Secondo il responsabile agricoltura di Legambiente la politica agricola europea deve essere coerente con gli obiettivi del green deal europeo. L'Italia ha assunto una posizione ambigua, favorisce il biologico ma ostacola l'agroecologia. Cambiamenti nel settore sono fondamentali anche per contrastare inquinamento e riscaldamento globale
“La Pac è una occasione fondamentale per dare una svolta al sistema agricolo italiano ed europeo. Per questo è cruciale che ci sia un passaggio dai finanziamenti a pioggia al sostegno mirato alle scelte agroecologiche, evitando accordi sottobanco che non fanno bene a nessuno, per primo al pianeta”. Angelo Gentili è il responsabile agricoltura di Legambiente, associazione che partecipa alla coalizione #CambiamoAgricoltura (di cui fanno parte, tra gli altri, Associazione Medici per l’ambiente, Aiab, Associazione agricoltura biodinamica, Fai, Federbio, Legambiente, Lipu, Pronatura e Wwf) impegnata in una campagna di forte mobilitazione per una Pac che rispetti pienamente gli obbiettivi del Green deal europeo . Parlando del dibattito che si sta svolgendo in questi giorni al Parlamento europeo sulla nuova politica agricola comune, e di un possibile accordo al ribasso di conservatori e socialdemocratici, afferma: “Non si può parlare di biodiversità e green deal da un lato e poi non mettere all’interno della Pac obiettivi stringenti rispetto alla sostenibilità”.
Ci può spiegare, anzitutto, cos’è la Pac?
La Pac rappresenta un punto di riferimento fondamentale per la programmazione della politica agricola a livello europeo. Stiamo parlando di una quantità ingente di risorse, intorno ai 400 miliardi di euro a cui si uniranno i fondi del Recovery Fund che dal nostro punto di vista dovrebbero essere in parte destinati ad un chiaro cambio di passo ambientale. La stessa Commissione europea, oltre al Parlamento, ha fatto di recente una scelta importante in tal senso, comprendendo l’importanza di alzare l’asticella, per andare verso una politica globale che consenta di ridurre drasticamente le emissioni per contenere il riscaldamento globale. Occorre essere coerenti.
Come vorreste che fosse allora la nuova Pac?
Noi sosteniamo che possa diventare uno strumento fondamentale nel rapporto tra mondo agricolo, cittadinanza e consumi, per garantire un significativo abbattimento delle emissioni, salvaguardia degli ecosistemi e diminuzione delle pericolose molecole di sintesi. E chiediamo, come insieme di associazioni oltre che come Legambiente, che nella politica agricola vengano incorporate in modo vincolante due strategie europee che sono la “Farm to Fork” e quella sulla “biodiversità”.
Cosa prevedono queste due strategie?
Prevedono innanzitutto una dimezzamento dell’uso fitofarmaci e una riduzione del 20% dei fertilizzanti entro il 2030. Oltre a questo il taglio del 50% del consumo di antibiotici e la conversione del 40% delle superfici al biologico e infine la trasformazione del 10% delle superfici agricole in habitat naturali.
No, insomma, ai finanziamenti a pioggia.
Esatto. Noi vogliamo che si premi la qualità, se un agricoltore fa una serie di cose in direzione della sostenibilità, se salvaguardia l’ecosistema, l’acqua, il suolo va sostenuto. Vogliamo dunque un cambio di passo e vogliamo che ci sia una forte spinta verso il biologico che può rappresentare l’apripista all’interno del sistema agricolo. Pensiamo infatti che possa innescare anche una trasformazione verso metodi più sostenibili del sistema integrato, con un uso di pesticidi controllato. Può inoltre ridurre gli impatti climatici e ambientali, consentendo al comparto agricolo di stare a pieno titolo dentro al Green deal di cui tanto si parla.
Che posizione ha preso il governo italiano?
Noi siamo molto preoccupati delle dichiarazioni della ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, che ha espresso la sua contrarietà ad un impegno minimo delle risorse in direzione della sostenibilità e all’idea che ci debba essere un budget minimo obbligatorio per le pratiche agroecologiche. L’Italia dovrebbe essere tra i protagonisti della svolta green a favore dell’agroecologia, assumendo queste posizioni si pone invece in contrasto con il cambiamento del modello agricolo Abbiamo apprezzato invece la posizione sul tema del biologico, dove la ministra è stata positiva e ha detto quello che noi sosteniamo, cioè che debba diventare l’agricoltura cardine. Noi in Italia siamo leader quanto a produzione biologica, e questo modello va incoraggiato. A questo proposito vorrei però segnalare, con forza, che la legge sul biologico è ferma al Senato, dopo che è passata alla Camera. Probabilmente c’è un fuoco incrociato delle lobby per non farla passare.
E in Parlamento europeo cosa sta accadendo?
C’è stato un accordo tra i tre principali gruppi politici, Epp (popolari), Renew Europe (liberali) e S&D (socialisti e democratici), in pratica tra conservatori e sinistra ma non con i Verdi, su una serie di emendamenti votati in queste ore dal Parlamento europeo per mediare al ribasso gli obiettivi ambiziosi che doveva avere la Pac. Un accordo che sembra condizionato dalle lobby dell’agrobusiness e dalle corporazioni agricole che si oppongono al cambiamento, per non far passare una serie di disposizioni che prevedono di vincolare la Pac a strategie verdi e quindi per annacquare gli scenari e l’obbiettivo di una Pac amica del clima.
Cosa chiedente invece per quanto riguarda il settore zootecnico, cioè degli allevamenti animali?
Allo stesso modo del settore agricolo, chiediamo che non ci siano finanziamenti a pioggia per la zootecnia intensiva, che è responsabile di due terzi delle emissioni, oltre ad essere un settore che presenta problematiche in tema di benessere animale, deiezioni e smaltimento dei reflui, così come rispetto al carico inquinante. Non dimentichiamo che la zootecnia dipende dal foraggio che viene importato, come la soia, e questo crea deforestazione nei settori produttori. Anche in questo ambito, se si allargano troppo le maglie e non si mettono obiettivi stringenti di sostenibilità rischiamo di non cambiare e e di non rendere piu’ sostenibile un settore fondamentale per l’intero sistema agricolo
Quanto infine al tema controverso delle etichette?
Chiediamo sicuramente un’etichettatura che stabilisca con chiarezza da dove provengono gli animali e come sono alimentati, oltre che il tipo di allevamento, come già avviene per le uova. La direzione è quella di un allevamento più sostenibile. Non solo per il benessere degli animali ma anche per tutelare la salute delle persone.