tramite un legale profili diffamatori nei confronti della Fondazione che possono portare a risarcimenti monetari, quindi il Cda ha approvato di muovere queste azioni al fine di essere risarciti da queste attività diffamatorie fatte da alcuni organi di stampa”.