Il Vaticano rinnova per altri due anni l’accordo con la Cina per la nomina dei vescovi. Una decisione fortemente voluta da Papa Francesco e dal cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, nonostante le obiezioni che l’intesa ha suscitato in questi ventiquattro mesi anche all’interno delle gerarchie della Chiesa cattolica. Come ha precisato il porporato, si tratta di un’intesa esclusivamente pastorale che non apre ancora alle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. In un comunicato, il Vaticano ha spiegato che “alla scadenza della validità dell’accordo provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese sulla nomina dei vescovi, stipulato a Pechino il 22 settembre 2018 ed entrato in vigore un mese dopo, le due parti hanno concordato di prorogare la fase attuativa sperimentale dell’accordo provvisorio per altri due anni. La Santa Sede, ritenendo che l’avvio dell’applicazione del suddetto accordo, di fondamentale valore ecclesiale e pastorale, è stato positivo, grazie alla buona comunicazione e collaborazione tra le parti nella materia pattuita, è intenzionata a proseguire il dialogo aperto e costruttivo per favorire la vita della Chiesa cattolica e il bene del popolo cinese”. Contro il rinnovo dell’intesa si era espresso anche il Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo: “Due anni fa, la Santa Sede ha raggiunto un accordo con il partito comunista cinese, sperando di aiutare i cattolici in Cina. Invece gli abusi del partito nei confronti dei credenti sono soltanto peggiorati. Dovesse rinnovare l’accordo, il Vaticano mette a rischio la propria autorità morale”.
Posizione che ha trovato la ferma opposizione del cardinale Parolin che, proprio alla vigilia del rinnovo, ha incontrato Pompeo e ha avuto modo di ascoltare le sue obiezioni. Ma per il porporato, “grazie all’accordo, tutti i vescovi cinesi sono in comunione con il Papa. Non abbiamo più vescovi illegittimi”. Parolin si è detto anche soddisfatto per i risultati dei primi due anni dell’intesa: “Se guardiamo all’accordo possiamo ritenerci contenti. Speriamo che possa esserci un funzionamento migliore e continuo dei termini dell’accordo. Poi ci sono anche tanti altri problemi che l’accordo non si proponeva di risolvere. Sottolineeremo molto questo: non pensate che l’accordo possa risolvere tutti i problemi che ci sono in Cina”.
Il Vaticano ha precisato, inoltre, che “per quanto riguarda i risultati finora raggiunti, sulla base del quadro normativo stabilito dall’accordo, sono stati nominati due vescovi (S.E. Mons. Antonio Yao Shun, di Jining, regione autonoma della Mongolia Interna, e S.E. Mons. Stefano Xu Hongwei, a Hanzhong, provincia di Shaanxi), mentre diversi altri processi per le nuove nomine episcopali sono in corso, alcuni in fase iniziale altri in fase avanzata. Anche se, statisticamente, questo può non sembrare un grande risultato, esso rappresenta, tuttavia, un buon inizio, nella speranza di poter raggiungere progressivamente altre mete positive. Non è possibile trascurare il fatto che negli ultimi mesi il mondo intero è stato quasi paralizzato dall’emergenza sanitaria, che ha influenzato la vita e l’attività, in quasi tutti i settori della vita pubblica e privata. Il medesimo fenomeno ha influito, ovviamente, anche sui contatti regolari tra la Santa Sede e il governo cinese e sulla stessa attuazione dell’accordo provvisorio”.