Le trattative sono andate avanti per tutta la notte, ma restano le divisioni. Landini, Furlan e Bombardieri spingono affinché lo stop ai licenziamenti vada avanti di pari passo con le altre misure anti-Covid, mentre il governo punta ad estendere la Cig fino a primavera, mentre a partire da gennaio le aziende dovrebbero poter tornare a licenziare. Chiesto un tavolo con il premier Conte per sciogliere il nodo
Si è concluso con un nulla di fatto il vertice tra governo e sindacati sulla proroga degli ammortizzatori sociali e del blocco dei licenziamenti. Le trattative sono iniziate ieri sera alle 19.30 a Palazzo Chigi tra Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Pierpaolo Bombardieri con i ministri dell’Economia e del Lavoro, Roberto Gualtieri e Nunzia Catalfo, e sono andate avanti per tutta la notte. Ma un accordo ancora non c’è. I leader sindacali di Cgil, Cisl e Uil chiedono che le due misure vadano avanti di pari passo, unite agli altri provvedimenti emergenziali anti-Covid, e puntano ad estenderle almeno fino a marzo 2021, mentre l’esecutivo è fermo sulle sue posizioni: cassa integrazione fino alla primavera – così come già previsto nella nuova legge di bilancio – e stop ai licenziamenti fino a fine anno. Anche se, stando a quanto riferito dal quotidiano La Stampa, il punto di caduta potrebbe essere un prolungamento del blocco almeno fino a gennaio. Poi si vedrà, in base soprattutto all’andamento della pandemia e all’impatto sul tessuto socio-economico del Paese.
Sta di fatto che le posizioni di governo e sindacati restano distanti. Cgil Cisl e Uil hanno riunito più volte le segreterie unitarie nel corso della notte alla ricerca di uno sblocco, finché intorno alle 3 del mattino si è deciso di fermare le trattative. “Sin che dura questa straordinaria condizione di crisi sanitaria” bisogna garantire la tutela dei lavoratori, è la loro convinzione. Perciò è “inaccettabile” che, a partire da inizio 2021, le aziende possano ricominciare a licenziare. Se così fosse, sarebbero pronti a mettere in campo altre iniziative di mobilitazione. “Siamo in emergenza e vale per tutti, quindi non ha senso licenziare”, dice il leader della Cgil Landini: “Bisogna coprire da metà novembre fino al 21 di marzo“. Dall’inizio dell’emergenza sono stati persi “700mila posti di lavoro. Sarebbe insopportabile e ingiustificato allargare le maglie”, insiste la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. “La crisi sociale è dietro l’angolo e noi siamo molto preoccupati: chiediamo alla politica e al governo di non chiudere gli occhi”, si accoda Bombardieri della Uil, che in mattinata attacca anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi (contrario alla proroga): “Credo che rappresenti interessi particolari – afferma Bombardieri -. La situazione oggi è drammatica. Sboccare i licenziamenti sarebbe un ulteriore danno”.
Arrivati a questo punto, la richiesta è che ci sia “una convocazione da parte del presidente del Consiglio e attendono l’avvio, in tempi brevissimi, di un tavolo a Palazzo Chigi”. La ministra Catalfo e il ministro Gualtieri – riferiscono – “hanno rinviato al premier e al governo nella sua interezza una decisione al proposito”. Nel frattempo c’è ancora attesa per il decreto ad hoc che l’esecutivo deve ancora varare per poter estendere la Cig fino a dicembre. Il provvedimento consentirà di ricorrere ancora alla cassa integrazione per le imprese e i lavoratori che hanno già utilizzato anche le altre 18 settimane del decreto agosto, così che non restino scoperti dopo la metà di novembre: questo è un fatto positivo, ma non basta, rimarcano Cgil, Cisl e Uil. Finito il blocco del 2020, i licenziamenti sarebbero autorizzati per tutti, tranne che per le aziende che usufruiranno delle nuove settimane di cig Covid nel 2021. Con la manovra si dovrebbero infatti prevedere altre 18 settimane, da utilizzare nel 2021, che potranno richiedere anche le imprese che finora non hanno usufruito degli ammortizzatori di emergenza e abbiano registrato perdite oltre il 20%.
Sullo sfondo restano poi le divergenze su altri nodi relativi alla tutela dei lavoratori. I sindacati ritengono infatti “del tutto insufficienti” le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici e per le assunzioni “indispensabili” alla scuola e alla pubblica amministrazione: in manovra, per il rinnovo triennale, ci sono 400 milioni aggiuntivi (3,8 miliardi a regime). Chiedono vi sia almeno un miliardo in più. E spingono per l’utilizzo di tutte le risorse europee, a partire dal Mes per la sanità. La ministra Catalfo fa sapere invece di essere al lavoro per un assegno di disoccupazione ai precari. Si sta studiando “una modifica normativa che alleggerisca i requisiti di accesso alla Naspi da parte dei giovani con carriere lavorative discontinue”.