La stretta agli ecoreati non è approdata nemmeno stavolta sul tavolo del Consiglio dei ministri. Il ddl Terra mia, il testo-bandiera del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, doveva essere tra quelli all’esame del governo giovedì 22 ottobre. L’esponente M5s ne parla da due anni e ne ha più volte annunciato il varo in tempi brevi. Questa sembrava la volta buona, ma all’ultimo – ancora una volta – i veti incrociati dei renziani di Italia Viva e del Pd poco convinto dal testo hanno avuto la meglio.
L’ultima versione del disegno di legge firmata il 22 settembre scorso, che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare, prevedeva alcuni cambiamenti: modifiche a diverse norme, principalmente alcuni articoli contenuti nel decreto legislativo 152/06, ossia il Testo Unico sull’Ambiente. Ma anche al Codice Penale, a quello Antimafia del 2011 e alla normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti, con alcuni interventi anche sul Codice di procedura penale e sul Testo unico sull’immigrazione.
I VETI INCROCIATI DI RENZIANI E PD – Come racconta Il Domani, sabato scorso il disegno di legge non è stato presentato in Consiglio dei ministri perché mancava l’intesa tra democratici e Movimento 5 Stelle mentre la deputata di Italia Viva Silvia Fregolent aveva preannunciato: “Questo testo non lo voteremo mai in aula, abbiamo chiesto inutilmente un tavolo di lavoro”. E oggi i renziani hanno ottenuto un ulteriore slittamento. Eppure Italia Viva, ancora prima dell’ultimo rinvio, aveva già portato a casa la cancellazione di un articolo che prevedeva pene più severe per le aziende zootecniche che scaricano i reflui nei corsi d’acqua. Per i renziani il colpo di grazia alle aziende in un periodo già complicato, ma per Costa un tassello della battaglia in cui si è speso personalmente e in cui si gioca molto.
LA DISCARICA ABUSIVA – Il testo ancora fermo sulla scrivania di Costa si compone di 32 articoli, distribuiti in sei capi. L’articolo 1 del testo modifica le sanzioni penali relative a interventi e attività soggetti ad Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Cambiano le sanzioni in caso di esercizio abusivo delle discariche e si responsabilizzano maggiormente i proprietari dei fondi sui quali vengono realizzate, per i quali sarà più difficile rientrare in possesso delle aree sequestrate o confiscate. Nel dettaglio, per l’esercizio non autorizzato di una discarica si applicano le pene della reclusione da uno a tre anni (oggi è da sei mesi a due anni) e multe da 5mila euro a 25mila euro (oggi è da 2.600 a 26mila euro). Se la discarica abusiva è, anche in parte, destinata allo smaltimento di rifiuti pericolosi, la reclusione da tre a sei anni (oggi è da uno a tre anni) e le multa da 25mila a 100mila euro (oggi da 5.200 a 52mila).
LA CONFISCA – Rispetto al regime della confisca, la disciplina attualmente vigente stabilisce che, in caso di condanna o patteggiamento, l’area utilizzata come discarica debba essere confiscata “se di proprietà dell’autore o del compartecipe del reato”. Il nuovo testo interviene in maniera più incisiva, non solo per evitare che i gestori della discarica possano sottrarsi alle conseguenze patrimoniali dei loro illeciti, ma anche con l’obiettivo di responsabilizzare i proprietari dei fondi su cui vengono realizzate le discariche. Il ddl Terra mia prevede, infatti, che per rientrare in possesso delle aree sequestrate o confiscate, i titolari debbano dimostrare non solo di essere in buona fede e di non aver tratto profitto dall’attività illecita di altri, ma anche di aver utilizzato “ogni opportuna diligenza” per evitare l’impiego dei propri beni in queste attività. L’area utilizzata come discarica resta da confiscare, in linea di principio, “salvo che appartenga a persona estranea al reato”, lasciando fermi, in ogni caso, gli obblighi di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi.
LA GESTIONE E L’ABBANDONO DI RIFIUTI – Rischia la pena da uno a tre anni e una multa da 5mila a 25mila euro (con la stessa aggravante in caso di rifiuti pericolosi) anche chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione. L’articolo 2 trasforma l’abbandono di rifiuti pericolosi da parte di privati (attualmente un illecito amministrativo) in illecito penale contravvenzionale e, quindi, soggetto alle pene alternative dell’arresto da tre mesi a un anno o dell’ammenda da 2.600 a 26mila euro. Oggi, invece, chi abbandona o deposita rifiuti (“ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee”) è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3mila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.
LE MODIFICHE AL CODICE ANTIMAFIA – Un’altra importante novità è rappresentata dalle modifiche al decreto legislativo 159 del 2011, il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. L’articolo 13 del nuovo testo, infatti, include anche l’ambiente (accanto a integrità fisica o morale dei minorenni, sanità, sicurezza o tranquillità pubblica) tra i beni giuridici rilevanti da tutelare, estendendo anche a chi commette reati che “offendono o mettono in pericolo” l’ambiente le misure di prevenzione di competenza del questore, come il foglio di via.
Con il cosiddetto daspo ambientale sarà possibile disporne l’allontanamento dai luoghi dove si ritiene commettano illeciti contro l’ambiente. Si potranno applicare misure di prevenzione, come la sorveglianza speciale di polizia di Stato, a soggetti indiziati dei delitti di inquinamento ambientale, morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Per quest’ultimo delitto, contemplato tra i reati delle associazioni, erano già previste le misure di prevenzione, che ora saranno però applicabili anche se viene commesso “al di fuori di contesti delinquenziali strutturati in forma associativa”.
LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI – L’articolo 17 amplia poi la lista dei reati ambientali per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti: vi rientreranno l’incendio boschivo, il reato di morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, quello di impedimento di controllo, di omessa bonifica e di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
Ambiente & Veleni
Terra mia, la stretta agli ecoreati salta ancora: renziani contrari, non va in cdm la legge con daspo ambientale e pene più severe
Il ministro Costa ne parla da due anni e ne ha più volte annunciato il varo in tempi brevi. Il testo si compone di 32 articoli, distribuiti in sei capi che riguardano sanzioni penali, discariche abusive, confisca e chiamata in causa dei proprietari del terreni dove si commettono i reati e delle imprese che li commettono. Modifica il Codice antimafia includendo anche l’ambiente tra i beni giuridici rilevanti da tutelare
La stretta agli ecoreati non è approdata nemmeno stavolta sul tavolo del Consiglio dei ministri. Il ddl Terra mia, il testo-bandiera del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, doveva essere tra quelli all’esame del governo giovedì 22 ottobre. L’esponente M5s ne parla da due anni e ne ha più volte annunciato il varo in tempi brevi. Questa sembrava la volta buona, ma all’ultimo – ancora una volta – i veti incrociati dei renziani di Italia Viva e del Pd poco convinto dal testo hanno avuto la meglio.
L’ultima versione del disegno di legge firmata il 22 settembre scorso, che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare, prevedeva alcuni cambiamenti: modifiche a diverse norme, principalmente alcuni articoli contenuti nel decreto legislativo 152/06, ossia il Testo Unico sull’Ambiente. Ma anche al Codice Penale, a quello Antimafia del 2011 e alla normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti, con alcuni interventi anche sul Codice di procedura penale e sul Testo unico sull’immigrazione.
I VETI INCROCIATI DI RENZIANI E PD – Come racconta Il Domani, sabato scorso il disegno di legge non è stato presentato in Consiglio dei ministri perché mancava l’intesa tra democratici e Movimento 5 Stelle mentre la deputata di Italia Viva Silvia Fregolent aveva preannunciato: “Questo testo non lo voteremo mai in aula, abbiamo chiesto inutilmente un tavolo di lavoro”. E oggi i renziani hanno ottenuto un ulteriore slittamento. Eppure Italia Viva, ancora prima dell’ultimo rinvio, aveva già portato a casa la cancellazione di un articolo che prevedeva pene più severe per le aziende zootecniche che scaricano i reflui nei corsi d’acqua. Per i renziani il colpo di grazia alle aziende in un periodo già complicato, ma per Costa un tassello della battaglia in cui si è speso personalmente e in cui si gioca molto.
LA DISCARICA ABUSIVA – Il testo ancora fermo sulla scrivania di Costa si compone di 32 articoli, distribuiti in sei capi. L’articolo 1 del testo modifica le sanzioni penali relative a interventi e attività soggetti ad Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Cambiano le sanzioni in caso di esercizio abusivo delle discariche e si responsabilizzano maggiormente i proprietari dei fondi sui quali vengono realizzate, per i quali sarà più difficile rientrare in possesso delle aree sequestrate o confiscate. Nel dettaglio, per l’esercizio non autorizzato di una discarica si applicano le pene della reclusione da uno a tre anni (oggi è da sei mesi a due anni) e multe da 5mila euro a 25mila euro (oggi è da 2.600 a 26mila euro). Se la discarica abusiva è, anche in parte, destinata allo smaltimento di rifiuti pericolosi, la reclusione da tre a sei anni (oggi è da uno a tre anni) e le multa da 25mila a 100mila euro (oggi da 5.200 a 52mila).
LA CONFISCA – Rispetto al regime della confisca, la disciplina attualmente vigente stabilisce che, in caso di condanna o patteggiamento, l’area utilizzata come discarica debba essere confiscata “se di proprietà dell’autore o del compartecipe del reato”. Il nuovo testo interviene in maniera più incisiva, non solo per evitare che i gestori della discarica possano sottrarsi alle conseguenze patrimoniali dei loro illeciti, ma anche con l’obiettivo di responsabilizzare i proprietari dei fondi su cui vengono realizzate le discariche. Il ddl Terra mia prevede, infatti, che per rientrare in possesso delle aree sequestrate o confiscate, i titolari debbano dimostrare non solo di essere in buona fede e di non aver tratto profitto dall’attività illecita di altri, ma anche di aver utilizzato “ogni opportuna diligenza” per evitare l’impiego dei propri beni in queste attività. L’area utilizzata come discarica resta da confiscare, in linea di principio, “salvo che appartenga a persona estranea al reato”, lasciando fermi, in ogni caso, gli obblighi di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi.
LA GESTIONE E L’ABBANDONO DI RIFIUTI – Rischia la pena da uno a tre anni e una multa da 5mila a 25mila euro (con la stessa aggravante in caso di rifiuti pericolosi) anche chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione. L’articolo 2 trasforma l’abbandono di rifiuti pericolosi da parte di privati (attualmente un illecito amministrativo) in illecito penale contravvenzionale e, quindi, soggetto alle pene alternative dell’arresto da tre mesi a un anno o dell’ammenda da 2.600 a 26mila euro. Oggi, invece, chi abbandona o deposita rifiuti (“ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee”) è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3mila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.
LE MODIFICHE AL CODICE ANTIMAFIA – Un’altra importante novità è rappresentata dalle modifiche al decreto legislativo 159 del 2011, il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. L’articolo 13 del nuovo testo, infatti, include anche l’ambiente (accanto a integrità fisica o morale dei minorenni, sanità, sicurezza o tranquillità pubblica) tra i beni giuridici rilevanti da tutelare, estendendo anche a chi commette reati che “offendono o mettono in pericolo” l’ambiente le misure di prevenzione di competenza del questore, come il foglio di via.
Con il cosiddetto daspo ambientale sarà possibile disporne l’allontanamento dai luoghi dove si ritiene commettano illeciti contro l’ambiente. Si potranno applicare misure di prevenzione, come la sorveglianza speciale di polizia di Stato, a soggetti indiziati dei delitti di inquinamento ambientale, morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Per quest’ultimo delitto, contemplato tra i reati delle associazioni, erano già previste le misure di prevenzione, che ora saranno però applicabili anche se viene commesso “al di fuori di contesti delinquenziali strutturati in forma associativa”.
LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI – L’articolo 17 amplia poi la lista dei reati ambientali per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti: vi rientreranno l’incendio boschivo, il reato di morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, quello di impedimento di controllo, di omessa bonifica e di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
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Amsterdam, 3 feb. –(Adnkronos) - E' nell'ottica di una semplificazione "in linea con i cambiamenti comunicati" a dicembre al momento dell'uscita di Carlos Tavares, la riorganizzazione annunciata questa mattina da Stellantis. Un 'aggiornamento' che rafforza il ruolo delle singole regioni, accorpa ingegneria e software, rilancia su qualità e marketing e vede l'uscita di scena di alcuni top manager. Decisioni - si spiega in una nota - che "consentono il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione" e "rafforzano ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti" ponendo "le basi per una rinnovata crescita".
A livello di management, Linda Jackson lascia il gruppo e al vertice del brand Peugeot è sostituita da Alain Favey. Abbandona anche Yves Bonnefont, Chief Software Office, visto che "le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente". Nuovo responsabile anche per Jeep, con la nomina di Bob Broderdorf, dal momento che Antonio Filosa - che mantiene il suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America - assume la leadership globale dell’ente Quality, definito "fulcro della promessa dell’azienda ai clienti".
Nuovo capo anche per DS, dal momento che Olivier François - che mantiene la responsabilità di Fiat e Abarth - guiderà un nuovo Marketing Office, per seguire meglio le attività di promozione dei singoli brand e "supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni". Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz e Anne Abboud è stata nominata alla guida dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.
Come sottolinea il Chairman di Stellantis John Elkann "gli annunci di oggi semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Confermata la linea sul processo di nomina del nuovo Chief Executive Officer che "è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025".
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Siamo vicini ad Antonio Tajani, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio Filippo, vittima di un malore durante una partita di calcio. Gli auguriamo una pronta guarigione, e che possa tornare presto in campo”. Lo dichiarano i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Esprimo il mio più profondo riconoscimento alla Brigata Sassari per il coraggio, la dedizione e l’alto senso del dovere dimostrato durante tutta la missione Unifil. Ringrazio il generale Messina, con il quale sono sempre rimasta in contatto per essere costantemente informata sullo stato del contingente. I nostri soldati hanno affrontato sfide complesse e delicate, portando avanti il nome dell’Italia con grande professionalità. Il loro impegno ha garantito la stabilità in una regione così fragile, e sono fiera di come abbiano rappresentato la nostra Nazione". Lo ha affermato la deputata di Fratelli d'Italia Barbara Polo, componente della commissione Difesa, al rientro del contingente della Brigata Sassari.
"Da sarda, -ha aggiunto- non posso che essere estremamente orgogliosa nel vedere i miei concittadini impegnati con tanto valore nelle operazioni internazionali. La Brigata Sassari è il fiore all’occhiello del nostro esercito, una realtà che continua a distinguersi per preparazione e coraggio”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Ci mancavano i sedicenti comitati civici che spalleggiano gli occupanti abusivi di immobili a rendere sempre più invivibile il quartiere Esquilino, uno dei più belli di Roma da tempo in mano ad immigrati clandestini e bande criminali. Ne ha fatto le spese un bravo giornalista come Luca Telese aggredito per aver difeso i presidi di legalità che dopo le denunce della Lega le istituzioni stanno predisponendo. Telese chiamato ad un’assemblea pubblica da un sedicente Polo Civico ha avuto l'ardire di affermare che cancellate di protezione dei luoghi di socialità non sono poi da demonizzare. Per difendere la possibilità di vivere in pace e nella legalità all'Esquilino di Roma, come in tutte le periferie d'Italia, è necessario che venga subito definitivamente approvato il ddl sicurezza”. Lo afferma il deputato della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Nella loro foga alla ricerca del complotto, di qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità, di uno spauracchio a cui assegnare colpe per nascondere le inadeguatezze del governo Meloni, i colleghi di Fratelli d’Italia hanno nuovamente toccato inesplorate vette di contraddizione. L’ultimo attacco frontale è stato riservato a Gimbe e al suo presidente Cartabellotta, colpevole di aver detto con dati inequivocabili che il decreto dell’Esecutivo sulle liste d’attesa è fermo al palo e che solo uno dei sei decreti attuativi è stato già approvato". Lo afferma Andrea Quartini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari sociali della Camera e coordinatore del Comitato politico salute e inclusione sociale del M5S.
"Oltre a usare parole estremamente gravi nei confronti di chi porta avanti con serietà e professionalità un preziosissimo lavoro scientifico a tutela della sanità, il senatore Zaffini -aggiunge l'esponente pentastellato- ha però di fatto confermato i ritardi denunciati da Cartabellotta, sebbene secondo lui siano in realtà tempi record. Una contraddizione decisamente bizzarra. E nel frattempo, i medici di medicina generale operano come meglio credono e la proposta di Forza Italia in merito è ancora ben lontana dal concretizzarsi".
"Al presidente Cartabellotta -conclude Quartini- va tutta la mia solidarietà, visto che ultimamente è stato identificato come avversario politico, alla stregua di una forza di opposizione, come persino Bruno Vespa aveva avuto l’indecenza di dire. Questo attacco scomposto, in ogni caso, non fa che confermare la linea di questa maggioranza: è sempre colpa degli altri. Dai magistrati, a coloro che distribuiscono la benzina, fino a Gimbe”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Il nemico del giorno del governo è la Fondazione Gimbe e in particolare il suo presidente Nino Cartabellotta, accusato da esponenti di maggioranza di essere un bugiardo che falsifica i dati perché ‘cavalier servente’ e comunista. Affermazioni di una gravità inaudita contro un organismo indipendente e autorevole come Gimbe, che fa un grande lavoro di raccolta e verifica dei dati sanitari. La colpa di Cartabellotta? Aver fatto notare che a sei mesi dall’approvazione del decreto liste d’attesa mancano ancora cinque dei sei decreti attuativi, cosa tra l’altro confermata dalla stessa maggioranza". Lo afferma Mariolina Castellone, senatrice M5S e vicepresidente del Senato.
"Ancora una volta, questa destra cerca di trasferire su altri le colpe della propria incapacità e si produce in un costante bullismo contro professionisti che fanno il proprio lavoro, cercando di intimorirli. Per fortuna -conclude l'esponente pentastellata- ci sono i numeri a parlare e a smentire la propaganda di governo. E ci siamo noi a tutelare le voci libere e indipendenti”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Quello delle liste di attesa è un tema che riguarda non solo la salute ma anche la dignità della persona. Un tema che richiede senso di responsabilità e che non riscontro nelle dichiarazioni sparate a raffica da esponenti di Pd, 5 stelle e sinistra. Gli stessi che ci hanno consegnato un Servizio sanitario nazionale allo sfascio e per il quale ci stiamo adoperando per rimetterlo in sesto. Il collega Cartabellotta e la Fondazione Gimbe meritano rispetto, in quanto sono giustificati per la mancata conoscenza del lavoro che il Governo ha messo in campo sui decreti attuativi. Non posso al contrario giustificare i colleghi senatori che siedono nella commissione Sanità del Senato presieduta dal presidente Zaffini o i presidenti di Regione che prendono parte alla Conferenza Stato-Regioni". Lo afferma il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Sanità in Senato.
"Se non sanno -aggiunge- devo purtroppo arguire che dormono mentre se, come penso, sanno e attaccano il presidente Zaffini, che ha solo voluto puntualizzare il lavoro del Governo in risposta alle valutazioni della Fondazione Gimbe, è grave perché si tratta di un comportamento in grave mala fede. Si può anche non conoscere quanto si stia facendo sul tema, ma il senso di responsabilità vuole che prima di sparare a salve ci si informi e ci si documenti . In questo modo si prenderebbe facilmente atto che quanto annunciato dalla Fondazione Gimbe non è proprio puntuale perché -e lo ha spiegato bene il presidente Zaffini- la situazione riguardo ai decreti attuativi è la seguente: Criteri di funzionamento della piattaforma nazionale e regionali delle liste d’attesa: Il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni. In attesa del parere della Conferenza Stato Regioni alla quale è stato inviato il 13 settembre 2024".
"Funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio in coerenza con il modello di classificazione e stratificazione della popolazione, risulta ‘fatto’. Poteri sostitutivi del ministero della Salute in caso di inottemperanza delle Regioni e il rispetto agli obiettivi della legge: decreto trasmesso in Conferenza Stato-Regioni il 6 novembre 2024. Linee di indirizzo per l’attivazione dei sistemi di disdetta da parte dei Cup: il decreto è in fase di definizione da attuare con il Piano nazionale delle liste d’attesa in lavorazione predisposto dalla Direzione generale della Programmazione sanitaria già condiviso con Regioni e Mef. Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale del Ssn (superamento tetti di spesa): il decreto è in via di ultimazione. Il Piano di azione per rafforzare i servizi sanitari e sociosanitari (nelle Regioni del Sud destinatarie dei fondi del Piano nazionale Equità e salute): decreto trasmesso alla conferenza Stato-Regioni il giorno 8 gennaio 2025".
"In questo confronto tra Zaffini e i nostri avversari politici -conclude Zullo- si può cogliere la differenza tra noi e loro: noi lavoriamo per mettere riparo agli sfasci che ci hanno lasciato in eredità, loro non sanno andare oltre l’irresponsabile e deleteria polemica sterile, dannosa dell’immagine del nostro Servizio sanitario nazionale”.