Fu la Polizia slovena a segnalare le prime anomalie su Cecilia Marogna, la 39enne di Cagliari divenuta nota come la ‘dama del cardinale” Angelo Becciu, per il legame fiduciario che la lega all’ex numero due della Segreteria di Stato Vaticana. Marogna è stata arrestata a Milano il 13 ottobre scorso, su mandato di cattura internazionale richiesto dall’Ufficio del Promotore di giustizia della Santa Sede. A quanto risulta dalla richiesta di convalida dell’arresto a fini estradizionali fatta pervenire al ministro della Giustizia italiano, Alfonso Bonafede, visionata dall’agenzia Adnkronos, a far nascere i sospetti degli investigatori sloveni sarebbero state una serie di movimentazioni anomale registrate su due conti intestati alla Logsic Doo, la società con sede a Lubiana di cui la manager sarda è amministratrice. A seguito della segnalazione, gli uomini della Gendarmeria Vaticana, attraverso accertamenti bancari, hanno rilevato che i due conti correnti “risultavano alimentati da nove bonifici emessi dalla Segreteria di Stato tra il 20-12-2018 e 1’11-7-2019 per un ammontare complessivo di 575.000 euro” e che molte delle movimentazioni eseguite “riguardavano spese non compatibili con l’oggetto sociale della società“.
Dalla visura camerale della società, infatti, era emerso che la Logsic Doo avrebbe dovuto svolgere attività di assistenza sociale non residenziale mentre dall’analisi degli estratti conto della società era emerso che le spese sostenute dalla Marogna “non avevano alcuna attinenza con le dette finalità assistenziali e umanitarie”. Inoltre, dall’analisi dei conti sono emersi oltre 120 pagamenti tra negozi come Prada, Tod’S, Hogan, Missoni, La Rinascente, Montblanc, Louis Vuitton, Maxmara, Poltronesofa, Auchan, alberghi prestigiosi (come l’Hotel Bagni nuovi di Bormio e l’Hotel Cervo in Costa Smeralda), ristoranti di lusso e, sottolineano gli inquirenti, “ulteriori approfondimenti sono in corso”.
A Marogna sono contestate l’appropriazione indebita aggravata. Gli inquirenti vaticani la accusano essersi appropriata di 575mila euro “che le erano stati affidati in ragione delle sue funzioni utilizzandoli per acquisti voluttuari incompatibili con le finalità impresse dalla Segreteria di Stato all’atto dell’affidamento stesso”. In particolare, alla manager sarda viene contestato di aver agito “con più atti esecutivi della medesima risoluzione” e “in concorso con persone allo stato ignote“. Secondo gli investigatori vaticani la donna “agì da pubblico ufficiale”, questo perché “nell’ordinamento vaticano non esiste la differenza – presente invece nell’ordinamento italiano – tra incaricato di pubblico servizio e pubblico ufficiale” e che “qualsiasi persona titolare di un mandato amministrativo (oltre che legislativo o giudiziario) nello Stato, sia esso nominativo o elettivo, a titolo permanente o temporaneo, remunerato o gratuito, ed a prescindere dalla sua collocazione nell’ambito della organizzazione gerarchica, assume la qualifica di pubblico ufficiale”.
In questo senso ritengono che la manager sarda “per l’incarico ricevuto e la natura delle attività che le erano state affidate attraverso la gestione della Logsic Doo – come visto finanziata esclusivamente con fondi erogati dalla Segreteria di Stato -, abbia rivestito la qualifica di pubblico ufficiale”. Circostanza suffragata anche dalla corrispondenza intercorsa tra Becciu e monsignor Alberto Perlasca, all’epoca Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato vaticana, dalla quale emerge come la Marogna “avrebbe dovuto collaborare ad una operazione delicatissima e di grande importanza, vale a dire contribuire alla liberazione di una suora colombiana, missionaria in Mali e rapita dalla città di Karangasso provincia di Bamako nel febbraio 2017, che certamente può essere considerata di natura pubblica e rientrante nella nozione di mandato amministrativo temporaneo”. Più di ogni altra cosa, secondo gli inquirenti, conta la dichiarazione del 17 novembre 2017 su carta intestata della Segreteria di Stato sottoscritta da Becciu in qualità di Sostituto della Segreteria di Stato, dove il cardinale attestava che “la signora Marogna presta servizio professionale come analista geopolitico e consulente relazioni esterne per la Segreteria di Stato; Sezione Affari Generali”. Una “chiara investitura”, secondo gli inquirenti, “implicante l’esercizio di poteri di natura pubblicistica – quale la gestione e conservazione di fondi pubblici destinati ad una finalità non certamente lucrativa – che la signora Cecilia Marogna, invece, ha svilito sfruttandolo e piegando a proprio unico favore il mandato ricevuto”.
Nelle carte ci sono anche una serie di conversazioni via Whatsapp tra il cardinale Becciu e monsignor Alberto Perlasca, all’epoca Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato vaticana. Il 20 dicembre del 2018 il primo (che già non era più Sostituto della Segreteria di Stato) scrive al secondo di inviare i soldi alla Marogna, incaricata di mediare per il Vaticano per la liberazione di una suora colombiana rapita, e di farlo suddividendo la somma in diverse tranche. “Ti ricordi questione suora colombiana? Pare che qualcosa si muova e il mediatore deve aver subito a disposizione i soldi – scrive Becciu – Li inviamo però a diverse tranche sul conto che più sotto ti indicherò. Primo bonifico: 75.000 euro intestato a ‘Logsic doò. Causale: ‘voluntary contribution for a humanitarian mission‘”. In un successivo messaggio, Becciu ribadisce a monsignor Perlasca la finalità che il fondo avrebbe dovuto assolvere, cioè la liberazione della suora colombiana, alludendo “anche al fatto – sottolineano gli inquirenti – che lo stesso trasferimento fosse stato preceduto dall’autorizzazione della superiore Autorità Sovrana”, ossia il Papa: “Ti ricordo che ne ho riparlato con il SP e vuole mantenere le disposizioni già date e in gran segreto”. Messaggio al quale, peraltro, Monsignor Perlasca risponde “ok per suora” lasciando intendere di essere a conoscenza della vicenda. Agli atti anche lo scambio di messaggi tra Perlasca e Fabrizio Tirabassi, funzionario dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato e suo stretto collaboratore, a cui Perlasca indica i bonifici da fare: “Monsignor Perlasca inoltrava il numero dell’Iban del destinatario – corrispondente al conto corrente intestato alla Logsic Doo – a Fabrizio Tirabassi”, rilevano gli inquirenti nelle carte. Peraltro, lo stesso scambio di messaggi tra Becciu e Perlasca e Perlasca e Tirabassi avviene, rilevano gli inquirenti, “anche in occasione della disposizione degli altri bonifici che hanno costituito il deposito della società Logsic doo”, avvenuti tra gennaio e luglio 2019. Questo porta gli inquirenti a concludere, “con una certezza che esclude ogni possibile ragionevole dubbio, che la Segreteria di Stato aveva versato alla Logsic doo, affidandole alla signora Cecilia Marogna, somme per finalità istituzionali”.
Giustizia & Impunità
Vaticano, così è nata l’inchiesta sulla “dama del cardinale” Becciu: “I sospetti della polizia slovena e i 9 bonifici della Santa Sede”
A quanto risulta dalla richiesta di convalida dell’arresto a fini estradizionali fatta pervenire al ministro della Giustizia italiano, Alfonso Bonafede, visionata dall'agenzia Adnkronos, a far nascere i sospetti della polizia slovena sono state una serie di movimentazioni anomale registrate su due conti intestati alla Logsic Doo. Nelle carte anche i messaggi whatsapp tra il cardinale Becciu e monsignor Alberto Perlasca, all’epoca Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato vaticana
Fu la Polizia slovena a segnalare le prime anomalie su Cecilia Marogna, la 39enne di Cagliari divenuta nota come la ‘dama del cardinale” Angelo Becciu, per il legame fiduciario che la lega all’ex numero due della Segreteria di Stato Vaticana. Marogna è stata arrestata a Milano il 13 ottobre scorso, su mandato di cattura internazionale richiesto dall’Ufficio del Promotore di giustizia della Santa Sede. A quanto risulta dalla richiesta di convalida dell’arresto a fini estradizionali fatta pervenire al ministro della Giustizia italiano, Alfonso Bonafede, visionata dall’agenzia Adnkronos, a far nascere i sospetti degli investigatori sloveni sarebbero state una serie di movimentazioni anomale registrate su due conti intestati alla Logsic Doo, la società con sede a Lubiana di cui la manager sarda è amministratrice. A seguito della segnalazione, gli uomini della Gendarmeria Vaticana, attraverso accertamenti bancari, hanno rilevato che i due conti correnti “risultavano alimentati da nove bonifici emessi dalla Segreteria di Stato tra il 20-12-2018 e 1’11-7-2019 per un ammontare complessivo di 575.000 euro” e che molte delle movimentazioni eseguite “riguardavano spese non compatibili con l’oggetto sociale della società“.
Dalla visura camerale della società, infatti, era emerso che la Logsic Doo avrebbe dovuto svolgere attività di assistenza sociale non residenziale mentre dall’analisi degli estratti conto della società era emerso che le spese sostenute dalla Marogna “non avevano alcuna attinenza con le dette finalità assistenziali e umanitarie”. Inoltre, dall’analisi dei conti sono emersi oltre 120 pagamenti tra negozi come Prada, Tod’S, Hogan, Missoni, La Rinascente, Montblanc, Louis Vuitton, Maxmara, Poltronesofa, Auchan, alberghi prestigiosi (come l’Hotel Bagni nuovi di Bormio e l’Hotel Cervo in Costa Smeralda), ristoranti di lusso e, sottolineano gli inquirenti, “ulteriori approfondimenti sono in corso”.
A Marogna sono contestate l’appropriazione indebita aggravata. Gli inquirenti vaticani la accusano essersi appropriata di 575mila euro “che le erano stati affidati in ragione delle sue funzioni utilizzandoli per acquisti voluttuari incompatibili con le finalità impresse dalla Segreteria di Stato all’atto dell’affidamento stesso”. In particolare, alla manager sarda viene contestato di aver agito “con più atti esecutivi della medesima risoluzione” e “in concorso con persone allo stato ignote“. Secondo gli investigatori vaticani la donna “agì da pubblico ufficiale”, questo perché “nell’ordinamento vaticano non esiste la differenza – presente invece nell’ordinamento italiano – tra incaricato di pubblico servizio e pubblico ufficiale” e che “qualsiasi persona titolare di un mandato amministrativo (oltre che legislativo o giudiziario) nello Stato, sia esso nominativo o elettivo, a titolo permanente o temporaneo, remunerato o gratuito, ed a prescindere dalla sua collocazione nell’ambito della organizzazione gerarchica, assume la qualifica di pubblico ufficiale”.
In questo senso ritengono che la manager sarda “per l’incarico ricevuto e la natura delle attività che le erano state affidate attraverso la gestione della Logsic Doo – come visto finanziata esclusivamente con fondi erogati dalla Segreteria di Stato -, abbia rivestito la qualifica di pubblico ufficiale”. Circostanza suffragata anche dalla corrispondenza intercorsa tra Becciu e monsignor Alberto Perlasca, all’epoca Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato vaticana, dalla quale emerge come la Marogna “avrebbe dovuto collaborare ad una operazione delicatissima e di grande importanza, vale a dire contribuire alla liberazione di una suora colombiana, missionaria in Mali e rapita dalla città di Karangasso provincia di Bamako nel febbraio 2017, che certamente può essere considerata di natura pubblica e rientrante nella nozione di mandato amministrativo temporaneo”. Più di ogni altra cosa, secondo gli inquirenti, conta la dichiarazione del 17 novembre 2017 su carta intestata della Segreteria di Stato sottoscritta da Becciu in qualità di Sostituto della Segreteria di Stato, dove il cardinale attestava che “la signora Marogna presta servizio professionale come analista geopolitico e consulente relazioni esterne per la Segreteria di Stato; Sezione Affari Generali”. Una “chiara investitura”, secondo gli inquirenti, “implicante l’esercizio di poteri di natura pubblicistica – quale la gestione e conservazione di fondi pubblici destinati ad una finalità non certamente lucrativa – che la signora Cecilia Marogna, invece, ha svilito sfruttandolo e piegando a proprio unico favore il mandato ricevuto”.
Nelle carte ci sono anche una serie di conversazioni via Whatsapp tra il cardinale Becciu e monsignor Alberto Perlasca, all’epoca Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato vaticana. Il 20 dicembre del 2018 il primo (che già non era più Sostituto della Segreteria di Stato) scrive al secondo di inviare i soldi alla Marogna, incaricata di mediare per il Vaticano per la liberazione di una suora colombiana rapita, e di farlo suddividendo la somma in diverse tranche. “Ti ricordi questione suora colombiana? Pare che qualcosa si muova e il mediatore deve aver subito a disposizione i soldi – scrive Becciu – Li inviamo però a diverse tranche sul conto che più sotto ti indicherò. Primo bonifico: 75.000 euro intestato a ‘Logsic doò. Causale: ‘voluntary contribution for a humanitarian mission‘”. In un successivo messaggio, Becciu ribadisce a monsignor Perlasca la finalità che il fondo avrebbe dovuto assolvere, cioè la liberazione della suora colombiana, alludendo “anche al fatto – sottolineano gli inquirenti – che lo stesso trasferimento fosse stato preceduto dall’autorizzazione della superiore Autorità Sovrana”, ossia il Papa: “Ti ricordo che ne ho riparlato con il SP e vuole mantenere le disposizioni già date e in gran segreto”. Messaggio al quale, peraltro, Monsignor Perlasca risponde “ok per suora” lasciando intendere di essere a conoscenza della vicenda. Agli atti anche lo scambio di messaggi tra Perlasca e Fabrizio Tirabassi, funzionario dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato e suo stretto collaboratore, a cui Perlasca indica i bonifici da fare: “Monsignor Perlasca inoltrava il numero dell’Iban del destinatario – corrispondente al conto corrente intestato alla Logsic Doo – a Fabrizio Tirabassi”, rilevano gli inquirenti nelle carte. Peraltro, lo stesso scambio di messaggi tra Becciu e Perlasca e Perlasca e Tirabassi avviene, rilevano gli inquirenti, “anche in occasione della disposizione degli altri bonifici che hanno costituito il deposito della società Logsic doo”, avvenuti tra gennaio e luglio 2019. Questo porta gli inquirenti a concludere, “con una certezza che esclude ogni possibile ragionevole dubbio, che la Segreteria di Stato aveva versato alla Logsic doo, affidandole alla signora Cecilia Marogna, somme per finalità istituzionali”.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.