La casa deve essere costruita seguendo il progetto, con tre piani, fatto dalla Signora Plautilla Bricci Arch[it]ettrice, sia sulla fronte, sui lati e nella parte posteriore così come è nei disegni fatti da Plautilla, che sono stati dati a me [Benedetti] per accompagnare questo documento.

Questo è ciò che ordinava il committente proprietario Elpidio Benedetti nel contratto del 1663 al costruttore Marco Antonio Bergiola. Tale prescrizione è quello che auspica ogni architetto per ogni progetto, non desiderando infatti che il suo impegno, frutto di studi, ricerche, della preparazione di una marea di elaborati venga poi stravolto dalle centinaia di passaggi burocratici e da direttori dei lavori “infedeli”.

Questo può accadere oggi, a meno che tu sia un archistar, dove ottieni il controllo e la supervisione anche se non hai redatto il progetto esecutivo. Invece nella seconda metà del ‘600 una donna romana, la prima architetto della storia dell’umanità, godeva del giusto rispetto e considerazione, coniando essa stessa il termine bellissimo di Architettrice, molto meglio del controverso architetta.

L’ho inventata io il giorno in cui Mastro Beragiola è venuto a casa mia col notaio per incassare i cinquecento scudi di anticipo e firmare il capitolato. Stilato da Elpidio, sotto mia dettatura, prevedeva sei pagine di istruzioni: ma nel contratto come doveva definirmi? La signora Plautilia Briccia era troppo poco. Pittrice di San Luca dannoso, perché svelava la mia specializzazione in un’altra arte. Architetto no, Architetta? Suonava ridicolo. La donna pittore è una pittrice, la donna miniatore miniatrice. Architettrice dunque.

Plautilla Bricci, della quale si trovano molti riscontri nell’Archivio storico di Roma, ebbe una vita complessa, travagliata, gratificata però da incontri straordinari e lusinghieri apprezzamenti e riconoscimenti. Su di lei diversi libri, quello di Consuelo Lollobrigida “L’architettrice del Barocco Romano”, Gangemi Editore, poi “La Villa Il Vascello” di Carla Benocci, Erasmo Edizioni ed infine “L’Architettrice” di Melania Mazzucco, Einaudi Editore, che in pochi mesi è diventato un best seller.

Il suo più importante incarico fu, per l’appunto, la Villa del Vascello, subentrando men che meno a Bernini, l’archistar del 600, una villa fuori Porta San Pancrazio che dominava “tutta la campagna fino al mare […] havendo anco per oggetto di prospettiva il palazzo Vaticano”, e fu “edificata a similitudine d’un vascello sopra uno scoglio”, anzi aveva addirittura la “forma di un gran vascello da guerra, di cui rappresenta perfettamente tutte le parti esterne che non vi mancano che gli alberi e le vele”.

La villa fu terminata entro il 1667, secondo il progetto dell’Architettrice Plautilla Bricci, citata più volte come direttore dei lavori e responsabile di tutte le eventuali variazioni in corso d’opera in alcuni importanti documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Roma. La sua presenza in cantiere, costante, l’uso della strumentazione e la conoscenza dei materiali la rendevano apprezzata e credibile verso le maestranze.

L’incarico le venne conferito da un committente prestigioso ed autorevole, nientemeno che il segretario del Cardinale Mazzarino, l’Abate Elpidio Benedetti che in primo tempo su indicazione del suo Capo aveva pensato a Bernini, che già aveva buttato giù qualche idea. Viceversa la sua scelta singolare cadde sulla donna; inesistente nella produzione architettonica secentesca è la presenza femminile quale progettista e direttore dei lavori, mentre più consueta in pittura e miniatura.

La famiglia cui appartiene la Bricci, pur non abbiente, è colta e fa parte dell’entourage del Benedetti e dell’ambiente francese: il padre Giovanni è pittore, musicista, commediografo, autore di motti, il fratello Basilio coadiuva, come assistente, la sorella nel cantiere della villa.

Plautilla riceve nel 1664 anche l’incarico dal Benedetti di decorare la cappella di S. Luigi nella chiesa nazionale francese di S. Luigi dei Francesi, cappella che ella amplia e decora dal 1671 al 1680, realizzando in più la Pala d’altare.

In segno di devozione e gratitudine Benedetti dona nel 1677 l’usufrutto di una sua casa alla Bricci, confermandoglielo nel suo testamento, fatto che sarà nel bene o nel male una consuetudine sino ai nostri giorni di molti committenti, a corto di liquidità.

Plautilla era un esempio, insieme a Ortensia e Maria Mancini, di emancipazione femminile. Nella stessa villa romana Benedetti dedica la sala principale al pianterreno proprio alle donne: è infatti “tutta ornata di quadri di ritratti di donne principali di Francia e d’Italia“.

L’“architettrice” Plautilla, membro dell’Accademia di S. Luca, introduce un modello di villa francese, molte infatti sono le analogie tra barocco romano e francese, come anche del resto sottolineato nella bella Mostra appena conclusasi a Venaria Reale, ”Sfida al Barocco”. Lo spazio ed i caratteri distributivi, che alcuni ritengono ispirati al palazzo del Lussemburgo, costruito a Parigi tra il 1615 ed il 1624, in realtà molto hanno a che fare con la razionalità, la manualità e la conoscenza delle successioni domestiche e della cura dell’igiene, così importanti oggi nell’epoca del Covid, che solo una donna possiede.

Nella realizzazione questo progetto è sottoposto a sostanziali modifiche, tutte sotto il controllo di Plautilla, documentate nel libretto del 1677: al secondo piano attorno ad una saletta centrale “in forma quadrangolare” sono quattro appartamenti che “consistono in una ristretta ma sufficiente e comoda habitatione per quattro persone, toccando a ciascheduno d’havere oltre la sala comune una libera camera con un gabinetto, piccola libraria et altro necessario servitio, e negli armarj tutto ciò che può bisognare”.

Singolare per l’epoca la dotazione di vari ”gabinetti“, sia per la zona notte che giorno, la villa pur barocca e con una scenografica facciata conteneva elementi di innovazione sino a quel tempo sconosciuti.

Purtroppo, nel 1849 la villa fu in grande parte distrutta dall’attacco francese durante la Repubblica Romana ma i molti disegni e le cronache dell’epoca ce l’hanno restituita sino ad oggi.
Plautilla, che amava molto la sua città e la percorreva in lungo e in largo, chissà cosa direbbe oggi di alcune strade della sua Roma che stanno per essere spogliate dei caratteristici sampietrini risalenti al 1587, e che alcuni resti di ponti romani vengano cancellati o usati come discarica.

Chissà cosa direbbe oggi Plautilla, donna libera, cresciuta culturalmente ed artisticamente in un’epoca di “nudo sfarzoso”, dove il corpo ostentava meraviglia, di fronte alla mortificazione che nuovi “braghettoni” ci vorrebbero imporre.

Chissà cosa avrebbe detto Plautilla delle lungaggini delle opere architettoniche, dovute per lo più agli innumerevoli passaggi burocratici, più esercizio di potere che di controllo, lei che l’archistar dell’epoca l’aveva, almeno per il Vascello, superato.

L’amore per l’Architettura che Plautilla ebbe per la tutta la vita la aiutò anche nei tanti momenti difficili, dimostrando come sia salvifica la passione per l’arte ma soprattutto la Bellezza.

I disegni sono autorizzati dall’Archivio di Stato di Roma

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