In Italia la giustizia è lenta. In qualche caso la più lenta dell’Unione europea. Un refrain che ora riceve il bollo del Cepej, la commissione europea per l’efficacia della giustizia del consiglio d’Europa. Gli analisti di Strasburgo ogni due anni valutano l’efficienza dei sistemi giudiziari dei Paesi membri. Dal rapporto lungo 138 pagine (consultabile qui) si evince che In Italia nel 2018 il tempo medio per arrivare a una sentenza in primo grado in un processo penale è stato il più elevato d’Europa: 361 giorni contro una media di 144 giorni. Rispetto al 2010 si sono guadagnati 32 giorni che diventano 51 rispetto al 2016, anno in cui sono state introdotte una serie di depenelizzazioni.
In un processo civile e di contenzioso commerciale, invece, il tempo medio è stato di 527 giorni, secondo solo a quello della Grecia (559 giorni), contro una media europea di 233 giorni. A Roma servono in media 889 giorni per arrivare a una sentenza di primo grado in un processo amministrativo davanti al Tar, contro una media europea di 323 giorni. In questa classifica la maglia nera spetta a Malta con 1.057 giorni, mentre in Portogallo servivano 928 giorni.
“I motivi dietro la lunghezza dei processi in Italia sono diversi, ma sicuramente la quantità di arretrato accumulato gioca un ruolo importante”, spiegano gli esperti del Cepej. “L’Italia, come dimostrano i dati sui casi chiusi ogni anno tra il 2010 e 2018, si è sforzata di risolvere questo problema”, osservano a Strasburgo, “ma questi stessi dati mostrano che il sistema giudiziario non è stabile e che non può mantenere un carico di lavoro che supera una certa soglia”. L’arretrato in Italia è rimasto piuttosto alto: vengono segnalati 2,09 casi pendenti per 100 abitanti nel 2018. Nel nostro paese il 44,8% dei casi in sospeso è più vecchio di due anni, a Malta lo stessa data arriva al 45,6%.
Nel resto del rapporto si evidenziano una serie di dati legati alla giustizia nei Paesi membri. Per quanto riguarda il budget è stato registrato un aumento tra il 2010 e il 2018: gli stati europei spendono in media 72 euro per abitante all’anno per l’ordinamento giuridico (cioè 8 € in più rispetto al 2016). “Il 65% dei budget è assegnato ai tribunali (che hanno registrato il maggior aumento, con il 13% tra il 2016 e il 2018), il 24% alle autorità giudiziarie e l’11% al patrocinio a spese dello Stato”, spiegando dal Cepej. Da Strasburgo notano poi “una tendenza crescente verso l’esternalizzazione di alcuni servizi” mentre a livello statistico “i paesi meno abbienti spendono in proporzione di più per le loro autorità di perseguimento penale, mentre i paesi più ricchi investono di più nell’assistenza legale”.