L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha pubblicato il rapporto dello studio Solidarity secondo cui il farmaco non ridurrebbe i decessi nei pazienti ospedalizzati. Ma l'Unione ha già firmato un accordo per 500mila trattamenti per un totale di 1 miliardo e 35mila euro: "Adesso è difficile rinegoziare l'accordo"
L’8 ottobre la Commissione europea ha annunciato la firma di un accordo con la casa farmaceutica Gilead Sciences che prevede l’aggiudicazione congiunta di 500mila trattamenti del farmaco antivirale contro il Covid-19 “Veklury”, il nome commerciale del Remdesivir. In sostanza, i 27 Stati membri, il Regno Unito e altri dieci Paesi associati all’Ue avranno la possibilità di acquistare direttamente il prodotto al prezzo concordato e senza ulteriori negoziati. Tuttavia, solo una settimana dopo, il 15 ottobre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha pubblicato il rapporto dello studio Solidarity secondo cui il farmaco non avrebbe impatto sulla loro mortalità.
Ora diversi ricercatori e rappresentanti di associazioni della società civile chiedono alla Commissione di rinegoziare l’accordo, mentre il Financial Times rende noto che, secondo alcuni funzionari dell’Oms, l’azienda Gilead era stata informata dei risultati dello studio già a settembre, dunque ben prima di firmare l’accordo dell’8 ottobre. “La Commissione deve spiegare il perché di tanta fretta nel concludere l’ultimo contratto con la Gilead e ora rinegoziarlo alla luce dei risultati dello studio dell’Oms”, commenta Yannis Natzis che rappresenta le organizzazioni di pazienti nel consiglio dell’Ema (European Medicine Agency) l’agenzia del farmaco europea. Secondo Natzis si rischia di replicare lo scandalo Tamiflu, il costoso farmaco acquistato nel 2009 in milioni di dosi per proteggerci contro l’aviaria, ma che non servì a nulla.
“L’Ue acquista a più di 2mila euro una dose che ne costa meno di 1”
Il prezzo concordato dalla Commissione europea per ciascun ciclo di trattamento è 2.070 euro, per un totale – nel caso che tutte le dosi vengano acquistate – di 1 miliardo e 35 milioni di euro. Nonostante l’ampiezza della fornitura, i negoziatori europei hanno accettato il pagamento di quasi lo stesso prezzo (2.100 euro) che era stato accordato il 29 luglio nell’ambito del contratto siglato per l’acquisto di una più ridotta fornitura di trattamenti (33.380 pazienti per un totale di circa 70 milioni di euro). “Si tratta del prezzo stabilito dalla stessa Gilead per i Paesi ricchi”, commenta l’europarlamentare Marc Botenga che già a luglio aveva chiesto alla Commissione come mai i negoziatori europei non avessero raggiunto un prezzo inferiore: “Può la Commissione spiegare come, nel mezzo di un’epidemia mondiale, sia possibile pagare migliaia di euro un farmaco il cui costo di produzione è stimato in pochi euro? Le stime ci dicono che il costo di una singola dose è minore di 1 euro”, aveva chiesto senza ottenere risposta, “nonostante le risposte a un’interrogazione urgente come quella dovrebbero essere date entro 3 settimane”. Oggi l’Italia paga per il Remdesivir il prezzo concordato dai negoziatori europei: “Ora è impossibile che gli Stati membri ottengano condizioni migliori – dice Botenga – Il negoziato congiunto è una buona idea perché fa pesare il numero degli acquirenti, però se uno dice che negozia e poi l’unica cosa che fa è accettare il prezzo posto dall’azienda non è un vero negoziato”.
Giulia Grillo: subito nuova negoziazione e licenze obbligatorie
L’ex ministra della Salute e deputata Giulia Grillo ha reagito a queste notizie con un’interpellanza al ministro Speranza “per conoscere i criteri con cui è stato definito l’accordo dell’Ue per il Veklury”: “Come indicato anche in un documento dell’Ufficio parlamentare di Bilancio sul governo della spesa farmaceutica – ha affermato in una nota stampa -, in assenza di una disponibilità da parte delle case produttrici di farmaci a contenere i prezzi, potrebbe essere necessario intervenire per ripensare il sistema dei brevetti”. Grillo ha menzionato la possibilità di utilizzare le licenze obbligatorie, ovvero lo strumento attraverso cui l’Organizzazione Mondiale del Commercio permette, in condizioni di emergenza sanitaria e dietro il pagamento di una royalty di sospendere le normative brevettuali, “anche perché ci avviciniamo ad un rapporto debito/pil intorno al 160% e ogni euro – qualsiasi sia il fondo dal quale provenga – va utilizzato con giudizio”.